II midollo osseo rappresenta nell' uomo il sistema borsa-equivalente? Bone Marrow: the Bursa Equivalent in Man? ABDOU N. I., ABDOUN. L. Science I75, 446, 1972 I~ noto come le cellule immunocompetenfi siano o timo-dipendenti (TD) o borsa-dipendenti (BD), e come le prime siano responsabili dell'immunith legata alle cellule, mentre le seconde presiedano ai fenomeni dell'immunith umorale. Mentre ~ ormai accettato che nel topo le cellule BD sono presenti nel midollo o derivano da questo, nell'uomo ed in altre specie non ancora stato inequivocabilmente identificato l'organo borsa-equivalente. Da taluni AA. si ritenuto in passato che esso potesse essere rappresentato dai tessuti linfatici associati al tratto gastrointestinale, ma tale interpretazione non ~ stata successivamente confermata. Nel corso del presente articolo si pone come ipotesi di lavoro che anche per l'uomo il midollo rappresenti il sistema borsa-equivalente. Viene infatti dimostrato che cellule linfatiche midollari umane soprattutto quando, come nel mieloma, sono costituite quasi essenzialmente da plasmacellule, rispondono agli agenti mitogeni ed agli antisieri anti-immunoglobuline, ma non alla fitoemoagglutinina. A1 contrario, cellule midollari di soggetti con agammaglobulinemia legata al sesso, del tipo borsa-deficiente, non sono in grado di reagire agli agenti mitogeni ed agli antisieri anti-immunoglobuline, mentre mostrano normale capacitA di reazione alla fitoemoagglutinina. Poich6 la risposta in vitro alla fitoemoagglutinina ~ considerata alla stregua di un indice di appartenenza al sistema timo-dipendente e quella agli agenti mitogeni e agli antisieri anti-immunoglobuline come indice di appartenenza al sistema borsa-equivalente, si pub dedurre, dagli esperimenti so.pra riportati, che il midollo umano contenga m prevalenza cellule borsa-dipendenti, mentre pochissime o addirittura assenti siano le cellule timo-dipendenti. C. D. B.
Determinazione fluorimetrica rapida degli estrogeni nelle urine di gravidanza di pih di 20 settimane. Dosage fluorim&rique rapide des oestrog~nes dans les urines de grossesse de plus de 20 semaines. ADESSI G., JAYL~ M. F. Ann. Biol. din. 30, 127, 1972 La metodica ~ stata particolarmente studiata per risposte rapide; la piccola quantit~t di campione utilizzato permette di ridurre al minimo le tappe per la purificazione. Viene utilizzato un campione delle urine della notre; 200 l*l vengono diluiti a 10 ml con tampone acetato a pH 4,8 contenente 2.400 U Fishman di ~-glicuronidasi/ml e posti a idrolizzare per 1 h a 50 ~ L'idrolizzato raffreddato viene quindi estratto con 50 ml di etere etilico. L'estratto etereo viene lavato con 15 ml di soluzione di sodio carbonato a pH 10,5, quindi con 15 ml di acqua distillata. Viene poi disidratato con 10 g di sodio solfato anidro e portato a secco. I1 residuo viene ripreso con 10 ml di etanolo e su 0,1 ml (pari a 2 ~1 di urina) viene eseguita la reazione fluorimetrica secondo il metodo di Ittrich. La determinazione pub essere eseguita fino a un contenuto minimo di 3 mg di estrogeni totali nelIe 24 h. Tutte le condizioni per l'idrolisi (pH, concentrazione enzimatica, tempo e temperatura), per l'estrazione, purificazione e determinazione fluorimetrica sono state accuratamente studiate. G.C.
Morbilita e mortalita nell'insu]ficienza renale. Morbidity in Azotemia and Mortality in Uremia. AHLM~N J., GUSTAFSSONA., STORMB. Acta med. scand. 192, 113, 1972 Un'inchiesta condotta tra la popolazione di G~iteborg negli anni 1966, 1967 e 1968, al fine di valutare l'incidenza dell'insufficienza renale 131
e la mortalit~ conseguente a questa situazione morbosa, ha dato i seguenti risultati. Pazienti con insufficienza renale sono risultati 10,3 per anno per 100.000 abitanti (di et~ compresa fra 16 e 65 anni). Questa incidenza globale mostra una tendenza alia diminuzione valutando separatamente gli anni dal 1966 (11,5) al 1968 (8,8). La distribuzione tra i due sessi delle malattie che portano all'insufficienza rehale dimostra chela pielonefrite prevale nelle femmine e la glomerulonefrite ed il diabete nei maschi. La mortalit~ per insufficienza renale riscontrata ~ stata di 8,7 casi per anno per 100.000 abitanti. L'incidenza della mortalita seende dal 10,4 nel 1966 al 7,4 nel 1968. La mortalit~ pih elevata h dovuta alla glomerulonefrite ed alla pielonefrite cronica. Per la pielonefrite, la morbilit~ e la mortalit~ tendono a decrescere dal 1966 al 1968. Secondo le conoscenze attuali, di tutti gli uremici osservati il 68 % potrebbe giovarsi della dialisi o del trapianto. Invece solo il 39 % usufruisce di questi presidi terapeutici. L.S.
Deficit omozigotico di C3 in un paziente con in/ezioni ricorrenti. Homozygous Deficiency of Ca in a Patient with Repeated Infections. ALPER C. A., COLTENH. R., ROSEN F. S., RABSON A. R., MAcNAs G. M., GEA~ J. S. S. Lancet 2, 1179, 1972 Nell'uomo e in alcuni animali sono staff osservati deficit congeniti di vari componenti del sistema del complemento. In alcuni casi il deficit si accompagna ad una chiara sintomatologia clinica: i soggetti con deficit dell'inibitore del C1 attivato sono affetti da edema angioneurotico; i soggetti con deficit deU'inattivatore del C3 presentano aumentata suscettibilit~ ad infezioni da piogeni. Gli AA. pubblicano un caso di una paziente di 15 anni con deficit congenito del Ca. La sintomatologia clinica ~ caratterizzata da infezioni ricorrenti con episodi di polmonite lobare, di meningiti, di otiti. Le analisi di laboratorio dimostrano un deficit totale dell'attivit~ del complemento ( < di 1 U CHs0), una quasi completa assenza del Ca sierico e un'assenza di conversione del fattore B della properdina. Normall invece risultano altri esami: livelli di IgG, IgA ed IgM; livelli del C2, C~, Cs, inattivatore del C~, inattivatore del Ca; attivit~ chemiotattica dei leucociti; stimolazione dei linfociti con fitoemoagglutinina. Analoghe indagini condotte nel siero dei familiari dimostrano, nei genitori ed in cinque dei figli, un livello sierico del C3 circa la met~ dei valori normali. Un altro fratello della paziente invece presenta livelli sierici del Ca nei limiti delta norma. Secondo gli AA. si tratterebbe di una famiglia nella quale entrambi i genitori sono portatori 132
eterozigoti di una mutazione a livello del gene che controlla la sintesi del C3; tra i figli, come d'altra parte era logico attendersi in base alle leggi di Mendel, si riscontra un soggetto normale, soggetti eterozigoti (con livelli sierici del C3 intermedi), un soggetto omozigote (con assenza del Ca e rappresentato dalla paziente). La mutazione si comporta quindi come recessiva, sebbene sia possibile evidenziare i portatori sani eterozigoti mediante il dosaggio quantitativo del Ca. Dallo studio di questi rari casi si possono dedurre alcuni daft importanti sulle proprieth funzionali del C3: a) questo componentenon sembra intervenire nel favorite l'attivitfi chemiotattica dei polimorfonucleati (nella paziente tale attivit~ ~ normale); b) la presenza del Ca o di suoi frammenti di clivaggio (C3~) sembra invece indispensabile per la conversione del fattore B della properdina (nella paziente non si osserva conversione del fattore B della properdina); c) l'assenza del Ca determina una sintomatologia clinica identica a quella presente nei soggetti agammaglobulinemici, fatto che dimostra l'importanza di questo componente come eoadiutore nella difesa immunitaria umorale. A.C.
Valore clinico dei livelli sierici della ~JA- e ~lE-globulina in pazienti Multi a//etti da malattie renali. Clinical Value of Serum [3~A-and [31E-Globulin Levels in Adult Patients with Renal Disease. ARISZ L., BRENTJENSJ. R. H., VAN DER HEM G. K., MANDEMAE. Acta reed. scand. 192, 255, 1972 I livelli del complemento sierico sono diminuiti nella glomerutonefrite acuta post-streptococcica (APGN), nella glomerulonefrite membrano-proliferativa (MPGN) e nella nefropatia associata a lupus eritematoso sistemico (SLE). Ma la determinazione del complemento emolirico totale (C'Hs0) ~ spesso impossibile nei normall laboratori clinici. Poich~ la determinazione della ~trglobulina (un prodotto metabolico del terzo componente del complemento o f~lc) e della ~31~ (o quarto componente del complememo) ~ stata resa sempIice ed aIIa portata di ogni laboratorio con l'introduzione dell'immunodiffusione radiale, queste proteine hanno sostituito nel laboratorio clinico la determinazione del complemento totale. Gli AA. hanno studiato il comportamento delle frazioni C'a e C'4 del complemento nel siero di una vasta casistica di nefropatie (156 pazienti) nella quale la diagnosi era posta, oltre che su daft clinici, anche in base ai reperti della biopsia renale. Diminuzione dei livelli sierici della ~tc-globulina ~ stata osservata nella glomerulonefrite acuta post-streptococcica (APGN), con ritorno ai
valori normali tra il 1~ ed il 4~ mese daU'inizio della malattia, nella glomerulonefrite membrano-proliferativa (MPGN) e nella nefropatia 1upica (SLE). La I~lE-globulina diminuisce nel primissirno stadio della APGN con rapido ritorno a valori normali, mentre non mostra modificazioni dei livelli sierici nella MPGN. Questo comportamento ~ molto importante perchd permette di differenziare queste forme morbose dalla SLE dove la 131Esegue il comportamento della 131c, cio~ ~ notevolmente diminuita (con diminuzione percentualmente maggiore della 131c) e quest[ bassi livelli perdurano per tutta la fase attiva della malattia. Gli AA. concludono che le determinazioni della frazione 3 (~31c) e 4 (filE) del complemento sono di estrema utilit~ per la diagnosi e la prognosi delle nefropatie. L.S.
Insufficiente acidi/icazione deUe urine in corso di cirrosi. Defect in Urinary Acidification in Cirrhosis. BETTER O. S., GOLDSCHMIDZ., CHAIMOWITZ C., ALROY G. G. Arch. intern. Med. 130, 77, 1972 Aleuni pazienti affetti da cirrosi epatica sono incapaci di acidificare le urine anche in corso di acidosi sistemica. Nei cirrotici con ridotta eapacit?~ di acidificazione esiste anche una ridotta escrezione sodica, mentre nei cirrotici con normale escrezione sodica l'acidificazione delle urine non ~ compromessa. In questi pazienti che presentano incapacit~ di acidificare le urine (RTA), la somministrazione di cloruro di calcio, pur determinando un'acidosi sistemica, non riesce ad abbassare /3 pH urinario quando l'escrezione sodica urinaria ~ ridotta. La somministrazione di solfato di sodio, mannitolo e diuretici mercuriali nei soggetti normall e nella maggior parte dei eirrotici determina un abbassamento del pH urinario. Se con un diuretico o con la somministrazione di Na* si determina un maggiore apporto sodico al nefrone distale, l'aumentata escrezione ufinaria si associa ad acidificazione delle urine, anche se la scarsa eliminazione sodica non pub essere considerata la sola causa del difetto di acidificazione nrinaria, poich~ non esiste correlazione quantitativa fra sodiuria ed escrezione di idrogenioni e poich6 hello stesso soggetto periodi in cui sperimentalmente si determina identica eserezione sodica erano associati a diversi valori del pH urinario. Si deve dedurre che esiste una relazione fra apporto sodico al nefrone distale ed acidificazione delle urine. Un adeguato apporto di sodio ~ necessario per l'acidificazione urinaria. L.S.
Presenza nel siero umano normale di anticorpi citotossici reattivi nei conJronti di cellule neoplastiche di leucemia linJatica acuta. Cytotoxic Antibody in Normai Human Serum Y(eactive with Tumor Cells from Acute Lymphocytic Leukemia. BIAS W. B., SANTOSG. W., BURKE19. .[., MULLINS G. M., HUMPHREY R. L. Science I78, 304, 1972 A livello dei sieri di 3 soggetti normali non immunizzati ~ stata evidenziata Ia presenza di attivit~t citotossica complemento-dipendente anti-cellule di leucemia linfatica acuta. Questi sieri si sono dimostrati in grado di reagire con cellule neoplastiche di leucemia Iinfatica acuta (su 514 pazienti studiati si & riscontrata reazione positiva nella totalit~t dei casi). Su 12 paziend con leucemia mielocitica acuta, solo 3 hanno dato positivit~, mentre gli stessi sieri non hanno dato reazione di citotossicit~t con cellule di leucemia monocitica acuta, di Ieucemia linfocitica cronica, di linfosarcoma con manifestazione leucemica e di soggetti normali. L'interesse di questo ampio studio consiste principalmente nella dimostrazione dell'esistenza di antigeni comuni associati essenzia]mente con la leucemia linfatica acuta, e quindi nell'indicazione, sia pure indiretta, di una comune etiologia, probabilmente di natura virale, per questa forma di leucemia. C.D.B.
Reazioni sarcoidi e sarcoidosi in corso di malattia di Hodgkin e di altri linfomi maligni. Sarcoid Reactions and Sarcoidosis in Hodgkin's Disease and Other Malignant Lymphomata.
