Zona di accumuIo del pertecnetato di sodio ( T d ~') in un particolare tipo di tumore cerebrale (neuroma acustico). The Site of Accumulation of Tc "m Pertechnetate in a Human Brain Tumor (Acoustic Neuroma). BAUM S., ROTHBALLERA. B. Amer. J. Roentgenol. 4, 781, 1972 Gli AA., adottando il metodo autoradiografico, sono riusciti ad individuare i siti di accumulo de1 pertecnetato di sodio nelle cellule del neuroma acusfico in 6 pazienti sottoposti ad indagine scintigrafica convenzionale. L'autoradiografia ha dimostrato che l'accumulo del radionuclide ha luogo quasi esclusivamente nelle cellule tumorali e che il massimo accumulo coincide in pratica con il nucleo cellulare. I risultati presentati indicano in definitiva che il neuroma acustico viene visualizzato scintigraficamente per la presenza di accumulo di tracciante nelle cellule tumorali. Non 6 escluso che tale metabolismo sia proprio anche di altri tumori cerebrali. B.B.
Complicazioni del trattarnento con radioiodio nell'ipertiroidismo. BECKERD. V., HURLEY J. R. Aggiornarnenti in Medicina Nucleare 2, 241, 1972 Queste complicazioni si possono distinguere in precoci e tardive. Le complicazioni precoci comprendono la tiroidite da radiazioni, l'aggravamento dell'ipertiroidismo, la comparsa di crisi tireotossiche; le complicazioni tardive sono rappresentate sostanzialmente dall'ipotiroidismo, sebbene nel loro ambito vada discussa l'eventualitA di anomalie del metabolismo del calcio, di una leucemia e di un cancro della tiroide. A parte devono essere considerati gli eventuali danni genefici, in quanto i loro ef-
fetti potranno manifestarsi nei discendenti dei pazienti trattati con radioiodio. La tiroidite da radiazioni 6 la pih precoce delle complicazioni perch~ compare da 1 a 3 giorni dopo la somministrazione della dose; si afferma che 6 rara, ma h difficile valutarne la reale incidenza perch4 non dA dolore. Essa si manifesta con tumefazione, diminuzione di consistenza ed aumento di fissitA della ghiandola; nel caso si verifichi compressione tracheale (come in qualche paziente portatore di gozzo voluminoso) si useranno steroidi a forti dosi. L'aggravamento dell'ipertiroidismo pu6 compatire da 4 a 10 giorni dopo la somministrazione di 131I; di solito 6 di modico grado ma in qualche caso si ~ giunti al decesso per la concomitanza di una grave cardiopatia. La pih alta percentuale di aggravamenti viene segnalata in Scandinavia e nelle regioni occidentali degli Staff Unifi e sembra essere in rapporto con la pih alta incidenza, in queste zone, di gozzi nodulari (in essi si ha accumulo esagerato del radioiodio in certe aree della ghiandola, con rottura dei follicoli e liberazione in circolo di ormoni tiroidei attivi; inoltre i pazienti portatori di gozzo nodulare sono in media pih vecchi e presentano maggior numero di affezioni collaterali). Le crisi tireotossiche sono caratterizzate da febbre, tachicardia e compromissione del sistema nervoso centrale. Sono descritte raramente quale complicanza di una terapia con 131I e nella maggior parte dei casi non esistono prove convincenti di un rapporto di causa ed effetto fra i due eventi. La prevenzione di queste complicazioni precoci si basa su una accurata valutazione clinica dei pazienti da sottoporre al trattamento (particolare attenzione meritano le persone anziane, i gravi cardiopatici, i portatori di gozzi molto voluminosi o di ipertiroidismi molto spiccati); inoltre, ogni volta possibile, sara bene somministrare farmaci antitiroidei fino a pochi giorni prima del trattamento con radioiodio (per eliminare l'ormone accumulato nella tiroide), riprendendo la Ioro somministrazione o iniziando quella di iodio 3-5 giorni dopo.
