DAI CONGRESS1
Nei giorni 8, 9 e 10 aprile 1974 si ~ svolto a Capri (Italia) il Simposio su Aspetti cronobioIogici in endocrinologia. L'acquisizione del concerto che tutti gli organismi vivenfi, piante ed animal_i, si comportano come un sistema oscillante neI tempo, seppm" da seco12 intuita, si ~ concretizzata in questi ulfimi anni per [a convergenza di numerose osservazioni sperimentali. Si pub ben dire c h e l a cronobiologia, scienza che studia i ritmi biologici degli esseri vivend, sia letteralmente esplosa nelI'ultimo lustro, non solo chiarendo alcuni problemi diversamente inspiegaff, ma proponendo altresl nuovi affascinanti interrogativi, come sempre avviene qaando la speculazione scientifica affonda le sue mani nella polvere di nuovi pianeti. 1~ noto che i ritmi biologici possono essere dassificati secondo la durata del loro periodo: la tab. 1 riporta questa classificazione, insieme ad alcuni esempl.
riLmi
esemp'~ battito cardiaco ritmo respiratorio ritmo ECGrafico ritmo EEGrafico
ad alta frequenza
(; < 0,5 h)
a rnedia frequenza
uLrradiani (<>0,5 h < 2 0
h)
circadian
(':>20 h < 2 S
iniradiani (': > 28 ~orni) a bassa frequenza
h)
h < 2,5
circaseptad~ani (~ ~---7 giorni) circavig~taNani (~: ~ 20 giorni) circatriNntadiani (v ~ 30 giorni)
sonno-veglia flusso espiratorio massimo cemperatura corporea numero leucociti circolanti escrezione urinaria d[ 17 KS escrezione urinaria di aidosr_erone livelli ematici det cortisolo etc.
ddo mestruale livel!i emafici di ormoni femminili e stimdd~e ipofisarie escrezione urinaria dei 17 KS ne~a donna
armuali (v ~ 1 anno) ac. e~'a 1
SpeEtro dei ri:mi bio]oFicl, 9t
Ai problemi cronobiologici del sistema endocrino & stato dedicato il Congresso tenutosi a Capri e che ha avuto come coordinatori J. ASCHOFF, F. CeR~SA e F. HALB~R0. Ad esso hanno partecipato numerosi sperimentatori e clinici di molti Paesi, che hanno recato il contributo di studi di avanguardia e di ricerche inedite. Molti ormoni e sostanze ormono-simili sono stati oggetti di studio sotto il profilo cronobiotogico, risultandone confermam ta tendenza di tutto il sisterna endocrino ad osdltare nel tempo, con ritmi spesso di~erenti da increto ad increto, con reciproci rapporti di armonia che pub essere per ora solamente intuita. Si ~ parlato cosl dei ritmi biologici de1 sistema renina-angiotensinaatdosterone (H. BR~UeR e Col!.), de]le prostaglandLne (I. D. SMrrH), det testosterone (E. NmscHLaO, G. A. LtNCOLN e Coll.), dell'HGH (D. J. LaKASVa e Coi1.), delia prolatr2na (L. E. SCH•VlNa e J. D. Du~qa), detle gonadotropine (R. L. V2~NDE WI~Le e M. FERt~'; R. V. SHORT) e della secrezione neuroendocrina (E. D. WelTZMAN). Grande spazio ~ stato dedicato, come era da attendersi, ai ritmi della secrezione corticosteroidea, della quale ~ stato studiato ogre anello delia carena secretiva, dal Corticotropin-Releasing-Factor o CRF (T. H m o s m a z e S. WaDA) atI'ACTH (A, ANGEI-I) ed ai corticosteroidi (R. B. SOTH1aRN e Coil.; D. T. KRIeC-ER; C. S. L e a c h e J. A. RUMMe>; R. SHiOCSUK.a e Co11.). Questi studi hanno portato, come vedremo, al primo schema di terapia ormonica sostitutiva con indirizzo cronofarmacoIogico. Di particolare interesse per il diabetologo sono state due relazioni, che hanno preso in consider~ione le modificazioni circadiane della toileranza al glucosio ed iI ritmo circadiano deIt'insutina. R.J. JAtmETT ha ricordato i risul~ati di una ricerca eseguita su soggetti di et~ adulta con iI test orale al glucosio. I1 carico venne eseg-uito aLie 9 del mattino ed alte t6,30, variando per6 l'orario dei pasti Jaa modo che i due tests venissero eseguiti dopo un periodo di digiuno di eguale durata. Si h visto cosl che nei soggetti normali la tolleranza at glucosio risulta chiaramente dLminuha nel test pomeridiano. Laddove per?) la glicemia di partenza era alterata, [e differenze tendevano a diminuire fino ad anntdlarsi (fig. 1). Poich4 risu!tati simiti sono stati ottenuti anche con il carico i.v., sembrerebbe che gli entero-ormoni non siano implicati in queste moclificazion_i delia toLleranza glicidica. Certa ~ invece la differente risposta insulinemica atlo stimolo glucidico nei vari momenti delia giornata: la cellula B produce meno insulina nel pomeriggio che al mattino, e ana!ogo comportamento b, stato ritevato anche con to stimoIo tolbutamidico. Risu!tati molto simJli sono stati rLlevati da t-I. LESTRaDIaT e Coll. in 20 bambini normali in et}. prepubere. Gi~ it ritmo circadiano dei glucosio e deLi'insulina sierid ha mostrato modesti ian_crementi glicemici post-prandiali, cui corrispondono picchi insulinemici piq elevati al mattino che nel corso det pomeriggio. tl test al glucosio ora!e ha con~ermato, per quelio che concerne le modificazioni g!icemiche, i dad di JAXRETT e queLli rflevati in una precedemte ricerca dello stesso gmppo di smdiosi francesi ~ell'adulto (fig. 2). NeI pre-adolescente, per6, le di~erenze di tolleranza riscontrate ira mattino e pomeriggio sembrano essere meno evidenti che ne!l'adulto. Per quanto riguarda la risposca insulinemica, essa appare nettamente diminuita aIlorch6 il 92
glieemia dopo 2 h de1 carlco <80 J (n : 19) 350,
80-99 (n : 10)
1
100-119 (n = 15)
150-179
120-149 (n = 14]
(n = 1~]
180-209
210 <
(n = 7)
[n = 7)
I J 300
ill l'lh-
~250 1
~ / I
z',%; I/,
,i ~& 150J
i .... i t
, ~'~ 'T
.......