BRINKER H. Brit. J. Cancer 26, 120, 1972 nota la coesistenza di granulomi non caseosi a cellule epitelioidi in corso di malattia di Hodgkin e di altre affezioni linfoproliferative. Tuttavia non si conosce il significato di queste reazioni granulomatose e non ~ ancora stata determinata esattamente la loro frequenza in rapporto ai vari tipi di lesioni linfoproliferative. L'A. ha eontrollato una casistica di 1.500 casi di linfomi maligni e ne ha selezionato 19 a livello dei quali ha messo in evidenza quadri istologici di granulomatosi non infettiva a cellule epitelioidi. Nell'ambito dei 19 casi selezionati di granulomatosi non infettiva, 5 riguardavano casi di granulomatosi sistemica, 4 di associazione di linfoma con altro tumore maligno, 1 di stato pre-neoplastieo ed 1, infine, di malattia autoimmunitaria. La peculiare associazione di reazione sarcoide o sarcoidosi con linfomi maligni sembra giustificare la possibilitY, prospettata dall'A, del presente contributo e da
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altri ricercatori, di un comune fattore etiologico, ad esempio sotto forma di alterazione o come una modificazione della reattivit~ immunitaria. C. D. B.
Un metodo semplice per l'identi]icazione delle emoglobine instabili. A Simple Method for the Detection of Unstable Haemoglobins. CARROLLR. W., KAY R. Brit. J. Haemat. 23, 615, 1972
InterJerenza chimica di larmaci e di altre sostanze nelle determinazioni del Iaboratorio clinico. Chemical Interference by Drugs and Other Substances with Clinical Laboratory Test Procedures. CARAWAYW. T., KAMMEYERC. W. Clin. chim. Acta 41,395, 1972
Viene descritto un test assai semplice, basato sull'aggiunta dell'emolisato ad una appropriata soluzione di isopropanolo/tampone a 37 ~ capace di dimostrare in esso la presenza di emoglobine instabili. Oltre 200 emolisati normali non diederoJalcun segno di precipitazione fino ad un tempo di incubazione di 30 rain, mentre d'altra parte 6 campioni contenenti una emoglobina instabile (Hb KSln, Hb Wien, Hb Christchurch, Hb Sydney, Hb Niteroi ed Hb Shepherds Bush, rispettivamente) diedero luogo ad un precipitato entro 5 min, ed evidente flocculazione si verific6 entro 20 min. I1 metodo, oltre che per ricerche di massa, adatto anche per la separazione dell'emoglobina instabile ai fini di ulteriori approfondimenti analitici, anche se ha qualche limitazione (in comune con altri metodi assai diffusi, come la termoprecipitazione) per quanto riguarda la precisa quantizzazione dell'emoglobina patologica. I1 metodo si basa sul fatto che rendendo il solvente maggiormente non-polare in una soluzione di emoglobina, le forze di legame interne della molecola emoglobinica si indeboliscono e la sua stabilit~ decresce. Scegliendo opportunamente un solvente in cui la stabilit~ della molecola emoglobinica sia al limite (per esempio in cui la normale Hb precipita in circa 40 min), la presenza di una significativa quantit~ di emoglobina instabile provocher~ una precipitazione assai pifi rapida. Un tale solvente ~ rappresentato da una soluzione di isopropanolo al 17 % per volume in tampone Tris/HC1 0,1 M, pH 7,4. Si prepara un emolisato approssimativamente al 10 %, aggiungendo 1-1,5 volumi di acqua distillata ad emazie lavate tre volte in soluzione fisiologica; dopo estrazione delle membrane cellulari in 0,5 volumi di tetracloruro di carbonio, il sistema viene centrifugato per 10 min a 3.000 rpm ed il sopranatante utilizzato come emolisato. 0,2 ml di tale emolisato sono aggiunti a provette tappate contenenti 2 ml di isopropanolo/ tampone, ed un'altra analoga provetta viene preparata impiegando un emolisato controllo normale. I tubi, tappati, sono capovolti e quindi incubati in un bagno a 37~ I1 controllo deve rimanere inalterato per oltre 30 min, mentre in presenza di una emoglobina instabile si incomincia a formate un precipitato verso i 5 min, il quale diventa francamente flocculento entro 20 rain. A. G . D .
L'enorme aumento del consumo di medicinali e l'uso sempre pih diffuso delle analisi di laboratorio sia a scopo diagnostico che per screenings di medicina preventiva, rendono indispensabile un approfondimento delle nostre conoscenze circa l'effetto della somministrazione di farmaci sulle determinazioni di chimica clinica. L'effetto pub essere quello di una vera modificazione di parametri biochimici nel caso di alterazioni prodotte dai farmaci nell'organismo (ad esempio l'ittero di tipo ostruttivo prodotto dalle fenotiazine), oppure pub realizzarsi attraverso interferenze chimiche sulle reazioni utilizzate helle varie determinazioni. La rassegna qui presentata tiene conto in modo particolare del secondo tipo di interferenze, particolarmente in rapporto alle metodiche usate ed alle dosi dei farmaci. Essa pub essere molto utile per poter sospettare e quindi chiarire dati anomali inspiegabili che possono comparire soprattutto nell'esecuzione di screenings multipli. Una scorsa al vasto elenco di sostanze ed alle loro interferenze sui diversi tests evidenzia l'importanza dello scambio di informazioni intercorrente tra reparto e laboratorio per una valutazione corretta dei risultati analitici. I vari tipi di determinazione sono elencati secondo un ordine alfabetico e nell'ambito di ciascuno di essi le sostanze interferenti, sia in aumento che in diminuzione, sono pure elencare in ordine alfabetico. In tal modo la consultazione riesce abbastanza facile ed agevole. L'elenco ~ molto esteso. Alcuni tests, in modo particolare, sono molto sensibili agli agenti pifi svariati, come ad esempio i tests per l'analisi della funzione tiroidea o anche la semplice determinazione del glucosio. E da rilevare anche la frequenza con cui compare l'interferenza dell'acido ascorbico, attualmente somministrato in dosi molto elevate anche in condizioni di completo benessere, o per lievi disturbi dell'apparato respiratorio; esso infatti pub interferire sia in senso positivo che negativo sulle numerose determinazioni in cui sono in causa processi di ossido-riduzione. G.C. 134
Ornitina-carbamil-trans/erasi (OCT): effetto del pH sulla cinetica di un enzirna rnutante. Omithine Carbamyl Transferase: the Effects of pH on the Kinetics of a Mutant Human Enzyme. CATHELINEAUL., SAUDUBRAY J. M., POLONOVSKI C. Ctin. chim. Acta 4I, 305, 1972 Nella prima infanzia sono staff riscontrati casi di iperammoniemia congenita dovuta a difetto di OCT. Gli AA. hanno studiato un caso di iperammoniemia con esito fatale in un bambino di 10 anni ed hanno riscontrato la presenza di una OCT anormale. Tale enzima, nelle condizioni sperimentali adottate, dimostra un'attivifft molto scarsa a pH 7,7, dove l'enzima normale nelle stesse condizioni ha il massimo di attivit&, mentre l'attivit~t aumenta fortemente fino a portarsi a valori analoghi al normale a pH 9,5, dove invece l'attivit~t dell'enzima normale, secondo gli AA., si ahbassa. Inohre l'aumento della concentrazione di ornitlna a livelli normalmente inibenfi aumenta l'attivit~, mentre variazioni del carbamilfosfato non hanno praticamente effetto. La costante di Michaelis per l'ornifina t nettamente aumentara (circa 100 vohe il normale), mentre quella per il carbamilfosfato ~ lievemente diminuita. La curva di variazione della velocitA massima in funzione del pH ~ di tipo sigmoide ed ha la forma di una curva di titolaz~one di un singolo gruppo ionizzato con pH di 8,7, mentre per l'enzima normale si ha un pH di 6,6. Questo sembra dovuto alia dissociazione di un residuo di istidina nel sito attivo dell'enzima, residuo al quale ~ legata l'affinit~ per l'ornitina. Nell'enzima anomalo vi ~ diminuzione dell'affinit~ per l'ornitina. L'aumento dell'attivit~ con I'aumento del pH ~ quindi da porsi in relazione con la dissociazione d: un gruppo diverso dall'istidina, che potrebbe essere forse l's-amino gruppo della lisina. L'anomalia metabolica potrebbe quindi essere attribuita ad un errore genico con cambiamento di un singolo aminoacido nel sito attivo della molecola dell'enzima. G.C.
Iperinsulinuria in pazienti con calcoli renali. Hyperinsulinuria in Patients with Renal Calculi. CUING K.-N., KARAM J. H., CHOY F. B., KoLB F. O., GRODSKYG. M., FOP.SHAMP. H. Clin. chim. Acta 40, 383, 1972 Lo studio dell'escrezione di proteine a basso peso molecolare (inferiore a 50.000) pu6 fornire ottime indicazioni circa le condizioni dei tuhuli renali, in quanto tall proteine vengono
filtrate attraverso il glomerulo, ma sono poi riassorbite interamente dal tubulo. Un loro aumento nell'urina significa quindi un'alterazione della capacitfi di riassorbimento di quest'ultimo. La possibilitfi di determinate piccole quantith di insulina in modo ahamente specifico con Ie metodiche radioimmunologiche ha fornito il mezzo per utilizzare l'escrezione di tale proteina come indice di funzionalitfi tubulare. Gli AA. hanno modificato la metodica di determinazione adattandola alle urine mediante l'aggiunta di soluzioni concentrate di albumina umana e gammaglobuline bovine, in modo da ridurre al minimo l'adsorbimento sulle particelle di carbone-destrano del complesso antigene-anticorpo. apparsa importante anche la stabilizzazione del pH e la regolazione del contenuto in sali ad un valore costante. La metodica usata viene accuratamente descritta. Con essa sono stati studiati pazienti portatori di calcoli renali in cui sono staff osservati generalmente degli aumenti dell'insulinuria, segno di danno tubulare da riferire probabilmente a complicazioni infettive. La presenza di iperinsulinuria non ~ apparsa in rapporto con l'insulinemia. G.C.
Modificazioni indotte da farmaci sulla eliminazione urinaria dei prodotti di degradazione dd fibrinogeno / fibrina helle glomerutonefriti. Modification by Drugs of Urinary Fibrin/Fibrinogen Degradation Products in Glomerulonephritis. C~ARKSON A. R., MAcDoNAlD M. K., CASH J. D., ROBSONJ. S. Brit. reed. J. 3, 255, 1972 La concentrazione urinaria dei prodotti di degradazione del fibrinogeno/fibrina (F.D.P.) rispecchia la gravit~ e la fase di attivit~ nella glomerulonefrite cronica proliferativa. Se la valutazione viene fatta giornalmente, si possono avere informazioni sulla progressione della malattia. I1 trattamento con anticoagulanti diminuisce l'escrezione di F.D.P. durante la crisi di rigetto di un trapianto. La persistenza di elevat{ valori di F.D.P. a peso molecolare minore (frammenti D ed E) indica una prognosi sfavorevole in corso di glomeruloneffite e di trapianto. In questo lavoro, gli AA. hanno studiato il comportamento del F.D.P. urinario in corso di malattie renali croniche (glomerulonefrite cronica proliferativa in fase di attivit~, sindrome nefrosica a lesioni minime e membranosa, lupus eritematoso sistemico) in trattamento con prednisone, indometacina e aspirina per periodi di tempo variahili da 2 a 75 settimane. Nella casistica studiata, i F.D.P. erano costituiti in netta prevalenza da frammenti D ed E
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provenienti dalla l i s i e dalla conseguente eliminazione di depositi intraglomerulari di fibrina. Indometacina, aspirina e prednisone determinano una riduzione dei F.D.P. urinari dopo pochi giorni dalla loro somministrazione in molti dei pazienti studiati. La diminuita escrezione urinaria rimane per tutto il tempo della somministrazione de1 farmaco, ma appena la somministrazione viene sospesa si pub osservare un ritorno a valori elevati di escrezione; l'azione del prednisone ~ dipendente dalla dose somministrata, specie nei pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico. Nelle nefropatie a lesioni minime, l'eliminazione di F.D.P. ~ risultata proporzionale alia proteinuria, probabilmente perch~ in rapporto alla permeabilit~ glomerulare al fibrinogeno circolante. Nella glomerulonefrite cronica proliferativa l'eliminazione di F.D.P. ~ proporzionale alia deposizione intraglomerulare di fibrina ed alia estensione ed attivifft della malatfia pifi che alla proteinuria. Pertanto la ridotta eliminazione urinaria di F.D.P. durante la terapia ~ da mettere in rapporto a diminuzione della deposizione intraglomerulare di fibrina ed a miglioramento della permeabilit~ glomerulare. Con il frazionamento cromatografico ~ stato confermato che la ridotta eliminazione urinaria di F.D.P. ~ dovuta a diminuzione di frammenti a piccolo peso molecolare, D ed E. I frammenti del fibrinogeno ad eIevato peso molecolare (X e Y) non vengono influenzati da questo trattamento. La ridotta eliminazione di F.D.P. ~ associata a diminuzione della proteinuria ma non aIla normalizzazione dell'azotemia e del filtrato glomerulare. L.S.