201
Per quanto riguarda le complicazioni tardive, l'ipotiroidismo h di esse la principale, la pifi frequente e certamente la meglio conosduta; tuttavia esistono notevoli discrepanze, in letteratura, circa la sua frequenza. I1 motivo principale di queste discordanze h da ricercare neIla difficolt~ di compiere analisi retrospettive delle casistiche cHniche con un coefficiente attendibile di comparabilita, date le diverse modalit~ con cui risuha eseguita la terapia col radioisotopo e con cui sono stati elaborati i dati statistici. Per esempio, in molte pubblicazioni (anche recenti) non si fa distinzione tra i casi con gozzo tossico diffuso (morbo di Graves) e quelli con gozzo tossico nodulare (morbo di Plummet); neIl'analisi dei risultati non viene considerata la somministrazione di farmaci antitiroidei; il dosaggio del radioiodio put) essere stato valutato come <~millicuries somministrati >>o come <>(somministrati o liberati) o come rads liberati neIIa tiroide. A complicare le cose a proposito del dosaggio, si aggiungano le differenti modalith impiegate per calcolare ii volume della ghiandola e la distribuzione in essa dell'isotopo; per i casi trattati nei primi anni, inoltre, si ricordino anche le grosse differenze helle unit?i di misura fondamentali della radioattivit~; fino a meffi del 1949, infatti, il New York millicurie era quasi una voha-una volta e mezzo pifi grande dell'Oak Ridge millicurie. Una delle principali fonti di incertezza ~ comunque costituita dalla variabilit~ dei criteri per la diagnosi di ipotiroidismo; alcuni AA., per esempio, danno particolare importanza ai metodi di laboratorio e, fra essi, al PBI; per6 si 6 visto che il valore di PBI pu6 essere basso anche in pazienti clinicamente eutiroidei poich6, nei soggetti trattati con radioiodio, ai bassi livelli sierici di tiroxina si assocerebbero concentrazioni normali o elevate di triiodotironina. Infine, alcuni AA. registrano un'incidenza di ipotiroidismo minore di quella notata da altri AA., semplicemente perch~ includono nella casistica pazienti i quali non sono stati seguiti sufficientemente a lungo (in seguito a morte o per altre cause). Una cosa comunque ~ certa, e cio~ c h e l a percentuale di ipotiroidei aumenta progressivamente, man mano che passano gli anni, dal momento della somministrazione della dose di radioiodio; valgano per tutti i dati raccolti al Massachusetts General Hospital: nel 1955, dopo 10 anni di esperienza terapeutica, su 520 pazienti trattati con radioiodio solo 1'8 % presentava segni di mixedema, mentre nel 1964 un riesame della casistica dimostr6 una percentuale di ipotiroidei pari al 43 %; si osserv6 inoltre che c'era un incremento annuo fisso intorno al 2 % e che non si notava nessuna diminuzione della percentuale di comparsa dopo 15 anni di controllo. Girl da molti anni sono in corso tentativi di aggiustamento della dose di radioiodio al fine di diminuire l'incidenza di ipotiroidismo se202
condario, con risultati variabili; si ~ lavorato molto per cercare di valutare pifi esattamente il peso della ghiandola (e quindi la dose di isotopo/grammo di tessuto), ma si 6 visto che per una buona correlazione col peso reale 6 gia sufficiente la palpazione da parte di clinici esperti e d'altronde non h tanto la massa anatomica che ha importanza quanto la massa funzionale della tiroide e l'emivita biologica del radioiodio in essa distribuito. Sembra assodato c h e l a percentuale di comparsa dell'ipotiroidismo precoce sia in rapporto alla quantitfi di radioattivit~/grammo di tessuto; questo h quanto conclude il rapporto preliminare del Cooperative Thyrotoxicosis Follow-Up Study dopo aver raccolto i dati su 10.000 pazienti trattati in 22 Centri e non sottoposti in precedenza a terapia chirurgica o con farmaci antitiroidei. Infatti, nei primi 2 anni dopo la terapia, Hncidenza di ipotiroidismo aumentava rapidamente, qualunque fosse la dose somministrata; nell'arco dei primi 5 anni la probabilit~ di sviluppare ipotiroidismo era dello 0,22 % nei pazienti che avevano ricevuto meno di 50 l~Ci/g e dello 0,55 % in coloro che avevano ricevuto pih di 175 !~Ci/g; dopo 10 anni i primi avevano lo 0,30 % di probabilitA di diventare ipotiroidei. Sembra ahrettanto veto che la terapia con bassi dosaggi di radioiodio comporti di solito un ritardo nel controllo dell'ipertiroidismo, con significativo aumento della durata totale della malattia. Riassumendo, i bassi dosaggi di radioiodio non sembrano tanto ridurre significativamente Fincidenza globale di ipotiroidismo secondario quanto ritardarne la comparsa; questo pub anche comportare una maggiore difficolt~ nella diagnosi di sopravvenuta ipofunzione, con spiacevoli conseguenze per il paziente. Si tratta di evenienza non tara poich6 interessa I ' l l % dei soggetti presi in considerazione in una indagine de1 1968. In conclusione, siamo ancora lontani dallo schema ottimale per il trattamento dell'ipertiroidismo con radioiodio, per Io meno per quanto concerne la limitazione della principale complicanza, cioh delHpotiroidismo tardivo; h