Scomparsa dal siero di componenti immunoglobulinici monocIonali. Transient Human Monoclonal Immunoglobulins. DANONF., SELIGMANNM. Scand. J. Immunol. 1,323, 1972 Generalmente la comparsa nel siero di immunoglobuline monoclonali in grandi quantit~ associata con processi neoplasfici come il mieloma, la macroglobulinemia di WaldenstrSm o ahre affezioni sistemiche del tessuto linforeticolare. In questi casi il livello quantitativo del componente omogeneo rimane stazionario durante la malattia e solo raramente presenta una marcata diminuzione. L'articolo degli immunologi dell'Hdpital SaintLouis di Parigi riguarda invece 14 casi di pazienti in cui ~ stato possibile mettere in evidenza una marcata riduzione, se non addirittura la scomparsa di immunoglobuline monoclonali. La casisfica ~ molto varia ed interessante. In 7 pazienti l'et~ oscilla da pochi mesi
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a 5 anni: in 2 di essi la diagnosi clinica era di ipogammaglobulinemia, nei rimanenti si trattava di varie forme di ieucemia acuta. Gli altri 7 casi sono pazienti in et~ adulta colpiti da varie affezioni: un caso di epatite virale, diversi casi di leucemia sia acuta che cronica, un caso di ipogammaglobulinemia. La diagnosi di componente omogeneo (presente in quantit~ variabile da 10 a 20 mg/ml) stata fatta sia in elettroforesi su carta che in immunoelettroforesi. I pazienti sono staff seguiti nel tempo e in tutti si ~ notata la scomparsa della immunoglobulina omogenea. In alcuni casi il picco monoclonale ~ persistito nel siero per pochi giorni (pazienti affetti da leucemia acuta sotto trattamento chemioterapico), in ahri per alcuni mesi (caso di epatite virale, bambini con ipogamma), in altri per 2-3 anni (pazienti aduhi). L'assenza totale in mohi casi stata documentata con metodi immunologici molto sensibili, come ad esempio l'assenza di reaziene con l'antisiero anti-idiotipo. Gli AA. interpretano questi risultati come espressione della sintesi immunoglobulinica di un clone plasmacellulare benigno. In nessuno di questi casi ~ stato possibile dimostrare nell'immunoglobulina omogenea attivit~ anticorpale; anche nel paziente affetto da epatite vitale con presenza di antigene Australia circo/ante il componente omogeneo era privo di attivit~ anti-virus. Queste situazioni possono essere paragonate a quelle che si osservano in conigli sottoposti ad immunizzazione con particolari antigeni: nel 50 % degli animali compare nel siero un componente omogeneo (con attivit~ anticorpale specifica) che lentamente scompare dopo alcuni mesi. L'associazione di componenti omogenei Ig ed ipogammaglobulinemici ~ stata pi~ vohe segnalata da ahri AA. e rappresenta quindi un reperto da tenet presente nello studio di questi pazienti. A.C.
Aciduria piroglutamica: studi sul blocco enzimatico e sull'origine rnetabolica dell'acido piroglutarnico. Pyroglutamic Aciduria: Studies on the Enzymic Block and on the Metabolic Origin of Pyroglutamic Acid. ELDJA~NL., JELLUM E., STOKKEO. Clin. chim. Acta 40, 461, 1972 In un soggetto di 20 anni mentalmente ritardato ~ stata riseontrata una eliminazione giornaliera di 25-35 g di acido piroglutamico (acido pirrolidon-2-carbossilico) accompagnata da bassa eliminazione di urea, da acidosi metabolica e da aumentato livello ematico di prolina (3 volte il normale) senza corrispondente aumento della sua escrezione. Sono state studiate le condizioni che potevano modificare tale situazione: si ~ osservato che, contrariamente al normale, il paziente non riu-
sciva a trasformare l'acido piroglutamico ad acido glutamico, e che l'unica condizione capace di aumentare nel paziente l'escrezione dell'acido piroglutamico era l'infusione di aminoacidi. Tali osservazioni permettono di concludere che nel paziente in esame manca una idrolasi piroglutamica capace di operare la trasformazione da piroglutamato a glutamato; che l'acido piroglutamico 6, con molta probabilitY, un prodotto del metabolismo intermedio dell'azoto, finora ignorato, nei mammiferi. Con tutta probabilith il riassorbimento a livello rehale avviene, come per gli aminoacidi, per transpeptidazione su un residuo y-glutamil. L'acido glutamico liberato dopo il trasferimento degli aminoacidi potrebbe fornire gli ioni ammonio per la sintesi dell'urea. Mancando la trasformazione dell'acido piroglutamico in glutamico, diminuisce quindi la produzione dell'urea e si genera anche uno stato di acidosi. Attraverso lo studio di questo difetto metabolico viene cost confermata l'attendibilit~ del ciclo T-glutamil di Orlowski e Meister. G.C.
II livello sierico e l'eliminazione urinaria di ~rmicroglobulina nei soggetti apparentemente sani. The Serum Levels and Urinary Excretion of [32-Microglobulin in Apparently Healthy Subjects. EVRIN P. E., WIBELL L. Scand. J. clin. Lab. Invest. 29, 69, 1972 1~ stato studiato il livello sierico e l'eliminazione urinaria della ~2-microglobulina (proteina di peso molecolare 11.800) in 119 soggetti sani di et~ variabile fra 17 e 76 anni. Per il dosaggio ~ stato utilizzato un metodo radioimmunologico su campioni di urina e di siero diluiti da 5 a 10 e da 100 a 200 vohe. I livelli del siero determinati sono risultati: 159-'36 tLg/100 ml nei maschi e 160+-34 )zg/100 ml nelle femmine. I livelli plasmatici tendono lievemente ad aumentare con l'et~t. Nell'urina l'eliminazione era di 7 5 ! 5 2 t~g/24 h nell'uomo e di 78-+59 t~g/24 h nella donna. L.S.
Frequenza della gammopatia monocIonale (~ M Components ~) in 13.400 raccolte di siero da donatori di sangue. Frequency of Monoclonal Gammapathy ('M Components') in 13,400 Sera from Blood Donors. FINE 5. M., L~MBIN P., LEROUX P. Vox Sang. (Basel) 23, 336, 1972 1~ girl noto da tempo che immunoglobuline monoclonali possono essere presenti nel siero di
soggetti apparentemente sani in assenza di segni clinici di mieloma o di macroglobulinemia di WaldenstriSm. La frequenza di queste <
(GMEB) ~ di circa il 2 % sulla base di una casistica nella popolazione svedese (HALLEN: Acta med. scand. 462, 737, 1963). Nei soggetti tra i 25 ed i 60 anni la frequenza ~ dello 0,4 %, nei soggetti invece pifi anziani la frequenza si eleva sino al 2 %. Gli AA. del presente articolo riportano simili studi effettuati su 13.400 donatori del Centre National de Trans/usion Sanguine di Parigi (CNTS) e del Blood Trans[usion Centre di Saint-Nazaire (CTS). La ricerca di immunoglobuline monoclonali ~ stata effettuata mediante elettroforesi in acetato di cellulosa seguita dall'analisi immunoelettroforetica. Nei soggetti con GMEB ~ stata ricercata anche la proteina di Bence Jones nelle urine. L'et~ dei donatori era tra i 25 ed i 60 anni. La frequenza di ~ M components ~ ~ stata di 20 casi su 13.400:0,1 98 nei donatori de! CNTS e 0,3 % in quelli del CTS. In 16 casi la diagnosi clinica 6 stata di GMEB; in 3 casi si trattava di un mieloma; in 1 caso di macroglobulinemia di WaldenstrSm. I 16 casi di GMEB studiati in immunoelettroforesi hanno dimostrato la seguente suddivisione: 11 casi IgGk, 2 casi IgGd e 3 casi IgM. Dato particolarmente interessante ~ che tutti i tre casi di IgM sono staff riscontrati nei donatori del CTS. Gli AA. concludono sottolineando la particolare incidenza di ~ M components ~>di tipo IgM nei donatori del CTS ed interpretano questi risultati sulla base di una predisposizione genetica di questa popolazione. In ogni caso la casistica ~ troppo esigua per permettere una esatta interpretazione di un simile reperto. A.C.
La tolleranza immunitaria: importanza dei Iinjonodi regionali. Immunologic Tolerance: Role of the Regional Lymph Node. FRIEDLAENDERM. H., BAER H. Science 176, 312, 1972 I1 cloruro di dimefilaminonaftalensulfanile costituisce un potente agente sensibilizzante cutaneo se viene iniettato in adiuvante completo di Freund. Esso ha invece la caratteristica propriet~t di indurre tolleranza se viene somministrato nella cavia per mezzo di applicazioni topiche cutanee. Questa osservazione ha permesso di studiare il ruolo giocato dai linfonodi regionali satelliti e dal sistema vascolare locale, durante i meccanismi che portano all'induzione della tolleranza. Si ~ cost dimostrato, con esperimenti su zone di cute esclusa da connessioni vasculo-linfatiche, che nei processi di sensibilizzazione cutanea e di induzione della tolleranza le connessioni fra linfonodi regionali satellid e cute giocano un ruolo fondamentale. C. D. B. 137
Complemento aumentato nella ne]rite: significato prognostico. Raised Complement in Nephritis: Prognostic Significance. GABRIEL R., GLYNN A. A., JOEKES A. M. Lancet 2, 55, 1972 La riduzione del complemento sierico ~ caratteristica della nefrite acuta post-streptococcica, della nefropatia del lupus eritematoso sistemico nonch~ della nefrite membrano-proliferativa. In alcuni casi di nefrite acuta ~ stato segnalato un normale livello del complemento emolitico e del suo componente C3. Gli AA. hanno studiato, nel siero di 134 pazienti affetti da varie forme di glomerulonefrite, l'attivit~ complementare e i l terzo componente del complemento (C3). In 21 di questi pazienti il complemento emolitico era aumentato; 13 di questi ed altri 37 presentavano aumento del componente C3. Controllando a distanza di 4 anni questi pazienti, gli AA. hanno osservato spiccato aumento della mortalit~ nei pazienti the avevano presentato aumento del complemento emolitico. L'aumento della frazione C3 invece non avrebbe alcun significato prognostico. Non stata trovata alcuna relazione tra il quadro istologico e queste modificazioni del complemento. L'importanza di queste osservazioni merita un controllo su una casistica pi~ vasta e pih deftnita. L.S.
Rottura della tolleranza agli eritrociti di montone con timociti ed eritrociti di cavallo. Tolerance to Sheep Red Cells: Breakage with Thymocytes and Horse Red Cells. GERSHON R. K., KONDOK. Science 175, 996, 1972 1~ noto come due popolazioni linfocitarie cooperino nella risposta immunitaria nei confronti di determinati antigeni. Questo dato ha fatto sorgere il problema di quale popolazione fosse responsabile del fenomeno delia tolleranza. Mentre ~ risultato chiaro che il timo ed i linfociti periferici timo-dipendenti possono essere resi facilmente tolleranti, non esistono invece prove sperimentali ugualmente evidenti per quanto concerne i B-linfociti sia in sede midollate che periferica. Allo scopo di studiare ulteriormente questo problema, gli AA. hanno reso topi tolleranti agli eritrociti di montone e li hanno successivamente trattati con timociti normali singenici. In queste condizioni non si poteva osservare formazione di anticorpi specifici, mentre una snccessiva immunizzazione con eritrociti di cavallo non cross-reagenti dava luogo alla produzione di anticorpi non crossreagenti antieritrociti di montone. Questi risul-
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taft indicano che nell'animale tollerante esistono i precursori dei B-linfociti che sono ~ nontolleranti >7 ma inattivabili dall'antigene specifico. Appare inoltre probabile che i B-linfociti di topi tolleranti siano normali, che i T-linfociti tolleranti prevengano la formazione di anticorp i e che alcuni tipi di stimolazione non specifica per la tolleranza indotta (come quello citato ad opera degli eritrociti di cavallo) siano invece capaci di attivare le altrimenti areattive cellule B. C. D. B.
Presenza delI'antigene carcinoembrionale in neoplasie umane del colon mantenute serialmente nel criceto. Carcinoembryonic Antigen Present in Human Colonic Neoplasms Serially Propagated in Hamsters. GOLDENBERGD. M., HANSENH. J. Science I75, 1117, 1972 stata recentemente descritta nell'uomo la presenza di materiale antigenico specifico per il tessuto digerente embrionale e per neoplasie del tratto gastrointestinale a derivazione entodermica. Questo materiale, denominato antigene carcinoembrionale, ~ stato usato per tentare di mettere a punto un metodo pratico, diagnostico e prognostico, per alcuni tipi di neoplasia. Tuttavia una delle maggiori limitazioni alla messa in atto di questi possibili metodi rappresentata dalla difficoltA di procurarsi Pantigene stesso e dalla sua elevata deperibilit~. Gli AA. del presente lavoro sono staff in grado di ovviare a queste difficoltA riuscendo a mantenere, mediante trapianti seriati, l'antigene carcinoembrionale nel criceto. Questo fatto presenta inoltre un interessante aspetto biologico di base per quanto riguarda lo studio della biogenesi e del mantenimento di tumori umani in modelli sperimentali. C.D.B.
La proteina a mobilit~ elettro/oretica post-gamma nelle proteinurie. Post-Gamma Protein in Urinary Protein. HANSEN N. E., KARLEH., AXELSENN. H. Acta reed. scand. 190, 175, 1971 La presenza nelle urine di una frazione proteica a mobilitA post-gamma fu osservata da BUTLER e FLYNN (J. clin. Path. 14, 172, 1961) in certe tubulopatie e da OSSERMAN e LAWLOR (J. exp. Med. 124, 921, 1966) nella leucemia monocitica. Gli AA. hanno ricercato in 3.200 campioni di urine la presenza della frazione a mobilit~ elettroforetica post-gamma. Questa ~ stata trovata in 13 campioni di urine, 8 dei quali appartene-
vano a pazienti affetti da leucemia mieloide acuta o cronica o affetti da leucemia monocitica e 5 invece a pazienti affetti da nefropatie varie. La frazione post-gamma vista a11'elettroforesi era associata ad aumento della lisozimuria. In alcuni pazienti la determinazione della lisozimuria nelle singole frazioni elettroforetiche separate dopo la migrazione evidenzi~ che questa era presente solo nella frazione post-gamma. La scarsa incidenza di post-gamma urinaria in confronto con altre casistiche ~ dovuta al fatto che gli AA. hanno impiegato l'elettroforesi su carta, che ~ un metodo molto meno sensibile se confrontato con l'elettroforesi su gel d'amido. L.S.