per questo che si ten& a suggerire uno schema semplice, basato sulla somministrazione di una dose elevata (e quindi sicuramente e rapidamente curativa) di radioiodio, seguita da una terapia sostitutiva con tiroide da continuare per il resto della vita. Put con le riserve riferite, il radioiodio resta ancora la terapia di scelta per la cura delHpertiroidismo nell'adulto, in quanto semplice, rapida, efficace ed economica; il trattamento con farmaci antitiroidei, infatti, conduce raramente ali'ipotiroidismo ma riporta alia norma la funzionalit~ tiroidea in meno della met~ dei casi; la tiroidectomia provoca d'altro canto una maggiore frequenza di complicazioni precoci e d~t un'incidenza di ipotiroidismo secondario che 6 solo leggermente inferiore a quella da iodio radioattivo. Per quanto riguarda le anornalie deI metabo-
lismo del calcio, esse possono consistere in ipoparatiroidismo, che peraltro ~ rarissimo e, probabilmente, in alterazioni dovute all'improvvisa liberazione di forti quantit~ di calcitonina; tuttavia non sembrano esistere finora prove convincenti che le eventuali alterazioni del metabolismo del calcio osservabili dopo terapia con radioiodio siano in diretto rapporto con essa. Indagini sono da tempo compiute per verificare se nei pazienti curati con radioiodio si abbia aumento di frequenza della leucemia; noto, in proposito, che forti dosi di radiazioni determinano un aumento dei casi di questa malattia con un picco dopo circa 6 anni dall'esposizione. Extrapolando questi dati per le dosi radianti erogate grosso modo con la terapia con radioiodio nell'ipertiroidismo, ci si dovrebbe aspettare l'incremento di 1 caso di leucemia ogni 80.000 pazienti trattati o di 1 caso ogni 4.000 dopo 20 anni di trattamento. Dalle indagini finora compiute non sembra che questo si verifichi. POCHIN, su 59.200 pazienti, trovb 18 casi di leucemia invece dei 12-28 che si potevano prevedere; il gi~ menzionato Cooperative Thyrotoxicosis Follow-Up Study ha paragonato 22.000 pazienti curati con 13~I e 14.000 trattati chirurgicamente senza poter dimostrare alcuna differenza ne11'incidenza di leucemia (anche se si ~ casualmente riscontrato, in quell'occasione, c h e l a mortalitA per leucemia in ambedue i gruppi considerati era del 50 % maggiore di quella della restante popolazione degli Stati Uniti). Queste condusioni si allineano del resto con la constatazione che, fino ad oggi, non ~ stato possibile documentare un ben definito incremento dell'incidenza di leucemia per dosi di irradiazione corporea totale inferiori a 50-100 fads. Per quanto riguarda ii cancro deIEa tiroide, la sua frequenza non ~ apparsa aumentata in un confronto tra 22.000 pazienti trattati con *~*I e 11.000 curati chirurgicamente, eseguito dal
Cooperative Thyrotoxicosis Follow-Up Study; bisogna perb osservare che la maggior parte dei soggetti considerati in questo studio doveva avere pih di 40 anni al momento della somministrazione del radioisotopo e che iI periodo medio di controllo ~ stato di 10 anni, mentre noto, da un Iato, che i'intervallo di latenza per il cancro della tiroide indotto da radiazioni pub arrivare fino a 20 anni e, dall'altro, chela tiroide di soggetti giovani (bambini e adolescenti) sembra essere pih sensibile alle radiazioni e quindi pi~ suscettibile di andare incontro a trasformazioni maligne. Questo si spiegherebbe col fatto che le cellule tiroidee danneggiate dalle radiazioni sarebbero stimolate a proliferate durante i periodi di rapida crescita; questa interpretazione sembra armonizzarsi col fatto che l'incidenza di cancro della tiroide da radiazioni diminuisce quando le dosi radianti sono elevate. In base a quanto detto, considerando che oggi la maggior parte dei pazienti sono trattati con radioiodio in ancor giovane eta, e quindi sono sottoposti a rischio per un maggior periodo di tempo, ~ forse troppo pre-
sto per valutare la reale incidenza del. cancro della tiroide quale complicanza tardiva. Per quanto riguarda infine eventuali effetti genetici, mancano elementi concreti di giudizio; noto che in pazienti trattati con mI si possono rilevare persistenti anomalie cromosomiche nei linfociti periferici coltivati in vitro, ma esse si riscontrano anche in individui sottoposti ad accertamenti radiodiagnostici; il significato di queste anomalie ed i 1oro rapporti con le cellule germinali sono sconosciuti. Cib che si pub dire h chela dose gonadica a livello della popolazione generale per il trattamento con radioiodio di un piccolo numero di pazienti ipertiroidei (M~ANS e Coll. hanno calcolato l'incidenza dell'ipertiroidismo pari allo 0,02 % aIl'anno ed all'l,4 % per un periodo equivalente alla vita media; non tutti i pazienti sono in fase di riproduzione durante il trattamento; non tutti, infine, vengono trattati con il radioiodio) ~ piccola (circa 4 millirads per anno) se paragonata con quella derivante dal fondo naturale (ca. 100 millirads per anno) e con qudla provocata dalle procedure diagnostiche radiologiehe (circa 55 millirads per anno, negli Stati Uniti, nel 1964). G.G.