Blocco dell'immunitA tumoraIe a tipo mediato dalle cellule per mezzo di sieri di pazienti con neoplasie. Blocking of Cell-Mediated Tumor Immunity by Sera from Patients with Growing Neoplasm. HELLESTROM I., SJOGRENH. O., WARNER G., HELLESTROM K. E. Int. J. Cancer 7, 226, 1971 I linfociti del sangue periferico di pazienti portatori di tumori sono in grado di distruggere, con azione specifica, cellule neoplastiche coltivate in vitro di tipo istologico e quelle del tumore del soggetto donatore di linfociti. Ci6 si verifica indipendentemente dal fatto che il donatore abbia o meno segni clinici di tumore in atto. Gli AA. di questo lavoro hanno voluto verificare se sieri ottenuti da pazienti portatori di neoplasie fossero in grado di bloccare l'effetto citotossico di linfociti immuni nei confronfi del rispettivo tumore. Sono staff studiati nurnerosi tipi di tumori consistenti principalmente in melanomi, carcinomi del colon, della mammella, dell'ovaio, dell'endometrio, dei reni, della eervice uterina, del polmone, della laringe, della vescica, delle salpingi, delle labbra, del testicolo, e di sarcomi. Su 81 pazienti con neoplasie in fase florida, 61 sono staff in grado, per mezzo del siero, di hloccare l'attivitA citotossica di linfociti specialmente immuni. Questo effetto bloccante ~ stato osservato sia quando linfociti, cellule neoplastiche e siero provenivano da donatori diversi che avevano per6 1o stesso tipo di tumore delle cellule neoplastiche bersaglio. L'effetto bloccante non si ~ invece osservato quando gli stessi sieri sono staff testati con cellule neoplastiche di tipo istologieo diverso da quello del rispettivo donatore di siero. L'insieme di questi risultati suggerisce l'esistenza di una correlazione fra crescita neoplastica in vivo e presenza di attivit~ sierica bloccante in vitro. C. D. B.
Sideropenia e diseritropoiesi. Iron Deficiency and Dyserythropoiesis. HILL R. S., PETTIT J. E., TATTERSALLM. H. N., I(ILEY N., LEWIS S. M. Brit. J. Haemat. 23, 502, 1972 Una <nel midollo, rappresentata da alterazioni nucleari (carioressi, multinuclearit~, mitosi anomale, etc.) e citoplasmatiche (presenza di punteggiature basofile, vacuolizzazioni, ritardata maturazione) a carico dei normoblasti, oltre che essere un segno caratteristico nell'anemia diseritropoiefica congenita, stata occasionalmente rilevata anche in corso di varie emopatie, come mielosclerosi, leucemie, anemia aplastica, nonch$ nel kwashiorkor e come conseguenza di irradiazioni. D'altra parte, sono state di recente descritte profonde modificazioni biochimiche a carico della serie eritroblastica in pazienti con sideropenia cronica: queste comprendono un significativo calo nella veloeitA di sintesi del DNA e del contenuto in acido nucleico, nonch6 alterazioni deU'incorporazione nell'eme di ferro e di glicina marcati. Che queste anomalie a livello biochimico si traducano anche in marcate alterazioni morfologiche, det tipo della <>, era sospettabile ed ~ stato infatti documentato dalla rieerca, condotta dagli AA., su 10 casi di sideropenia non complicata (selezionati, attraverso rigorosi criteri, su una casistica di oltre 60 casi di deficienza di ferro). II grado di < si dimostrb un fedele indice della gravit~ del deficit di ferro; in particolare, una correlazione altamente significativa fu rilevata fra la percentuale di cellule diseritropoietiche nel midollo da una parte e la sideremia nonch6 la percentuale di saturazione della transferrina nel siero dall'altra. Queste osservazioni riducono ulteriormente il valore diagnostico differenziale delle anomalie morfologiche descritte - - in particolare delle punteggiature basofile J considerate caratteristiche di alcuni tipi di anemia, dato che esse possono essere anche dovute semplicemente alla carenza di ferro. A, G. D.
II [attore liberatore di tireotropina iniettato per via endovenosa induce risposta tiroidea. Thyrotropin-Releasing Hormone: Evidence for Thyroid Response to Intravenous Injection in Man. HOLLANDERC. S., MITSUMA T., SHENKMANL., WOOLF P., GERSHENGORNM. C. Science 175, 209, 1972 La scoperta dei fattori ipotalamici favorenti o inibenti la secrezione di ormoni preipofisari ha permesso di comprendere in maniera approfon. dita i meccanismi che regolano la sintesi degl'~ ormoni stessi. II fattore liberatore di tireotropina che ~ stato isolato e sintetizzato recente139
mente ha portato alla comprensione di questo particolare settore della biosintesi endocrina nell'uomo. Si &cost dimostrato chela somministrazione endovenosa di fattore liberatore di tireotropina determina una immediata liberazione della tireotropina stessa dalla preipofisi. Questo effetto ~ probabilmente mediato sia dall'aumentata messa in circolo di ormone tireotropo preformato, sia dall'accresciuta sua sintesi ex novo. Inoltre, la somministrazione di fattore liberatore a soggetti normali causa un immediato aumento della concentrazione plasmatica di triiodotironina. L'insieme di queste osservazioni permette di saggiare simultaneamente la capacit~ della preipofisi e della tirolde di rispondere ai rispettivi ormoni tropinici. C. D. B.
Metabolismo del terzo componente del complemento (G) nelle ne/ropatie. Metabolism of Third Complement Component (C3) in Nephritis.
HUNSICKER L. G., RUDDY S.,CARPENTER C. B., SCHUR P. H., MERRILL J. P., MULLER-EBERHARDH. J., AUSTENK. F. New Engl. J. Med. 287, 835, 1972 La glomerulonefrite acuta, le lesioni renali in corso di lupus e certe forme di glomerulonefrite cronica si accompagnano a diminuzione del complemento emolitico totale e del componente C3. La via normale di utilizzazione del complemento viene iniziata dalla presenza di complessi immuni e dall'attivazione della frazione C3 catalizzata da un enzima (C3 convertasi) che si forma dall'azione del componente Cl sui componenti C4 e C2. NeIIa nefropatia lupica i componenti C1, C4, C2 e C3 sono nettamente diminuid Eel siero; al contrario, nelle nefropatie croniche cosiddette ipocomplementemiche il componente C3 nettamente diminuito, mentre i componenti C~, C4 e Ca sono nei limiti della norma (GEWURZ e Coll.: Int. Arch. Allergy 34, 556, 1968). Questo comportamento lascia supporre c h e l a diminuzione della frazione C3 sia dovuta ad un'attivazione del sistema del complemento che avviene per via diversa da quella normale, che non necessita del C3 convertasi e quindi risparmia i componenti Ct, C4 e C2 (G6TzE e MOLLER-EI~ERHARD: J. exp. Med. 134, 90, 1971); quest'altra via di attivazione del C3 utilizza la frazione B della properdina [BoEmSCH e ALt'ER: Biochim. biophys. Acta (Amst.) 221,529, 1970]. Nella presente ricerca gli AA. si sono proposti di verificare il comportamento nel plasma dei componenti C3 e C, del complemento, della frazione B properdinica ed ii metabolismo della frazione C3 del complemento. Sono staff studiati 20 pazienti con nefropatia lupica (di cui 13 con diminuito C3 e 7 con nor140
male C3) e 41 pazienti con glomerulonefrite cronica (di cui 21 con diminuzione del C~ e 20 con normale C~). I daft riportati possono essere cost riassunti: - - nei casi affetti da lupus con diminuzione del componente C3 era pure presente diminuzione de1 componente C4 e del fattore B; invece nei casi di lupus con normalitfi del C3 anche il C, ed il fattore B erano nella norma. La diminuzione del fattore C3 ~ associata alla fase di attivit~ della malattia. In questa fase ~ pure diminuito, oltre al C~ ed al fattore B, il C,q ed ii C9. La diminuzione del componente C4 precede quella de1 C3 e permane pifi a lungo; nei casi di glomerulonefrite cronica con diminuzione del C3 il componente C4 era nei limiti della norma, mentre il fattore B era diminuito 0 nei limiti bassi della norma; - - in tutti i casi con diminuzione dei livelli sierici de1 componente C3 ~ stato riscontrato un aumento della quota plasmatica di questa frazione catabolizzata, mentre la quota di sintesi rientrava nei limiti della norma. I bassi livelli del C3 nel lupus e nella glomerulonefrite cronica ipocomplementemica sono dovuti ad aumentato catabolismo di questo componente e a11'attivazione del sistema del complemento, con deposito del C3 nelle anse glomemlari lese. Nel lupus, la depressione del C3 b associata a diminuzione di C,, C4, C2 e, in qualche caso, del C~ (GEwumz e Coll.). Prodotti di degradazione del C3 sono staff trovati nel siero di pazienti con glomerulonefrite cronica ipocomplementemica (WEST e Coll.: J. din. Invest. 46, 539, 1967), ed in qualche caso ~ pure stato osservato un fattore sierico chiamato fattore nefritico C3, capace di iniziare la scissione del Ca se aggiunto ad nn siero normale (SPITZER e Coll.: Science 164, 436, 1969). L'ipercatabolismo del C, ~ dovuto ad attivazione del sistema del complemento che pu6 avvenire per via normale, o per altra via, attraverso il sistema properdinico. Se l'attivazione avviene per via norrnale, la presenza di immunocomplessi attiva il Ct che porta a formazione del C;3 (o C3 convertasi) con conseguente attivazione del C3. L'altra via di attivazione inizia sempre con la presenza di immunoaggregati che per cause non note porta all'attivazione del C3; uno dei componenti di questa reazione ~ il fattore B properdinico. I1 riscontro di diminuzione del fattore B e del C3 in pazienti con lupus suggerisce anche la possibilit~ di un'attivazione del complemento attraverso questa seconda via, almeno nei periodi di intensa attivit~ della malattia. Nella glomerulonefrite cronica ipocomplementemica i bassi livelli del C3 e del fattore B con normalit~ del fattore C4 fanno pensare all'attivazione delia seconda via. In diversi pazienfi affetti da glomerulonefrite stata osservata diminuzione della properdina (GEwuRz e Coll.: Int. Arch. Allergy 36, 592, 1969) e deposito di questa nelle anse glomeru-
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lari (WESTBERG e Coll.: J. clin. Invest. 50, 642, 1971). La presenza di un fattore anti-C3 nel siero di alcune glomerulonefriti croniche legata al fattore properdinico B per esp!etare la sua azione anti-C3 (RULEy e Coll.: Fed. Proc. 31,788, 1972). L'attivazione della via cIassica potrebbe essere dovuta alia presenza di immunocomplessi nel siero (TAN e Coll.: J. din. Invest. 45, 1732, 1966) mentre la partecipazione della seconda via potrebbe essere secondaria e riflettere modificazioni qualitative degli immunocomplessi. La glomerulonefrite cronica normocomplementemica ~ associata a valori normali di C3, C, e di fattore B. L.S.
Possibilita di origine non immunoglobulinica delle fibrille dell' amiloidosi. Alternative, Non-Immunoglobulin Origin of Amyloid Fibrils. HUSBY G., SLETTEN K,, MICHAELSEN T. E., NATVm J. B. Nature (Lond.) 238, 187, 1972 L'amitoidosi ~ malattia caratterizzata dalPaccumulo extraceltulare in vari tessufi di una proteina a struttura fibrillare. La sintomatologia clinica dipende essenzialmeme dall'entit~ dell'accumulo e dagli organi che ne sono interessati. Si distinguono clinicamente due forme di amiloidosi: la primaria e la secondaria; in quest'ultima il deposito extraceUulare ~ associato con altre malattie ira cui, principalmente, il mieloma multiplo, l'artrite reumatoide e la tubercolosi. Numerose ipotesi sono state avanzate per delucidare sia la natura c h e l a patogenesi di questa sostanza. Nel 1971 GLENNER e Coll. (Science 172, 1150, 1972) dimostravano chela sequenza primaria di sostanza amiloide era identica a quella della regione N-terminale di catene leggere di tipo K deUe immunoglobuline. In questa maniera venivano confermate le ricerche di VASQUEZe DxxoN (Amer. J. Path. 32, 455, 1956) e di OSSERMAN (New Engl. J. Med. 261, 1008, 1959) che per primi avevano avanzato ipotesi sulle possibili relazioni tra <
mente una sequenza di una <~nuova ~>proteina. Questi daft concordano perfettamente con i risultati ottenuti da BENDITT e ERIKSEN (Amer. J. Path. 65, 231, 1971) che avevano gi~t avanzato l'ipotesi che l'amiloidosi secondaria ha una composizione in aminoacidi e probabilmente una patogenesi diversa da quella dell'amiloidosi primaria. A.C.
E//etto dell'aspirina nelIa determinazione dell'acido omovanillico nell' urina. Effect of Aspirin on the Assay of Homovanillic Acid in Urine. HVELDTKE R. Amer. J. din. Path. 57, 3241, 1972 La determinazione dell'acido omovanillico (HVA) neU'urina ~ utile nella diagnosi dei tumori che secernono dopamina ed anche nel seguire il trattamento con levo-dopa nel morbo di Parkinson. Dopo purificazione mediante cromatografia su colonna e liquido-liquido, la sostanza viene ossidata dando origine ad un fluorocromo. Ii metodo ~ semplice, sensibile e ben riproducibile. Se perb si somministrano salicilafi (600-900 mg di aspirina) i bianchi aumentano di 50-100 volte. L'intensa {luorescenza interferente ~ dovuta pih che ai salicilati per se stessi, a prodotti del loro metabolismo, che non sono separabili dall'acido omovanillico neppure con tecniche raffinate di purificazione. G.C.