Pozassio corporeo totale e scambiabile in pazienti af/etti da insu//icienza renale cronica. Exchangeable and Total Body Potassium in Patients with Chronic Renal Failure. BODDY K., KING P. C., LINDSAY R. M. Brit. med. J. 1,140, 1972
Gli AA. riferiscono i risultati ottenuti dalla valutazione del potassio corporeo totale e scambiabile in un gruppo di 12 pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Gli AA. si sono avvals~ per la determinazione di un contatore corporeo totale e di K 43. I valori del potassio scambiabile sono stati calcolati dopo periodi di equilibrio pari a 24, 48 e 64 h. I1 potassio scambiabile, espresso come percentuale del potassio corporeo totale (media • errore standard), assumeva i seguenti valori: 60,7 =t= 3,3 95; 83,6 4- 2,7 %; 85,9 -+ 2,7 95 rispettivamente dopo 24, 48 e 64 h di equilibrio. L'equilibrio tra potassio radioattivo e potassio corporeo non viene raggiunto alla 24" h, quind i i l valore del potassio scambiabile misurato dop0 tale periodo di tempo non ~ un parametro accurato per la valutazione del metabolismo corporeo dello lone in pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Gli AA. concludono che nel loro gruppo di pazienti il valore del potassio scambiabile determinato alla 64' h ~ inferiore a quello caratteristico dei soggetti normali, per cui ipotizzano che nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica il potassio scambiabile rappresenti una piccola frazione (inferiore alla norma) del potassio corporeo totale. B.B. 203
Biosintesi della seleniometionina-Se" per uso scintigrafico. Biosynth~se de s616nom6thionine35Se pour usage scintigraphique. CONTI L., I-I~GI~SIPPEM., D~ SAINT-SAUVER S. Int. J. appI. Radiat. 23, 415, 1972 L'isolamento dei prodotti del metabolismo deI selenio ~ molto complesso a causa della sensibilifft a numerosi reattivi e del comportamento molto simile a quello dei composti analoghi delio zolfo. Questa analogia di comportamento all'origine dell'utilizzazione della 1-seleniometionina-Se" per la visuaiizzazione scintigrafica del pancreas. WHEELER dimostr6 per primo l'affinitg del pancreas per gli aminoacidi necessari all'elaborazione degli enzimi contenuti nel succo pancreatico. BLAU ebbe i'idea di preparare ed utilizzare una molecola analoga alia metionina, la seleniometionina, sostituendo lo zolfo con il selenio 75 emettitore gamma. Questo tracciante non pu6 considerarsi ideale per la visualizzazione del pancreas a causa del suo marcato tropismo nei confronti deI legato, organo molto prossimo al pancreas stesso; tuttavia esso fornisce immagini seintigrafiche interpretabili. BLAU utilizz6 la biosintesi come metodo di preparazione del composto radioattivo; cottiv6 un lievito (Saccharomyces cerevisiae) in presenza di selenito radioattivo ed isol6, per mezzo della cromatografia, una frazione contenente seleniometionina marcata. Gli AA. hanno adottato la tecnica di BLAU gi~ suggerita da WILLIAMS e DAWSON per la biosintesi della metionina-S*s introducendo opportune modifiche. Infatti ~ stato osservato che il rendimento della preparazione non ~ costante e non ~ possibile valutare contemporaneamente tutti i fattori che lo condizionano; tuttavia le modifiche introdotte dagli AA., riguardanti ['idrolisi e la separazione, hanno condotto a rendimenti dell'ordine del 20-30 o%. Per soddisfare alla crescente richiesta di Se7S-seleniometionina, gli AA. hanno reso semiautomatico il loro metodo applicandolo su scala industriale. I1 prodotto finale si ottiene dopo 8 giorni ed radiochimicamente puro ad attivit~t specifiche superiori a 100 mCi/mg. La soluzione finale contiene due aminoacidi inattivi, la leucina e l'isoleucina, che non perturbano il tropismo dei radiofarmaco nei confronti dei pancreas. B.B.
Radioattivitgt plasmatica dopo simultanea somministrazione orale di vitamina BI2 radioattiva libera e legata al [attore intrinseco. Plasma Radioactivity Following Simultaneous Oral Administration of Intrinsic Factor-Bound and Free Radioactive Vitamin B~2. FINLEY R. D., PAYNER. W. Acta haemat. (Basel) 48, 137, 1972 204
L'uso dei tests di assorbimento della vitamina Bn radioattiva ~ largamente diffuso nella diagnostica delle anemie macrocitiche e megaloblastiche. I1 dosaggio della radioattivit~ plasmatica 8 h dopo la somministrazione orale stato pure da tempo proposto come pi~ vantaggioso, sotto vari aspetti, nei confronti det pi~ comune metodo della misura dell'escrezione urinaria (SCHILLING). Gli AA. hanno valutato (in 19 soggetti di controllo ed in 19 pazienti con anemia perniciosa sicuramente accertata per altre vie) l'utilitg di un nuovo duplice test, basato sulla misura della radioattivit~ plasmatica dopo somministrazione orale contemporanea di due differenti forme di vitamina B~2, marcate rispettivamente con 58Co e 57Co, la prima libera e la seconda legata a succo gastrico umano normale. I1 test completo comprende, oltre alle dosi individuali delle due radio-vitamine, anche gli standards relativi ed una dose ~ flushing ~ di 1.000 txg di BI~ non radioattiva per iniezione intramuscolare. I1 metodo dovrebbe avere il vantaggio di riunire in un unico test le informazioni che di solito si ricavano dal doppio test (prima con la vitamina libera e poi con quella ~ legata )~ al fattore intrinseco) basato sull'escrezione urinaria. Ii risultato ~ stato perb deludente: solo 1'80 o% dei risultati ~ apparso <~clinicamente ~ corretto, mentre il 20 o% avrebbe condotto, se considerato isolatamente, ad una diagnosi non corretta. Questo risultato si ottiene gig con iJ solo test di assorbimento della vitamina libera, ma anche considerando il rapporto B~2 libera/ B~2 marcata, la percentuale di risultati corretti non migliora (anche se, in questo caso, i risultati erronei riguardano solo casi patologici classificati come normali). E probabile che invertendo il tipo di isotopo (cio~ usando la ~8C0-B~2 per la forma legata e la ~7C0-B~2per quella libera) i risultati sarebbero pifi concordanti, ma gli AA. considerano tale procedura non adatta per il considerevole aumento della dose di radiazioni, in particolare a livello del fegato, cui il paziente sarebbe sottoposto. In conclusione, essi propongono di mantenere la misura della radioattivit~ plasmatica dopo somministrazione orale di B:2 marcata con 57C0 come prova di scelta, ripetendo poi la prova con la stessa vitamina legata al succo gastrico, quando necessario. A. G . D .
RisuItati a distanza di tempo del trattamemo con iodio radioattivo della tireotossicosi nel bambino e nell'adolescente. Long-Term Results of Treatment of Thyrotoxicosis in Children and Adolescents with Radioactive Iodine. I-IAYEKA., CHAPMANE. M., CRAW'FORDJ. D. New Engl. J. Med. 29, 949, 1970
Gff AA. riferiscono sui risultati ottenuti in 30 pazienti (2 maschi e 28 feminine) trattati con radioiodio nel periodo 1941-1968, i quaff avevano un'et?~ non superiore a 18 anni al toomemo in cui fu iniziata la terapia. Si tratta di una casistica solo apparentemente ristretta, quando si consideri che il radioiodio, put essendosi rivelato superiore ai farmaci antitiroid e i e d almeno altrettanto efficace della chirurgia nell'indurre remissioni permanenti della tb reotossicosi, ~ stato solo raramente impiegato nei casi in et?t pediatrica per due motivi fondamentali: il primo, rappresentato dal timore che possa provocare lo sviluppo di lesioni carcinomatose locali o di una leucemia; il secondo, consistente nel pericolo potenziale di danni genetici. Dei 30 pazienti trattati con radioiodio, 3 avevano un'et~ compresa fra gli 8 e i 10 anni; 15 fra gli 11 e i 15 anni; 12 fra i 16 e i 18 anni. L'isotopo impiegato era il ulI, con l'eccezione di 2 casi (trattati prima del 1948) in cui era stato impiegato 1~I. La somministrazione ~ stata unica in 25 casi su 30; in 4 ~ stata ripetuta dopo 12 mesi, in 1 dopo 18 mesi. La singola close ha oscillato da 2 a 20 mCi, con valore medio di 6,6 mCi e massima dose cumulativa di 32 mCi. Lo schema di terapia ha subRo comunque una evoluzione nel tempo cosi caratterizzata: prima del 1962 si somministravano 160 ~Ci/g di tiroide; successivamente, 80 ~Ci/g; infine, neg'~ ultimi 7 anni, non ~ mai stata data una dose totale superiore a 5 mCi. I1 periodo di osservazione (comprendente un esame clinico completo e l a determinazione della tiroxinemia) b stato in media di 9,2 anni. I risultati ottenuti si possono cost sintetizzare: 22 pazienti erano clinicamente eutiroidei al momento dell'ultimo controllo; 8 (26 %) apparvero invece permanentemente ipotiroidei ed in essi si dovette instaurare una terapia sostitutiva. I1 tempo di latenza fra il momento della terapia con radioiodio e quello della comparsa dell'ipotiroidismo permanente ha oscillato da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 17 mesi. I segni di tireotossicosi scomparvero entro 6 mesi dalla dose iniziale di radioiodio in 28 casi su 30; la somministrazione di iodio stabile iniziata 2 settimane dopo e continuata per 3-6 mesi ha dato l'impressione di accelerare la remissione della sintomatologia e di rendere superflua una seconda dose di 13lI. L'esoftalmo, presente all'inizio in 10 pazienti, era scomparso in 8 e in 2 persisteva a bassi livelli. Data la lunghezza del periodo di osservazione (da 10 a 20 anni nella meter dei casi trattati), si hanno ragguagli anche sull'effetto nella prole. Da 12 femmine trattate sono nati 18 figli, tutti sani; anche uno dei pazienti maschi ~ padre di un bambino normale. Una paziente femmina, invece, la quale venne trattata con una dose totale molto elevata di 13~ (65 mCi) due anni dopo essere stata sottoposta a tiroidectomia parziale, e che attual-
mente ~ eutiroidea, ha avuto 4 gravidanze: dalle prime due sono nati bambini prematuri (peso alla nascita rispettivamente di 1.361 e 2.041 g); il primo, che adesso ha 18 anni, presenta tibroplasia retrolentale e grave ritardo mentale; il secondo ha 17 anni ed 6 apparentemente normale. Dalle ultime due gravidanze sono nati bambini a termine, m a i l pih giovane (che ha adesso 8 anni) presenta un idrocefalo. E utile a questo punto segnalare i risultati dell'indagine, che uno degli AA. ha in corso dal 1968, su 300 bambini di et~ superiore ai 3 anni, nati da genitori trattati con radioiodio (ad eta variabili) al Massachusetts General Hospital; 219 di essi sono gi~t stati controllati e si ~ cost osservato che la frequenza di malformazioni congenite non ~ superiore a quella presente nel resto della popolazione. Infatti, erano normali 18 dei 20 figli nati da padri trattati con radioiodio e 190 dei 199 bambini nati da madri sottoposte ad analoga terapia. Per quanto riguarda pifi propriamente i danni, immediati o a distanza, nei pazienti di et~ inferiore ai 18 anni curati con iodio radioattivo, i dati riferiti ai 177 casi reperibili in letteratura sono i seguenti: nessun evento mortale; nessun caso di leucemia; 2 casi di carcinoma tiroideo (ma in uno dei due non ~ molto probabi!e la correlazione con il radioiodio) e 14 casi di noduli tiroidei benigni. Si tratta di cifre indubbiamente tranquillizzantima, nel considerarle, non si devono dimenticare da un lato le modeste dimensioni della