L'eliminazione urinaria di trans/errina nei pazienti con proteinuria. Transferrin Excretion in Patients with Proteinuria. KISTNER S., NORBERGR. Aeta reed. scand. 19I, 393, 1972 Gli AA. hanno studiato il livello sierico, l'eliminazione urinaria e la rdativa clearance delia transferrina nelle malattie renali cronkhe con proteinuria. La concentrazione di transferrina n d siero e helle urine (come pure l'albumina) b stata determinata con il metodo della immunodiffusione radiale. La transferrina sierica risulta diminuire in corso di glomerulonefrite e di pielonefrite cronica. L'eliminazione di transferrina, espressa in valori percentuali rispetto alia proteinuria, ~ risultata pifi elevata nei pazienti con glomerulonefrite cronica rispetto ai pazienti con pielonefrite cronica. Quantitativamente, l'escrezione transferrinica varia col variare della proteinuria. La clearance transferrinica e quella albuminica 141
mostrano gli stessi valori assoluti, con identiche modificazioni in corso di malattie renali. La transferrinemia e la clearance della transferrina non sono correlate con la concentrazione di ferro, di emoglobina o di creatinina del siero. L.S.
Determinazione della creatinina con metodo cinetico. Creatinine Assay by a Reaction-Kinetic Principle. LARSEN K. Clin. cbim. Acta 41,209, 1972 Viene descritto un metodo per la determinazione della creatinina senza deproteinizzazione mediante misura della sua velocitA di reazione con ii picrato alcalino. Sono state studiate diverse variabili come la quantitA di NaOH, la concentrazione in acido pictico, il tempo per l'effettuazione deUe misure differenziali. La velocitfi di reazione ~ inferiore nel siero che non nelle soluzioni standard. La differenza h maggiore se le letture vengono effettuate a 10 e 60 sec che non a 60 e 120 sec. Tale differenza pu6 essere corretta mediante un fattore, che non risulta necessario invece per la determinazione helle urine. Le letture eseguite nel primo minuto danno dei valori corrispondenti a quelli ottenuti con la reazione normale sul deproteinizzato, senza il reattivo di Lloyd; quelle eseguite nel secondo minuto danno invece valori corrispondenti alle determinazioni con purificazione con il reattivo di Lloyd. Vi sono evidentemente delle sostanze a velocitfi di reazione maggiore della creatinina che interferiscono nelle misure eseguite in fase iniziale. Tra queste vi ~ l'acido aceto-acetico, la cui interferenza pu6 essere eliminata leggendo nel secondo minuto; nel normale in cui non vi ~ acido aceto-acetico, le sostanze interferenti sono evidentemente altre. Nella reazione non interferiscono invece le sostanze a bassa velocitA di reazione come il glucosio e le proteine. G.C.
Analisi automatizzata deU'acido delta-aminolevulinico nell' urina. Automated Analysis of Delta-Aminolaevulinic Acid in Urine. LAUWERYS R., DELBROECKR., VENS M. D. Clin. chim. Acta 40, 443, 1972 L'aumento dell'escrezione urinaria dell'acido delta-aminolevulinico (ALA) ~ un indice precoce di intossicazione da piombo e la determinazione di tale sostanza viene quindi eseguita di routine sui lavoratori esposti al piombo. Essa viene eseguita mediante separazione del142
I'ALA su resina a scambio ionico e successiva misura colorimetrica del complesso formato dal reattivo di Ehrlich con il composto pirrolico risultante dalla condensazione delI'ALA con acetil-acetone. Si 6 proposto di evitare la purificazione cromatografica e di eliminare l'interferenza delle sostanze Ehrlich-positive mediante lettura contro bianco. Si ~ visto per6 che le curve che si ottengono mediante aggiunta di varie quantith di ALA variano a seconda delle urine e quindi non si pu6 fare riferimento, per la determinazione, ad una curva standard di ALA in soluzione acquosa. Per ovviare a tale inconveniente, pur eliminando la cromatografia, la pendenza della curva viene stabilita per ciascuna urina mediante aggiunta di una quantith fissa di A L A come standard interno. Con metodica a flusso vengono eseguite tre determinazioni: una senza acetil-acetone, per le sostanze direttamente Ehrlich-positive, una con acetil-acetone per la determinazione totale (sostanze Ehrlich-positive + A L A ) e una come quest'ultima, ma con l'aggiunta dello standard. L'aumento di densitA ottica dovuto aUo standard in tall condizioni viene utilizzato per la determinazione delI'ALA nel campione in esame.
G.C.
Struttura e [unzioni biologiche della IgD umana. I. Presenza di immunoglobulina D nei sieri del cordone ombelicale. Structure and Biologic Functions of Human IgD. I. The Presence of Immunoglobulin D in Human Cord Sera. L~SLIE G. A., SWATET. E. J. Immunol. I09, 47, 1972 La IgD rappresenta, insieme alIe IgG, IgA, IgM e IgE, una delle immunoglobuline presenti nel siero di tutti gli individui. La maggior parte delle informazioni sulia struttura delle IgD provengono da studi effettuati su proteine mielomatose e mancano ancora a tutt'oggi daft sulla funzione biologica di questa classe di immunoglobuline. La IgD 6 presente nel siero adulto alla concentrazione di circa 30 l~g/Inl ed ~ praticamente assente nel sangue del cordone ombelicale. Gli AA. hanno valutato la concentrazione di IgD in 90 sieri prelevati a11a nascita dal cordone ombelicale ed hanno riscontrato che nel 4,5 % dei casi la IgD ~ presente in quantith pari a quella comunemente riscontrata nel siero di adulti. Una serie di daft esclude la possibilifft di contaminazione con siero materno. I neonati non presentano alcuna affezione. L'interpretazione degli AA. ~ duplice: a) in alcuni casi la placenta pu6 essere pih permeabile alle IgD materne; b) il feto ~ in grado di sintetizzare piccole quantifft di IgD ed in alcuni casi tale attivit~ di sintesi ~ particolarmente eleva-
ta, tanto da determinare livelli sierici di IgD pari a quelli riscontrati nell'adulto. Lo studio ~profondito di questi casi potrebbe forse contribuire a svelare la funzionalitA biologica di questa particolare immunoglobulina. A.C.
L'el]etto dell'azatioprina sulla sintesi delle gammaglobuline nell' uomo. The Effect of Azathioprine on Gammaglobulin Synthesis in Man. LEVY J., BARNETT E. V., MACDONALDN. S., KLINENBERG J. R., PEARSON C. M. J. din. Invest. 5I, 2233, 1972 Viene studiato l'effetto della terapia con azatioprina, un farmaco ampiamente usato nella terapia immunodepressiva, sulla sintesi di IgG e IgM. I1 farmaco fu somministrato per 4 mesi alla dose di 3 mg/kg/die in 5 pazienfi affetfi da axtrite reumatoide, in 2 pazienti con lupus eritematoso sistemico e in 2 pazienti con artropatia psoriasica. L'azatioprina ha determinato una riduzione della sintesi di IgG variabile dal 16,8 al 74,1% (media 33,4 95) e della sintesi di IgM dal 24,5 al 74,2 95 (media 40,9 95). La ridotta sintesi di IgG non si accompagnava a diminuzione dei livelli sierici. Poichd l'azione dell'azatioprina si accompagna a riduzione degli anticorpi antigammaglobuline e a miglioramento delle condizioni cliniche, lecito supporre che la diminuita sintesi di IgG giochi una parte importante nell'azione terapeutica del farmaco. La mancata diminuzione dei livelli sierici anche nei casi in cui maggiormente ridotte sono le sintesi ~ in rapporto a meccanismi omeostatici che mantengono lo steady state, probabilmente rallentato catabolismo con prolungamento dell'emivita delle IgG. L.S.
Automazione di metodi analitici cinetici. Automated Reaction-Rate Methods of Analysis. MALMSTADT H. V., CORDOS E. A., DELANEY C.J. Analyt. Chem. 44, 264, 1972 Vengono brevemente tracciati i principi e le caratteristiche delle reazioni cinetiche. Queste sono basate sulla misurazione delle variazioni di un determinato parametro (assorbanza, fluorescenza, etc.) in una cuvetta di reazione; non vengono quindi ad interferire nella misura tutti quei parametri che non mostrano variazioni (per esempio torbiditA e fluorescenze preesistenti). Esse possono essere applicabili soprattutto a reazioni enzimatiche, ma anche a reazioni chi-
miche di altro fipo che siano caratterizzate da una determinata velocitA di reazione. In tal caso possono essere ufilmente impiegate per distinguere e determinate in mescolanze complesse composti anche molto simili che abbiano velocit~ di reazione differenfi tra loro di almeno un fattore di i0. Possono essere determinate anche reazioni estremamente rapide, purch6 il tempo di mescolamento non superi il semi-tempo di reazione. Vengono descritfi alcuni esempi: 1) determinazione del glucosio con glucosio-ossidasi con valutazione dell'H202 sviluppantesi con un sistema ossidoriduttivo e rivelazione potenziometrica, spettrofotometrica o amperometrica; 2) determinazione dei fosfati: pub essere eseguita sia determinando la velocifft di reazione tra fosfat i e acido molibdico sia quella della successiva trasformazione del complesso formatosi a blu di molibdeno. La prima reazione caratterizzata da aumento di assorbimento nell'U.V. ~ estremamente rapida e richiede determinazioni dell'ordine dei millisecondi. Essa permetterebbe l'esecuzione di pih di 3.000 determinazioni in un'ora. Vengono poi descritti alcuni sistemi strumentall per analisi cinetiche e cio~ il sistema a flusso interrotto, il sistema a reattivi predisposti tipo Dupont, il sistema delle analisi multiple parallele in centrifuga (GeMSAEC, Centrifichem, Rotochem) di cui vengono indicati possibili miglioramenti. Viene inoltre riferito sui sistemi computerizzafi ELLA e sul sistema strumentale mulfimodale. Le informazioni tecniche su questi vari sistemi, data la ristrettezza dello spazio, sono molto concise; vengono comunque fornite le indicazioni bibliografiche per chi volesse approfondire la conoscenza. G.C.
I complessi immuni nell'epatite cronica. Les immuno-complexes dans les h~patites chroniques. MARTINEZ-VAZQUEZJ. M., GUARDIAJ., BACARDI R., CARRERAM., FERRAGUTA. Presse m~d. 1,203, 1972 Gli AA. hanno studiato la presenza di immunocomplessi circolanfi in due varietA di epatiff croniche: l'epatite cronica aggressiva e l'epatite cronica persistente. Nella casistica esaminata ~ stata ricercata la presenza dell'antigene Au (elettroimmunodiffusione su agarosio), la presenza di particole di Au nell'ultracentrifugazione del siero osserrata alla microscopia elettronica senza e dopo aggiunta di anticorpo specifico, la frazione C'3 del complemento ed il fattore reumatoide. In 9 casi su 14 di epatite cronica aggressiva con positivit~ della ricerca sierologica dell'antigene Au, ~ stata riscontrata ]a presenza di immunocomplessi circolanti, mentre nei casi di 143
epatite cronica aggressiva Au-negativa, come pure in tutti i casi di epatite cronica persistente Au-positiva e negativa, non sono staff riscontrati immunocomplessi circolanti. Non esiste alcuna relazione fra diminuzione della frazione C'3 del complemento, presenza del fattore reumatoide ed immunocomplessi. Dai daft riportati si conclude che la presenza di immunocomplessi nei casi di epatite cronica aggressiva Au-positiva suggerisce la possibilit~ di una risposta immunologica inappropriata, ma non dimostra una relazione diretta con la lesione epatica cronica. L.S.
L'dettro/oresi su gel di poliacrilamide in cbimica clinica: problemi di standardizzazione e d~ esecuzione. Polyacrylamide Gel Electrophoresis in Clinical Chemistry: Problems of Standardization and Performance. MAURERt{. R,, ALLENR. C. CIin. cbim. Acta 40, 359, 1972 Gli AA. trattano estesamente e in modo molto particolareggiato le condizioni sperimenta!i che debbono essere osservate per ottenere 1 rlsultafi migliori e pih riproducibili nella elettroforesi con gel di poliacrilamide. Per quanto riguarda il tipo di apparecchi, essi consigliano l'uso di quelli che danno gel a superficie piatta, in luogo di quelli in provette cilindriche, per la possibilit~t di condurre contemporaneamente l'elettroforesi su un grande numero di campioni nelle stesse condizioni di polimerizzazione di un unico gel, eventualmente assieme a standards di proteine a peso molecolare noto. I gel piatti, per la loro maggiore superfizie, permettono una migliore dispersione del calore di Joule e sono pith facilmente ufilizzabili per densitometria e per autoradiografie. Essi si prestano inoltre per tecniche bidimensionali. La standardizzazione del gel ~ essenziale per ottenere separazioni costanti e pub essere influenzata da fattori svariati (purezza dei componenti, tipo dei catalizzatori, inibitori, temperatura). Nel determinare le caratteristiche di un gel, necessario tenet conto che non solo il peso molecolare e la carica elettrica, ma anche la forma di una molecola proteica possono influire sulla sua mobilitL
La valutazione quantitativa delle varie bande offre problemi spesso di diflicile soluzione per quanto riguarda i densitometri, il tipo di colorante e la sua stabilitY, la sua penetrazione nel gel, sia per quanto riguarda le colorazioni semplici che per quelle delle reazioni enzimatiche. Vengono preconizzate tecniche di valutazione in fluorescenza indotta sui residui di fenilalanina, tirosina e triptofano senza colorazione delle strisce. Uno dei problemi pih complessi ~ quello del riconoscimento delle numerosissime bande di separazione. Questo viene raggiunto mediante elettroforesi bidimensionale, su acetato prima e poi su poliacrilamide, oppure con umi elettroforesi iniziale sempre su acetato seguita da electro/ocusing su poliacrilamide. Vengono puntualizzati alcuni problemi riguardo soprattutto ai sistemi tampone multifasici, all'importanza della forza ionica, all'influenza del calore di Joule, e viene posto l'accento su alcune possibili cause di errore (curvature zohall, effetti della temperatura, artefatti da catalizzatori, tipo di materiale usato come stampo) e vengono suggeriti i mezzi per evitarli. G.C.