casistica e dall'altro la sensibile divergenza dei dati della letteratura circa gli effetti dell'irradiazione. Per esempio, una gran parte dei bambini di et~ inferiore ai 10 anni che nelle isole Marshall subirono gff effetti di un fall out radioattivo, svilupparono alterazioni della tirolde, consistenti principalmente in gozzo adenomatoso benigno; eppure la dose di irradiazione alla tiroide (da radioiodio e da radiazione gamma esterna) fu calcolata in 700-1.400 rads, circa un quinto cio~ di quella erogata per il trattamento della tireotossicosi. D'altra parte una indagine compiuta su 277 casi di carcinoma tiroideo nel bambino avrebbe messo in evidenza una pregressa irradiazione della parle superiore del torace, del collo o della faccia, nell'80 % dei casi. Per quanto riguarda la trasmissione di un danno genetico nei pazienti trattati con radioiodio per tireotossicosi, essa non ~ stata finora documentata; bisogna perb riconoscere che le ricerche in questo campo sono ancora insufficienti, anche se ~ confortante la conclusione dell'Atomic Bomb Casually Commission secondo la quale, nelle persone esposte ad irradiazione totale corporea molto superiore ai 5-25 rads derivanti dalle dosi terapeutiche di utI, non si ~ potuto dimostrare aumento degli aborti, della mortalit~ infantile o deU'incidenza di malformazioni congenite di rilievo nella prole. Quali sono i risultati ottenuti con il radioiodio se comparati con quelli della terapia medica o chirurgica della tireotossicosi nell'infanzia e 205
nell'adolescenza? I1 ristretto numero di casi fa s~ che anche in questo campo non si possano trarre conclusioni definitive; tuttavia gli AA. segnalano che, nella loro esperienza, la terapia radiante si ~ dimostrata pifi efficace di quella chirurgica (casi trattati con radioiodio -- 30; casi operati = 61; incidenza di ipotiroidismo secondario = 33 % nei casi operati contro il 26 98 in quelli irradiati; 4,9 98 di ricadute negli operati, contro il 3,3 98 negli altri). Riguardo alla terapia medica, essa si dimostra efficace nel 50-70 % dei casi, a seconda degli AA. e, soprattutto, della lunghezza del periodo di osservazione; sembra che essa si accompagni ad un'incidenza particolarmente elevata di complicazioni (fino al 45 98), fra cui spicca la leucopenia (26 % dei casi), seguita da una sindrome collagenopatica lupus-simile. Inoltre la terapia medica non dtt la certezza di aver ottenuto una remissione duratura nemmeno dopo 2 anni di cura. Oltre ad essere prolungato, Io schema di trattamento prevede una rigorosa osservanza, cosa che nella pratica clinica non sempre facile ottenere. In conclusione, gli AA. affermano che il trattamento con radioiodio della tireotossicosi nel bambino appare oggi non solo efficace e di semplice esecuzione ma anche paragonabile, per quanto riguarda le possibilit~ di rischi o complicazioni, alla terapia medica o chirurgica; naturalmente, dato il relativamente piccolo numero di casi trattati, ~ necessario che queste conclusioni siano avvalorate da un accurato e ulteriormente prolungato controllo a distanza di questi casi. Nel frattempo, gli AA. preferiscono evitare la terapia con radioiodio nei bambini molto giovani (et~ inferiore ai 5 anni) o in quelli nei quali le dimensioni del gozzo richiederebbero l'applicazione di dosi particolarmente alte di radioattivit~. G.G.
Seriografia isotopica cerebrale. Brain Seriography by Means of Isotopes. KVICALAV., KREJCIO., ULRYCHOVAJ. Rev. Czech. Med. 17, 183, 1971 Gli AA. hanno preso in considerazione un gruppo di 65 pazienti sottoposti ad esame scintigrafico seriato dopo iniezione endovenosa di Tc 99m pertecnetato variabile da 5 a 10 mCi. Le immagini venivano registrate immediatamente dopo l'iniezione e successivamente dopo un intervallo di tempo variabile da 15 a 30 rain. I1 sistema di registrazione usato (gamma camera di tipo Anger) era dotato di analizzatore multicanale con cui era possibile l'elaborazione sequenziale dei dati registrati. I risultati ottenuti suggeriscono la suddivisione delle lesioni focali endocraniche in diversi gruppi a seconda della presenza di alterazioni della struttura vascolare o della barriera emato-diencefalica. Nei glioblastomi, le immagini
206
precoci presentano aspetto irregolare lobato e meno intenso rispetto alle immagini tardive; helle metastasi e nei meningiomi la fase precoce fornisce immagini pifi intense ed omogenee. Le lesioni vascolari si presentano meno marcate nella fase precoce, al contrario degli aneurismi artero-venosi. In generale, con il sistema proposto dagli AA., si possono valutare alcuni parametri utili per la diagnosi differenziale multipla delle lesioni endocraniche quali: componente vascolare, flusso ematico e intensitY. B.B.