Filtrazione glomerulare e portata renale plasmatica in soggetti con diabete giovanile datante da lungo tempo, senza proteinuria. Glomerular Filtration Rate and Renal Plasma Flow in Long-Term Juvenile Diabetics without Proteinuria. MOGENSENC. E. Brit. reed. ]. 4, 257, 1972 Nel diabete giovanile il filtrato glomeruIare (F.G.) aumenta e in alcuni pazienti rimane a livelli superiori alla norma per lungo tempo. L'A. ha studiato il tiltrato glomerulare in 16 pazienti con diabete datante da oltre 15 anni, che non presentavano proteinuria (ricercata pith volte con Albustix). In questi pazienti (con eth media di 28 anni, durata media del diabete di 21 anni, tutti insulino-dipendenti) il filtrato glomerulare determinato con iotalamato-I m e la portata renale plasmatica (P.R.P.) determinata con HippuranI ~31hanno dato i risultati elencati in tab. 1. Questi risultati indicano che nei diabetici senza proteinuria la funzione renale h conservata,
I
soggetti sani di controllo
diabete datante da non oltre 12 anni
F.G.
114 • 14
139 + 15 ( + 21,9%)
136 + 11 ( + 19,3%)
P.R.P.
555 +- 94
578 + 69
565 • 60
Tabella 1. 144
[ ]
diabete datante da pifi di 15 anni
anzi il filtrato glomerulare ~ aumentato, mentre la portata renale plasmatica ~ nei limiti della norma. L'A. ricorda precedenti ricerche in cui aveva dimostrato che l'aumentato filtrato glomerulare nel diabete datante da breve tempo era associato ad una normale permeabilit~ glomerulare alle macromolecole. L.S.
Lesioni glomerulari nelle glomerulopatie primitive non sistemiche. Relazione tra i reperti della microscopia ottica e quelli ottenuti con l'immuno/Iuorescenza in 433 biopsie renali. Glomerular Abnormalities in Nonsystemic Diseases. Relationship between Findings by. Light Microscopy and Immunofluorescence in 433 Renal Biopsy Specimens. MOREL-MAROGERL., LEATHEM A., RICHET G. Amer. J. Med. 53, 170, 1972 In 433 biopsie renali di pazienti affetti da nefropatie primifivamente glomerulari, gli AA. hanno comparato i reperti della microscopia ottica con la presenza nelle strutture glomerulari di immunoglobuline (IgG, IgA, IgM), della frazione C3 del complemento (f~c) e di fibrinogeno, ricercati con il metodo della immunofluorescenza. I risultati, per i yari grup.pi di malattie esaminati, sono statl 1 seguentl: I gruppo: 96 pazienti con glomeruli normali o con lievissime anomalie di dubbio significato alla microscopia ottica. Queste erano rappresentate da lieve aumento delle cellule mesangiali o delia matrice mesangiale non sufficienti per6 per porre diagnosi di proliferazione mesangiale o di sclerosi. II gruppo viene classificato secondo la dizione anglosassone di Normal Glomeruli or Minimal Changes. Di questo gruppo 36 casi presentavano una sindrome nefrosica e all'immunofluorescenza non vi era fissazione nelle strutture glomerulari di sieri anti-IgG, anti-IgA, anti-IgM, anti-~m e antifibrinogeno. Anche per i 60 rimanenti pazienti, con modesta proteinuria e con o senza microematuria e normale funzione renale, non ~ stata messa in evidenza la presenza nei glomeruli delle frazioni proteiche ricercate. II gruppo: 42 pazienti con glomerulone/rite membranosa caratterizzata alia microscopia ottica da diffuso ispessimento della membrana basale (MB). La microscopia elettronica evidenzia che questo ispessimento ~ dovuto a depositi di sostanza elettrondensa situati sul lato epitellale della MB. Spesso questi depositi hanno aspetto spinoso, quasi originassero dalla MB e con la colorazione ad impregnazione argentica mostrano aspetto a dente di pettine (spiky projections, comb-like). Con l'immunofluorescenza, in tutti i casi furono evidenziate IgG disposte diffusamente lungo tutta la MB ma non nelle aree mesangiali. In 38 casi la
deposizione di IgG era finemente granulare. In 4 casi, con marcato aspetto spinoso, la deposizione di IgG era lineare. In 24 casi era presente anche [31cdisposta lungo la MB con aspetto granulare diffuso, ma in quantit~ scarsa. In pochi casi sono staff osservati depositi focali di IgG, IgA e fibrinogeno. La disposizione ndle anse glomerulari della IgG ~ molto importante perchd serve a distinguere la sindrome nefrosica a lesioni minime dalla forma membranosa quando la microscopia ottica non presenta elementi discriminativi. La differenziazione ~ importante soprattutto per la risposta alla terapia steroidea, che ~ scarsa nella forma membranosa. Quando la forma membranosa dura a lungo, ~ difficile differenziarla da quella membrano-proliferativa. IlI gruppo: 58 pazienti con glomerulone/rite diffusa proli/erativa caratterizzata alla microscopia ottica da diffusa proliferazione cellulare entro le anse glomerulari, senza anomalie della MB. Difficile ~ individuare il tipo delle cellule proliferanti, sebbene in molti casi, per la particolare distribuzione, ~ chiaro che derivino dal mesangio. In 28 casi la proliferazione era accompagnata dalla presenza di polimorfonucleati nel lume capillare associati a depositi eosinofili sul lato esterno della MB (humps). Questi casi appartenevano a glomerulonefrite diffusa acuta proliferativa osservata all'inizio della malattia (le biopsie erano state eseguite entro quattro settimane dall'inizio della malatfia) e presentavano depositi granulari in ammassi (lumpy) di ~m, mentre scarse quantit~ di IgG erano disposte lungo la MB. Ventidue di questi 28 pazienti mostravano i segni clinici della glomerulonefrite acuta. Trenta casi presentavano una glomerulone/rite diffusa proli/erativa (non essudativa) mesangiale, in maggioranza con segni clinici di glomerulonefrite acuta e depositi diffusi granulari in ammassi di I3~clungo la MB. In 3 casi erano presenti anche modesti depositi di IgG.
IV gruppo: 33 pazienti con glomerulone/rite membrano-proli/erativa (o mesangio-capillare) caratterizzata da proliferazione di cellule del mesangio, aumento della matrice mesangiale e diffuso e irregolare ispessimento della parete capillare. Alla microscopia elettronica si osserva la penetrazione del citoplasma mesangiale fra la lamina densa e l'endotelio. La parete capillare mostra spesso in alcune anse degli sdoppiamenti della MB, si ha cio~ l'apparenza di due linee parallele separate da uno spazio vuoto. In alcuni casi la spiccata proliferazione della matrice mesangiale determina un aspetto a tipo di iobulazione del glomerulo. All'immunofluorescenza (28 casi) la ~lc-globulina era presente con depositi in forma granu/are e irregolare lungo la parete capillare (distribuzione focale in 22 casi e diffusa in 6), molto scarso il riscontro di f3~c nell'area mesangiale. In 24 biopsie erano presenti deposizioni focali e grossolane di IgM e fibrinogeno. Depositi granulari e irregolari di IgG erano ra145
ri, mentre sempre assente era la IgA. Questo aspetto osservato ali'immunofluorescenza quello descritto nei bambini affetti da glomerulonefrite cronica ipecomplementemica. L'aspetto all'immunofluorescenza ed in particolare la presenza di depositi grossolani, irregolari, granulari di ~3tc differenzia questa forma di glomerulonefrite dalle altre forme di glomerulopatie primitive. Nelle forme lobulari la ~3tc era presente alla periferia di ogni lobulo e mai all'interno. A questi depositi di f31c erano associati depositi focali e grossolani di IgM, fibrinogeno e IgG.
V gruppo: 4 pazienti con glomerulonefrite caratterizzata da depositi densi nastriJormi (ribbon-like) situati all'interno della MB. I depositi elettrondensi che infiltrano la MB si trovano anche entro la capsula di Bowman e nella MB dei tubuli e si associano a proliferazione mesangiale e, in qualche caso, a proliferazione epiteliale (epithelial crescents). Questi depositi contengono ~3tc. Questo tipo di lesioni glomerulari ~ associato ad insufticienza renale cronica e si incontra spesso nei bambini. V I gruppo: 32 pazienti con glomeruloneJrite diffusa e proliferazione epiteliaIe o fibro-epiteliale in pitt di due terzi dei glomeruli. MoRe anse glomemlari presentano ipernucleosi, molte altre forme di raggrinzimento (shrunken) e fibrosi. In 27 casi il fibrinogeno era presente helle zone sedi di proliferazione, helle zone necrotiche endoglomerulari e nei depositi endomembranosi. Frequentemente erano presenti grossolani e irregolari depositi di ~1c lungo la MB e nella zona mesangiale. In circa la metA dei casi, depositi di IgA, IgM e IgG erano presenti in varie combinazioni, con distribuzione in ammassi irregolari nella MB e nel mesangio. V I I gruppo: 118 pazienti con glomerulonefrite prolfferativa JocaIe caratterizzata da lesioni focali (cio~ presenti solo in alcuni glomeruli, in contrapposto alle lesioni diffuse) e segmentarie (cio~ solo una parte delle anse glomer.ulari colpita) alla microscopia ottica. Le lesioni sono caratterizzate da proliferazione delle cellule del mesangio, depositi eosinofili intercapillari, aderenze capsulari, aree di fibrosi glomerulare e, molto raramente, aree di necrosi parziale dell'ansa. Questo gruppo pub essere ulteriormente suddiviso in due sottogruppi, a seconda della presenza o meno di depositi di IgA nel mesangio. Nella casistica riportata, 88 casi presentavano caratteristici depositi di IgA diffusamente distribuiti in ogni ansa, mentre in 30 casi questi depositi non erano presenti. Nel primo sottogruppo erano presenti, sebbene in scarsa quantitY, anche depesiti di IgG e di ~c nell'area mesangiale. Clinicamente era presente lieve proteinuria, ematuria microscopica con episodi ricorrenti di ematuria macroscopica. I1 secondo sottogruppo differisce dal primo solo per la mancanza di depositi di IgA all'immunofluorescenza. Qualche volta sono presenti depositi di [3~c, di IgM, di IgG o di
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fibrinogeno, ma in scarsa quantith. Clinicamente era presente proteinuria asintomatica con o senza ematuria microscopica. Gli episodi di ematuria erano rari.
V I I I gruppo: 38 pazienti con glomerulonefrite scIerosante caratterizzata da sclerosi focale e segmentaria delle anse glomerulari senza proliferazione cellulare o depositi mesangiali. Nella metA dei casi erano presenti depositi focali di IgM e di ~c nelle aree sclerosate, pitt rari quell/di IgG e di fibrinogeno. I X gruppo: 12 pazienti con Iesioni troppo avanzate per poter essere classificate. Questo gruppo comprendeva casi con lesione gt6merulare terminale. L.S.
Eterogeneit~ molecolare delle immunoglobuline IgM nella immunodiffusione radiale. Molecular Heterogeneity Effects of IgM Immunoglobulins in Radial Immunodiffusion. MULDERJ., SLOOTSL. C. E., "VERHAARM. A. T. ]. Immunol. Methods 2, 89, 1972 L'immunoglobulina IgM nell'uomo ~ presente in circolo sia nella forma ad elevato peso molecolare (19S) sia nella forma a basso peso molecolare (7S). I1 rapporto quantitativo tra i due tipi molecolari ~, in condizioni normali, a favore delle 19S; solo in condizioni patologiche, come ad esempio infezioni croniche, malattie autoimmuni, macroglobulinemia di WaldenstrSm, nelle quali si ha aumentata sintesi delle IgM, la forma 7S aumenta a volte sino a ragginngere valori del 50 98 delle IgM totali. I determinanti antigenici della catena pesante ~t presenti nelle IgM 19S e helle IgM 7S non sono quantitativamente gli stessi. I n generale le IgM 7S presentano meno determinanti antigenici che la IgM 19S, fatto che si traduce spesso in Ouchterlony nella comparsa di immagini di parziale identit~ quando IgM 19S e IgM 7S sono messe a diffondere con un siero anti-catene t~. In immunodiffusione radiale semplice, con un antisiero anti-w la presenza dei due tipi molecolari di IgM determina la comparsa di due anelli di precipitazione: uno interno dovuto in generale alle 19S e l'altro esterno dovuto alle 7S. La dimostrazione ~ stata fornita mescolando in opportune proporzioni IgM 19S ed IgM 7S. In presenza dei due aloni di precipitazione il dosaggio quantitativo della IgM totale risulta notevolmente complicato. E necessario in questo caso disporre di due standards IgM (a concentrazione conosciuta) l'uno 7S e l'altro 19S; con il primo si potrebbe valutare quantitativamente la IgM a basso peso molecolare, con il secondo la IgM ad elevato peso molecolare. Anche in questa maniera perb i risultati quantitativi non sono esatti, soprattutto per quanto riguarda la IgM 19S.
Tenendo presente queste limitazioni nel dosaggio quantitativo, 6 interessante constatare ehe mediante la immunodiffusione radiale semplice ~ possihile stahilire facilmente che nel siero in esame la IgM ~ presente sotto forma 19S e 7S, cosa che girl di per s6 pu• spesso indirizzare la diagnosi verso determinate affezioni. A.C.