Con/ronto tra le immagini ottenibili da un sistema Anger e calcolatore off-line in ]unzione della presentazione con stampante lineare o/otografia polaroid convenzionale. Uso di un ]antoccio simulante il legato urnano. A Comparison between Line Printer and Conventional Polaroid Gamma Camera Displays Using a Liver Phantom, Off-Line Computer and Contour Mapping Package.
MOULD R. F., WYLD C. Phys. in Med. Biol. 18, 88, 1973 Da alcuni anni sono state messe a punto diverse tecniche per l'elaborazione dei daft ottenibili da sistemi Anger che sfruttano i tipi pifi disparati di presentazione finale deUe fotoscintigrafie elaborate. Gli AA. si sono posti nelle condizioni di lavoro il .pih prossime possibile a quelle reali costruendo un fantoccio simulante un fegato umano affetto da metastasi di diversa dimensione. I1 confronto tra le immagini ottenute con l'uscita a stampante lineare e quella normale (CRT e fotografia polaroid) ~ stato eseguito adottando particolari sub-routine di correzione per le aberrazioni ottiche della gamma camera, per l'uniformit~ di campo e per i livelli di attivit~ rappresentabili. Gli AA. presentano una serie di fotogrammi di confronto molto efficace, concludendo che in generale non si ottiene aumento apprezzabile della risoluzione relativa di aree non attive (metastasi epatiche nel caso particolare); comunque la presentazione con stampante lineare a pifi livelli consente un miglioramento generico della qualit~ di informazione. L'elaboratore usato dagli AA. era un IBM 360/65 interfacciato fuori linea da un sistema SYMAP. B.B.
Autoradiografia a scintiUazione di rapida esecuzione. Scintillation Autoradiography. A Rapid Technique. PANAYIG. S., NEILL W. A. J. Immunol. Methods 2, 115, 1972
Gli AA. pubblicano una tecnica di autoradiografia che presenta il vantaggio di richiedere tempi di incubazione di 24 h, anzich6 di due o tre settimane, come con le tecniche usuali. I1 metodo consiste essenzialmente nell'< le preparazioni ricoperte con l'emulsione fotografica in un comune scintillatore liquido per 24 h; in questa maniera l'emulsione fotografica viene sensibilizzata dall'emissione secondaria di fotoni emessi dal fosforo presente nello scintillatore. Lo sviluppo ed il fissaggio seguono le modalit~ delle tecniche usuali. Con la tecnica rapida la risoluzione ed il <~fondo ~> risultano paragonabili a quelli ottenuti con la tecnica usuale. Questa modifica permette di estendere l'uso della autoradiografia e di applicarla come tecnica di routine nei vari laboratori di biologia molecolare. A.C.
Radioiodioterapia del cancro tiroideo. POCHIN E. E. Aggiornamenti in 3ledicina Nucleare 2, 324, 1972 L'A. premette come sia difficile precisare le indicazioni e le probabilit~t di successo della radioiodioterapia nel carcinoma tiroideo, sebbene essa sia impiegata ormai da 30 anni; ci6 dovuto innanzitutto alla rarith delia forma morbosa (circa 10 casi/milione di abitanti/anno), in secondo luogo al fatto che nella maggior parte dei casi il tumore pu6 essere completamente asportato con l'intervento chirurgico, infine alia constatazione che alcuni pazienti non migliorano pur verificandosi elevata captazione del radioiodio nel tessuto tumorale, mentre in altri si assiste alia scomparsa di masse tumorali anche grosse e disseminate senza che ne ricompaia traccia in controlii eseguiti nei successivi 20 anni. Altra premessa 6 chela terapia con radioiodio debba comunque essere preceduta dali'accertamento istologico della natura del tumore e dalia misurazione dell'entit~ della captazione del radioiodio (la quale si instaura, di solito, dopo che h stato rimosso completamente il tessuto tiroideo normale). L'A. tratta il complesso argomento soprattutto sulla base di un'ampia esperienza personale, riferibile a 250 pazienti trattati con radioiodio, per carcinoma tiroideo inoperabile, durante un periodo di 20 anni. I1 radioiodio presenta vantaggi rispetto alia radioterapia esterna, poich~ h in grado di erogare dosi di radiazione molto pih elevate e perch4 pu6 rintracciare e distruggere piccole metastasi disseminate. Considerando una dose terapeutica di 150 mCi di mI, una captazione che consenta l'accumulo dello 0,5 % delia dose/ grammo di tessuto tumorale ed una eliminazione con emiperiodo biologico di circa 4 giorni, si calcola che il tumore riceva una irradiazione pari a 25.000 rads o comunque che assorba una dose 5 volte maggiore di quella derivante da
un trattamento tradizionale di radioterapia esterna. Quanti e quali tumori della tiroide sono in grado di captare il radioiodio? Dal 50 all'80 % secondo l'A., fl quale afferma anche come non sia vero che i tumori papiliari puri non concentrano il radioiodio, o che la captazione si instaura solo quando si riscontra la colloide nei preparati bioptici. Perci6 l'efficacia della terapia non differisce sostanzialmente helle forme prevalentemente papillari o follicolari e anche negli adenocarcinomi con lume follicolare minimo e scarsa colloide visibile. La radioiodioterapia non h invece terapeuticamente efficace nel cardnorna a celiule di Hiirthle e nella forma anaplastica o midollare di adenocarcinoma tiroideo. Quali pazienti vanno trattati con radioiodio? Soltanto quelli inoperabili, oltre ad alcuni altri in cui si sospetta c h e l a resezione chirurgica della ghiandola (che resta sempre la terapia di scelta) non sia stata in grado di estirpare completamente il tessuto tumorale (per invasione delia capsula, per aderenze alia trachea, etc.)? Qual ~ lo schema di trattamento seguito dalI'A.? Innanzitutto si procede alla tiroidectomia totale, preceduta dal test di captazione del tessuto tumorale, che viene ripetuto al momento dell'asportazione. S e i l tessuto captava, si ripete il test a distanza di 8-16-24 settimane dall'ablazione (nel mese precedente il test non si somministra tiroxina) per controllare la comparsa del potere captante. La somministrazione di tiroxina viene iniziata 2 mesi dopo l'intervento; essa viene anticipata solo nei casi in cui la captazione sia stata completamente abolita o in cui compaiano manifesti sintomi di ipotiroidismo. Non appena la captazione del tessuto tumorale si rende evidente, si inizia la somministrazione di 13ll alla dose usuale di 150 mCi, ad intervalli di 2-3 mesi prima, di 4-6-12 mesi dopo, a seconda che si renda evidente o meno una recidiva dell'attivitA tumorale; sono necessarie, di solito, da 3 a 7 dosi prima di raggiungere lo scopo. La somministrazione di tiroxina viene sospesa un mese prima di ogni dose terapeutica di mI e ripresa 2 giorni dopo; nei rari casi in cui si vuole evitare la sospensione della tiroxina (per la eomparsa di sintomi anginosi o di uno stato di depressione), si provveder~ ad iniettare 10 U di TSH 24 h prima della dose di radioiodio. Una volta ottenuta la scomparsa dell'attivit~ tumorale, si danno delle piccole dosi test (5-10 mCi) ad intervalli sempre pih lunghi (da 1 a 5 anni) per individuare segni di eventuale recidiva (evenienza che h stata riscontrata anche dopo 8 anni dali'apparente guarigione). L'A. segnala come l'esame scintigrafico (anche sotto forma di scansione digitale) non sia un test sufficientemente attendihile per dimostrare l'estinzione della captazione o per segnalare lo sviluppo di recidive; si pu6 a tal fine utilmente impiegare, in associazione, la determinazione della concentrazione plasmatica di radioiodio organico, sempre tenendo presente per6
207
che piccole quantit~ di 1311 organicamente legato (concentrazione media = 0,00036 % • 0,0013 %/1 di plasma) possono ritrovarsi anche in assenza di tiroide o di tessuto funzionante dimostrabili. La misura della concentrazione plasmatica di 131I organico, che va eseguita 6 giorni dopo la dose terapeutica, si rivela particolarmente utile quando le recidive si verificano in prossimitA di zone che fisiologicamente accumulano iodio (ghiandole salivari, stomaco, vescica, tratti del grosso intestino) per evidenti ragioni; inoltre essa ha il pregio di dare un'idea dell'attivitA globale di tutte le metastasi funzionanti, per quanto ampiamente disseminate. Quali sono le possibili complicazioni derivanti da una simile condotta terapeutica? Innanzitutto un aumento di frequenza della leucemia; I'A. ha osservato 4 casi su 250 pazienti trattati, contro lo 0,1 98 di incidenza normalmente segnalata come complicanza nel cancro della tiroide. In altri 8 pazienti sono comparse neo-
208
plasie maligne diverse dalla leucemia: non un aumento statisticamente significativo perch~ i casi previsti erano 6,6; per6 in 4 casi si trattava di cancro della mammella, la cui incidenza prevista era di solo 1,2 casi. Un esame accurato della mammella ~ bene dunque sia fatto routinariamente in corso di terapia e di controllo in questi pazienti. Da ricordare infine la depressione midollare, la cui comparsa costringe a interrompere la terapia e che sembra essere poco frequente in condizioni normali e con i dosaggi di ~31I comunemente impiegati, ma che costituisce un rischio apprezzabile nel caso siano presenti metastasi ossee; in tal caso si consiglia di prolungare l'intervallo ffa le somministrazioni di 13'I, in particolare nei primi mesi di terapia. L'A. conclude la discussione di questa sua esperienza ventennale rilevando la sostanziale, frequente inefficacia della radioiodioterapia nel cancro della tiroide. G.G.