E//etto sulla proteinuria della idratazione e del [urosemide somministrato per via venosa. Effect of Hydration and Furosemide Given Intravenously on Proteinuria. PILI.AY V. K. G., GAm~m V. C., SHARMAB. K., SMITH E. C., DUNEA G. Arch. intern. Med. 130, 90, 1972 Sono state condotte esperienze per valutare l'influenza sulia proteinuria delta poliuria con insorgenza secondaria all'introduzione idrica oppure alia somministrazione di un diuretico. In un primo gruppo di nefropatici proteinurici (proteinuria superiore a 1 mg/min) dopo un periodo di riposo a letto di 2 h senza introduzione idrica ~ stata somministrata acqua (500 rnl all'inizio eli ogni ora, per 2 h). In un secondo gruppo eli pazienti (proteinuria superiore a 1 mg/min) dopo 2 h di riposo a letto con introduzione di 200 ml di acqua ogni ora erano somministrati 120 mg di furosemide per via venosa. In ogni gruppo le urine erano raccolte nel periodo di 2 h ciascuno. Nel primo gruppo, dopo il carico idrico si avuto un aumento delia diuresi del 95,20 98, delia clearance creatininica del 3,2 98 e della proteinuria del 18,4 %. Esiste una correlazione lineare fra l'aumento della clearance creatininica e l'aumento delia proteinuria ma non fra l'aumentata diuresi e l'aumento delia proteinuria. Dopo la somministrazione di furosemide si osservato aumento del volume urinario del 305,3 %, della proteinuria del 13,3 98 e della clearance creatininica del 53,9 %. Esiste una correlazione lineare fra l'aumento della proteinuria e l'aumento della clearance creatininica e fra l'aumentata diuresi e l'aumentata proteinuria. Queste esperienze indicano che per un'esatta valutazione delle proteinurie sono necessarie condizioni standard; raccolta per un periodo di tempo breve (2 h), con somministrazione idrica continua e senza somministrazione di farmaci. Per Ia comparazione di determinazioni effettuate nello stesso individuo e in tempi successivi deve essere utilizzato sempre lo stesso schema di trattamento. L.S.
Epatite neIIe unit?l dialitiche nel Regno Unito. Hepatitis in Dialysis Units in the United King-" dom. POLAKOFF S., COSSART Y. E., TILLETT H. E. Brit. reed. I. 3, 94, 1972 La comparsa di epatite rappresenta un serio problema di organizzazione e di isolamento fra i pazienti di un Centro Dialisi o fra il personale medico-infermieristico. Le segnalazioni sempre pi6 frequenti dell'aumento di epatite in forma pi?a o meno grave nei Centri di Dialisi hanno suggerito agli AA. un'indagine in 20 Centri di Dialisi, protratta nel tempo. Sono riferite le osservazioni degli anni 1968, 1969 e 1970. L'incidenza percentuale di epatite in pazienti in trattamento dialitico cronico ~ aumentata dali'l,7 98 nel 1968 al 5,3 % nel 1970. Nel personale di questi Centri la percentuale di epatire ~ variata dallo 0,5 98 nel 1968 a11'1,3 98 nel 1970. Per limitare e circoscrivere questo aumento, gli AA. propongono Lt trasferimento dei pazienti affetti da epatite conclamata, subcliiaica o dei semplici portatori ai Centri di Dialisi isolati o alla dialisi domiciliare. Occorre inoltre controlIare i pazienti con insufficienza renale cronica che erano affetti da epatite e in seguito clinicamente guariti, poich6 molto spesso essi rimangono per lungo tempo portatori con scarsa positivitr dei tests clinici di funzionalit~ epatica. Come controllo dei pazienti in trattamento e del personale sanitario addetto, gli AA. hanno utilizzato la ricerca dell'antigene Au, fatta con diversi sieri immuni, impiegando il metodo della diffusione in gel d'agar e associando, nei casi dubhi, il test della fissazione del complemento e la microscopia elettronica del siero in esame prima e dopo l'aggiunta di immunsiero specifico. L.S.
Estrazione renale di ~2-microglobulina. Renal Extraction of ~-Microglobulin. RAVNSKOVU., JOHANSSONB. G., G()THLINJ. Scan& J. din. Lab. Invest. 30, 71, 1972 stata studiata l'estrazione renale di ~2-microglobulina. I dosaggi nel sangue arterioso e venoso sono stati eseguiti con il metodo della immunodiffusione radiale. I livelli plasmatici sono risultati in relazione con la creatinina e la clearance creatininica, cio~ essi aumentano parallelamente alPaumento delia creatinina e alia diminuzione del filtrato glomerulare. L'eliminazione di questa proteina dipende dalla filtrazione glomerulare e dal riassorbimento e catabolismo tubulare; la ~3vmicroglobutina illtrata, riassorbita o no dal tubulo, ~ perduta per l'organismo e la sua captazione tubulare indipendente da variazioni del filtrato glomerulare. L.S. 147
Di/etto combinato di ]attore V e di /attore VIII: descrizione di una ]amiglia ed analisi genetica. Combined Deficiency of Factor V and Factor V I I I : Report of a Family and Genetic Analysis. SMIT SIBINGAC. TH., GOKEMEYERJ. D. M., TEN KATEL. P., BOS-~rANZWOLF. Brit. J. Haemat. 23, 467, 1972 Viene descritto ancora un caso (il 18~ nella letteratnra mondiale) in cui esiste un difetto congenito associato di fattore V e di fattore VIII. Per la prima volta questa condizione ~ stata scoperta attraverso analisi di routine (screening pre-biopsia epatica) della funzionalifft emostatica. Le ricerche, estese ad oltre 40 membri della famiglia, hanno dimostrato la presenza dell'uno e/o dell'altro difetto, in vario grado e con diversa espressivitA clinica, sia Eel ramo paterno che in quello materno. L'ipotesi pica verosimile sul tipo di trasmissione ereditaria sembra essere (anche sulla base dei daft genetici derivati da precedenti studi) quello autosomico recessivo, con marcato grado di penetranza (27,2-72,8 %) e variabile espressivitA negli eterozigoti. A. G . D .
Lin/omi rnaligni a celluIe B. Malignant Lymphomas of B-Cell Type. STEIN M., LENNERTK., PARWARESCHM. R. Lancet 2, 855, 1972 Ai fini diagnostici pratici i linfomi maligni vengono ancora classificati secondo i classici criteri istologici. Ci6 indipendentemente dal fatto che spesso io stesso tumore possa venire interpretato diversamente dal punto di vista morfologico. Gli AA. hanno cosi ritenuto opportuno riconsiderate il problema alla luce della moderna suddivisione delle ceUule linfatiche in T- e Blinfociti. Poich6 una quantit~ decisamente maggiore di immunoglobuline ~ presente a livello delle cellule B rispetto alle T, ~ stato studiato il contenuto di immunoglobuline di diversi tumori linfatici, in modo tale da poter caratterizzare pifl precisamente i vari oncotipi e poter cosi stabilire criteri pica obiettivi di classificazione delle neoplasie linfatiche. Ventotto linfomi maligni appartenenti ai vari oncotipi convenzionali e 3 mielomi sono staff paragonati, per quanto concerne il loro contenuto in Ig, a 25 linfonodi normali. La valutazione del livello di Ig ~ stata effettuata su omogenati di tessuto provenienti da materiale bioptico. Sulla base dei risuhati ottenuti gli AA. ritengono che: a) i linfomi contenenti elevati livelli di Ig sono a derivazione dai B-linfociti; b) fra i linfomi a derivazione dai B-linfociti i pica frequenti sono quelli producenti IgM; c) i linfomi in grado di produrre immunoglobuline sono spesso non secernenti. Questa ~ la ragione per cui 148
la valutazione dei livelli sierici di immunoglobuline non ~ da sola in grado di definire il tipo di linfoma; d) la macroglobulinemia di Waldenstr6m sembra essere la variante secernente dei linfomi producenti IgM; e) il fatto che molto spesso i reticolosarcomi producano IgM sembra suggerire che questi tumori non siano di origine reticolare ma linfatici. Sulla base di questi daft gli AA. ritengono che si debba procedere ad una nuova classificaziohe, su base funzionale, dei tumori linforetico]ari. C. D. B.
Il gene per l'anernia di Fanconi predispone al diabete mellito. Diabetes Mellitus and the Gene for Fanconi's Anemia. SWIFT M., SHOLMANL., GILMOUR D. Science 178, 308, 1972 Lo studio del1'incidenza familiare del diabete suggerisce, per numerosi casi clinici, la possibilitA di una ereditarietA di tipo muhifattoriale. Analogamente, numerose sindromi genetiche soprattutto a tipo erecUtario recessivo autosomico ad un singolo gene sono spesso associate con diminuita tolleranza al glucosio ed aumentata incidenza di diabete. E quindi possibile che i geni responsabili per queste sindromi autosomiche recessive siano anche predisponenti al diabete in individui eterozigoti e siano quindi identici con alcuni dei poligeni che partecipano all'ereditariet~ multifattoriale del diabete. Se cost, per ognuna di queste sindromi i parenti dei probandi omozigoti potrebbero avere un'aumentata incidenza di diabete, poich4 alcuni di essi sono probabilmente eterozigoti per il gene in causa. Partendo da questi presupposti, gli AA. di questo lavoro dimostrano l'effettiva esistenza di una aumentata incidenza di diabete mellito nei parenti di 8 soggetti omozigoti per la tara sindrome anemica recessiva di Fanconi. Poich4 ~ molto probabile che i familiari in questione siano eterozigoti per il gene dell'anemia di Fanconi, questo gene sarebbe quindi singolarmente responsabile della loro predisposizione al diabete mellito. C.D.B
Valori di IgG3 in pazienti con glomerulonefrite cronica membranoproli/erativa. IgG3 Levels in Patients with Ghronic Membranoproliferative Glomerulonephritis. THOMPSON R. A. Brit. med. J. 1,282, 1972 In pazienti affetti da malattie renali croniche, specie se associate a diminuzione dell'attivit~ complementare, ~ stato segnalato aumento di una sottoclasse delle IgG, la IgG3.
L'A. ha esteso la ricerca ad un'ampia casistica di nefropatie (glomerulonefriti croniche membranoproliferative con complemento sierico diminuito o nei limifi della norma, lupus eritematoso sistemico, nefropatie croniche), valutando con il metodo della immunodiffusione radiale le IgG totali e la sottoclasse IgG3. Nei casi di glomerulonefrite cronica ipocomplementemica membranoproliferativa ~ stata confermata la diminuzione delle IgG e l'aumento della sottoclasse IgG3. Nelle forme non associate ad ipocomplementemia non si osserva aumento delle IgG3. Anche nelle altre nefropatie studiate non ~ stato osservato aumento della sottoclasse IgG3. L.S.
L'eliminazione delle immunoglobuline nelle urine di soggetti sani, con particolare riferimento alle IgE. Studies on the Levels of Immunoglobulins in Normal Human Urine with Particular Reference to IgE. TURNER M. W., JOHANSSONS. G. O., BARRATT T. M., BENNICHH. Int. Arch. Allergy 37, 409, 1970 1~ noto dalla letteratura c h e l a quasi totalit~ delIe proteine urinarie ha un peso molecolare inferiore a 200.000. Partendo da queste osservazioni, gli AA. hanno studiato in soggetti sani l'eliminazione urinaria delle immunoglobuline IgG, IgA, IgM, IgD, IgE e di albumina, cio~ di proteine a peso molecolare variabile da 69.000, 160.000, 200.000 a 1.000.000. Le varie frazioni proteiche, oltre che nelle urine, sono state determinate anche nel siero per poter valutare le varie clearances. Albumina, IgG, IgA, IgM e IgD sono state dosate con il metodo della immunodiffusione radiale, le IgE con una metodica radioimmunologica. Nelle urine di soggetti sani, concentrate per liofilizzazione, sono state riscontrate IgG, IgA (con prevalenza della forma escretoria) e IgE. Non sono state riscontrate IgD e IgM. L'eliminazione giornaliera trovata era la seguente: 19,5 mg per l'albumina, 5,3 mg per le IgG, 0,87 mg per le IgA e 0,014 mg per le IgE. I valori di clearance in ml/min erano i seguenti: 0,000142 per l'albumina, 0,000440 per le IgG, 0,000397 per le IgA e 0,006997 per le IgE. La clearance delle IgE ~ risultata nettamente superiore a quella dell'albumina, per cui considerando che la clearance glomerulare di una immunoglobulina non pub superare quella di una proteina a pih piccolo peso molecolare come l'albumina e che il riassorbimento tubulate non ~ selettivo per le medie e grosse molecole proteiche, gli AA. ritengono vi sia una produzione locale renale. Una sintesi a livello renale viene supposta anche per le IgG e per le IgA, le cui clearances sono superiori a quella dell'albumina. L.S.
I linfociti timo-derivati non sono necessari per la reazione di citotossicita mediata dalle cellule. Antibody-Dependent Lymphoid Cell-Mediated Cytotoxicity: no Requirement for Thymus-Derived Lymphocytes. VAN BOXEL J. A., STOBO J. D., Paul, W. E., GREEN J. Science 175, 194, 1972 La reazione di citotossicitfi mediata dalle cellule linfatiche viene considerata come un modello per lo studio delle reazioni immunitarie agli allotrapianti ed ai tumori. Nel corso di questo lavoro vengono studiate le modalith con cui i linfociti provenienti da topi non sensibilizzati sono in grado di lisare in vitro eritrociti bersaglio che siano ricoperti di anticorpi. E risultato che questa reazione non richiede la presenza di linfociti timo-derivati o timodipendenti. Per questa ragione cellule spleniche di topi timo-depressi e popolazioni cellulari spleniche, dalle quali i linfociti timoderivati sono staff rimossi, sono in grado di lisare cellule bersaglio ricoperte di anticorpi. I1 fatto che il pretrattamento di queste popolazioni cellulari spleniche con anticorpi anti-catene K determini una sensibile diminuzione della loro capacitfi lisante citotossica suggerisce che le cellule midollo-derivate prendano parte attiva e specifica a questa reazione immunitaria. C. D. B.
Elettro/oresi delle lipoproteine su acetato di cellulosa geIatinizzalo. Lipoprotein Electrophoresis on Gelatinized Cellulose Acetate. VAN KAMPENE. J., VAN DER PLOEG P. H. W. Clin. chim. Acta 40, 485, 1972 Viene descritta dettagUatamente una tecnica di colorazione delle lipoproteine su acetato di cellulosa gelatinizzato. Dopo l'elettroforesi, le strisce vengono fissate in soluzione di acido picrico all'1%, in acido acetico al 5 %. Esse vengono quindi deacetilate mediante immersione per 60 sec in KOH al 33 % dopo averle stese su uno speciale supporto che permette di maneggiarle evitandone disfacimenti e raggrinzimenti. Dopo lavaggio in acqua si colora con una soluzione contenente sia nero Sudan che Ciba 7B fat red. Con tale tipo di colorante misto si avrebbe trascurabile colorazione del fondo. Nel normale, le frazioni si suddividono in pre-~z, % pre-~, e chilomicroni. I risultafi ottenuti permettono una identificazione secondo la classificazione di Fredrickson. G.C. 149
Isolamento e natura di sostanze gastrosecretagoghe nella sindrome di Zollinger-Ellison e hell'anemia perniciosa. Isolation and Nature of Urinary Gastrosecretagogue Substances in Zollinger-Ellison Syndrome and in Pernicious Anaemia. VATIER J., NEUBURGERPH., DUBRASQUETM., BONFILS S. Olin. chim. Acta 40, 391, 1972 La determinazione con metodo radioimmunologico della gastrina nel sangue ~ apparsa un mezzo opportuno per rivelare una situazione di ipersecrezione di tale enzima collegabile alia presenza di un tumore nella sindrome di Zollinger-Ellison o ad una parziale atrofia della mucosa gastrica helle gastriti atrofiche collegate o meno ad un'anemia pemiciosa o a situazioni precancerose. Tale determinazione ~ stata usata anche come screening di queste ultime (VEzZAmNI: In: II Congresso Nazionale di Biochimica Clinica. Padova, maggio 1972). Gli AA. hanno preso qui in esame l'escrezione di sostanze secretagoghe nelle urine di un paziente con sindrome di Zollinger-Ellison e in 16 pazienti con anemia perniciosa. I peptidi sono staff precipitati per salatura, sono staff poi isolati mediante cromatografia su Sephadex e su aminoacetilcellulosa. Di ciascuna delle frazioni biologicamente attive isolate sono staff determinati il peso molecolare e la composizione elementare in aminoacidi. In nessun caso stata isolata gastrina integra. Nei casi di anemia perniciosa sono staff isolati due peptidi biologicamente attivi, tra loro molto simili, che contenevano entrambi gli aminoacidi costituenti il tetrapeptide C terminale, attivo biologicamente e immunologicamente, delia gastrina. Nella sindrome di Zollinger-Ellison sono staff pure isolati due peptidi di cui uno con le caratteristiche dei due sopra descritti; l'altro invece ha mostrato caratteristiche diverse sia dal punto di vista biologico (azione pih rapida, ma meno intensa) che della composizione in aminoacidi. Questa sostanza sembra specifica della sindrome di Zollinger-Ellison; essa potrebbe essere secreta specificamente dalle cellule del tumore oppure la sua escrezione, gi~ presente nel normale, potrebbe venire esaltata dalla presenza del tumore. G.C.
Livelli sierici di al/a-/etoproteina in pazienti a//etti da atassia teleangiectasica. Serum-Alpha-Fetoprotein Levels in Patients with Ataxia-Telangiectasia. WALDMANNT. A., MclNTIRE K. R. Lancet 2, 1112, 1972 L'atassia teleangiectasica (A.T.) ~ una sindrome caratterizzata da atassia cerebellare, da teleangiectasie oculo-cutanee e da infezioni ricorrenti multiple. Queste ultime sono causate dalla pre150
senza in questi pazienti di deficit immunologici dei sistemi umorali e cellulari. Per quanto concerne i deficit dell'immunit~ umorale nel siero dei soggetti affetti da A.T., sono spesso assenti sia le IgA che le IgE e, fatto abbastanza peculiare, la IgM ~ sotto forma 8S. I deficit dell'immunit~ cellulare sono denunciati da ridotta risposta cutanea alle reazioni di ipersensibilit~ ritardata, da scarsa trasformazione blastica dei linfociti alla fitoemoagglutinina e da parziale atrofia od a vohe totale assenza del timo. Una detle ipotesi patogenetiche proposte (PETERSON R. D. A. e Coll.: Amer. J. Med. 38, 579, 1965) per spiegare la complessa sintomatologia 8 che in questi soggetti, durante 1o sviluppo embrionale, sia mancata una normale interreazione tra la linea cellulare mesodermica e quella entodermica, necessaria per una corretta differenziazione tissutale. Conseguenza di questo difetto embrionale sarebbe il mancato sviluppo e la successiva differenziazione del tessuto linfatico e di altri organi di derivazione entodermica. Se l'ipotesi di una completa differenziazione tissutale ~ corretta, sembra logico attendersi la presenza in circolo di proteine cosiddette ~ fetali ~. Gli AA. banno infatti studiato la concentrazione sierica di ~-fetuina nel siero di 20 pazienti affetti da A.T. Per controllo essi hanno usato siero di ahri pazienti affetti da altri deficit immunologici sia della componente umorale che di quella cellulare. In tutti i sieri dei 20 pazienti affetti da A.T. la concentrazione della ~z-fetuina h risuhata notevolmente elevata (da 44 a 2.800 ng/ml). La concentrazione di ~z-fetuina ~ risultata invece inferiore a 20 ng/ ml nel siero di pazienti con altri deficit immunologici, nel siero dei genitori di bambini affetti da A.T. e nel siero di bambini normali (eth inferiore ai 10 anni). L'interpretazione degli AA. ~ che l'aumento della a-fetuina nei soggetti affetfi da A.T. sia da ricondurre al difetto primario della sindrome, cio~ ad una incompleta differenziazione tissutale. Anche il fegato, come il timo ed altri tessuti linfatici, si differenzia normalmente in seguito ad una corretta interreazione tra tessuti embrionali di derivazione ectodermica e mesodermica. La presenza di a-fetuina suggerirebbe che le cellule epatiche di questi pazienti non siano completamente differenziate e che in molti nuclei di epatociti siano ancora attivi geni normalmente silenti nella vita posmatale. Se i risultati saranno confermati, sembra logico ricercare nel siero dei pazienti ahri antigeni fetali e dimostrare se l'incompleta differenziazione interessa anche altri organi e sistemi. A.C.
L'intervento del rene nel rnetaboIismo delle molecole proteiche a piccolo peso molecoIare. II. Modi/icazioni del catabolismo delIe proteine del siero in pazienti con tubulopatie, glomerulopatie e insufficienza renale.
The Renal Handling of Low Molecular Weight Proteins. II. Disorders of Serum Protein Catabolism in Patients with Tubular Proteinuria, the Nephrotic Syndrome, or Uremia. WALDMANNT. A., STROBERW., MOGIELNICKI R.P. ]. din. Invest. 51, 2162, 1972
nanti erano quelle di peso molecolare variante tra 60 e 200.000, mentre scarsissime erano le proteine con peso molecolare inferiore a 45.000; l'albumina rappresentava il 73-86 % delle proteine totali, l'escrezione d[ lisozima era nella norma e quella deUe catene leggere solo lievemente aumentata. Nell'uremia, la proteinuria era caratterizzata da un aspetto misto, glomerulare e tubulare; tuttavia, questi pazienti si distinguevano da quelli affetti da glomerulopatie e tubulopatie per la presenza di elevati livelli sierici di proteine a piccolo peso molecolare come il lisozima (tab. 1). La barriera glomerulare permette il passaggio di molecole inerti (polivinilpirrolidone, destrani) con peso molecolare di 7.000, mentre per quelle di peso molecolare superiore la possibilit~ di arrivare nel lume tubulare diminuisce con I'aumentare deI peso molecoIare. Quando esiste una lesione glomerulare aumenta la permeabiIit~t alle grosse molecole (p.m. 5% 160.000) mentre la permeabilit~t alle piccole molecole non aumenta. Quando invece di molecole inerti si utilizzano Ie proteine per Io studio della permeabilitA glomerulare ~ necessario considerare, oltre alle condizioni anatomofianzionali d d glomerulo, anche la interferenza del tubulo, n tubulo infatti interviene riassorbendo e catabolizzando diverse proteine a piccolo peso molecolare come catene leggere, ~vmicroglobulina, ribonucleasi, lisozima. Non esistono elementi a favore di un passaggio di proteine integre attraverso la cellula tubulare. I1 presente studio conferma l'importanza del rene nel catabolismo proteico: le piccole molecole proteiche, come le catene leggere, attraversano il glomerulo e raggiungono il tubulo, ove sono catabolizzate (il 90 % del catabolismo delle catene L awiene nel rene). Le molecole pi~ grosse, come le IgG, non attraversano il glomerulo e quindi non sono catabolizzate dal rene, almeno in condizioni normali. Nelle tubulopatie vengono eliminate con le urine mohe piccole molecole provenienti dal plasma che, dopo aver attraversato la barriera glomerulare, non sono catabolizzate dal tubulo, essendo questo funzionalmente leso. Nelle glomerulopatie (sindrome nefrosica), mohe promine di peso molecolare intermedio (albumina e IgG) attraversano il glomerulo ahamente permeabile e vengono eliminate con le urine. Per le IgG ~ stato osservato lieve incremento del catabolismo, probabilmente dovuto a catabolismo renale di molecole filtrate. A1 contrario,
Negl[ uhimi anni ~ stato dimostrato che esistono due principali forme di proteinuria: glomerulare e tubulare. La proteinuria glomerulare, che si osserva helle malattie con prevalenti lesioni del glomerulo, ~ in gran parte costituita da proteine di media grandezza molecolare (albumina, transferrina e, in minor quantitA, IgG). La proteinuria tubulare, che si osserva nelle malattie caratterizzate da prevalente interessamento del tubulo, h quantitativamente modesta ed h caratterizzata dalla presenza prevalente di proteine a piccolo peso molecolare. Nel presente lavoro h stato studiato il ruolo d d rene nel metabolismo di proteine a piccolo peso molecolare (dimeri delle catene leggere: p.m. 44.000) e di peso molecolare intermedio (IgG: p.m. 160.000) in gruppi di pazienti affetti da tubulopatie, sindrome nefrosica, uremia. Nei pazienti affetti da tubulopatie (sindrome di Fanconi, cistinosi) la proteinuria era modesta (170-820 rag~24 h) e l'elettroforesi su gel di acrilamide mostrava scarsa albumina, mentre erano prevalenti bande proteiche in regione rz e pre-~; l'elettroforesi su gel di poliacrilamide in presenza di SDS (sostanza the attenua le differenze di carica elettrica fra le proteine, in modo che la migrazione sia in rapporto prevalente con il peso molecolare) mostrava bande proteiche a velocitfi maggiore delI'albumina, formate da proteine a piccolo peso molecolare (da 12 a 45.000); modesta 6 risuhata l'eliminazione dell'albumina (117 mg/24 h, pari al 25 % della proteinuria totale) e delle IgG (i8 rag/24 h, pari al 4 % delia proteinuria totale). Elevata invece l'escrezione urinaria di lisozima (50,2 _~ 31 mg/24 h; nei soggetti normall 0,6 • 0,4 mg/24 h) e della forma dimera delle catene leggere (44,2 + 23 mg/24 h; nei soggetti normali 2,3 -+ 1,1 rag/24 h). Nei pazienti affetti da lesioni glomerulari (sindrome nefrosica), Ia proteinuria era molto pih elevata (4-18 g/24 h) e ali'elettroforesi su gel di acriIamide era prevalentemente composta da albumina e da transferrina. All'elettroforesi su gel di poliacrilamide-SDS, le proteine predomi-
soggetti normali lisozima n d siero (y/ml)
6,5 ! 2
I
tubulopatie
glomerulopatie
uremia
8,3 + 2
7,2 + 2
71,8 • 25
Tabella 1. 151
grosse molecole come le IgM non attraversano la barriera glomerulare ed il loro livello ematico rirnane norrnale. I1 metabolismo delle piccole molecole come le catene leggere h normale o dirninuito. Queste osservazioni concordano con altre che invece delle molecole proteiche utilizzano rnolecole inerti sornrninistrate per via venosa (aurnento della clearance di polivinilpirrolidone a p.m. 50-200.000 e norrnale o diminuita clearance del polivinilpirrolidone a peso molecolare inferiore a 40.000). Esiste quindi un selective handling delle piccole rnolecole protei-
152
che, poich6 nelle forti proteinurie il 90 % del catabolismo delle catene leggere avviene nel rene, rnentre per le IgG solo una piccola parte della quota catabolizzata ~ dovuta al rene. Nell'urernia aumenta il livello sierico delle catene L e deI lisozima, rnentre le quote di sintesi sono normali per diminuzione del catabolisrno frazionale dovuto a deficit funzionale delle cellule tubulari. I n queste condizioni le piccole rnolecole, come le catene leggere ed il lisozirna, sono filtrate in minor quantith e non sono esposte al catabolisrno tubulare. hiS.