l
177-=:,
so -~
-i . . . . . . . . . . . . . . . . . I
-1
r--r-L~-.r~w--;--r
I -~"v'-
0 60 12[3 O 60 120 O 60 120 0
I
60 120 0
~0~z0 0 60~i0 ~ ~'01~
rain
F;:g. 1 - Livelii medi ddia glicemia in corso di tests di tol!eranza al glucosio praticati alle ore 9,30 de1 mattino (linea £'arteg~ata) e i l e ore 16,30 del pomeiggio (linea continua) rispettivamente. Quesm gruppo di soggetti di seaso maschile ~ stato suddiviso a seconda del ~veJ2o gticemico ritevato a11a 2~ h dopo il carico di g[ucosb eseguko el matdno. IDa: JA~KeTT R. J.: Diurnal Variation in Glucose Tderance; Assodated Ch~ges in Plasma Insulin, Growth Hormone and Non-Esterified Fatty Acids and Insulin Sensitivity In: A s c ~ o ~ J., Cee,~sa F., HAL,~eRaE. (Eds.): Chronobiological Aspects of Endocrino!ogy. Symposkma Capi April 8th-!0~h 1974; F. K. Schattauer VerIag, Stuttgart New York, 1974; p. 229].
carico di glucosio viene eseguito di pomerJgglo, L'indice insulina-gtucosio (fig. 3) risu!ta pertanto forzemente diminuito nd pomeriggio: ci6 signi~ca che]a cellula ]3 6 meno sensibile a!!o stimolo fisiologico del glucosio nel corso de] pomeriggio che non 81 matino. I motivi d1 questo fenomeno non sono chiari. Poichd corn'& noto, la cortisolemia ha un i t m o drcadiano con incremento mattutino e decremento serale, h escluso &e la diminuita sensibiIit~ delia cellula B al glucosio possa essere in qualche modo attribuibile al dclo di questo ormone anti-insulate. SemmM, secondo T~.RRE~_'T, Ia ridotm toHeranza at glucosio e la dimLurdta -nsulinopoiesi semSrerebbem correlate con fl cicto dei NEFA, i cui livelIi basa!i dopo digiuno sembrano essere moko pih elevad al pome~qg~o che a] mattino. S[ potrebbe pensare che nel pomeriggio < sia un'udlizzazione preferenz[de dei NEFA da parte del tessu_m muscotare, ma i1 perch@ di questo fenomeno ancora ci sfugge. 93
2,7) rnattino
pomertggio
mattino
pomedggio
mattino
pomedgglo
2.~-
2.5~2.4-
2.3~ '22-21-201.9-
1,111
7o18.'4 - 1.7-
26 ~,
i
26 w /
/ I
?
~I/5c 15-
-2 g
28 ~
J
~m
/
I
! i3-
/:f'
1,2-
14~' 28 ~'/ ,x\ 1.0
09-
~" ,W
/ \ ,~ , )<~'t
7
1Q
,/
14 . - - - - Y ' 2
104,¢ ,1 ( 7i/
0,7-
3
3
D,6-
0.s- L 0 rain
68 rain
120 miF
2 - Tests di tolleranza at glucosio al mattino e al pomeriggio in soggetd aduld. IDa: LES~_A.DErH., D~SCUaMPS I., GI~ON B°: Diurnal Variations of Insulin in Normal Children - In: AscHoFF J., C~F.~sa F., H~x.~Ro F. (Eds): Chronobiological Aspects of Endocrinology. Symposium Capri April 8th-10tb 1974; F. K. Schattauer, Stuttgart-New York, 1974; p. 239]. Fig.
Secondo esperimenti condotd durante un'esp!orazione invernale attica e rfferiti da J . ~ T % sembra esservi un rapporto tra sonno e tolleranza al gtucosio, ma perchd cib si verifichi non 8 seato ancora chiarito. 94
6-~
~j~/~
\, ",, '\
r,
!
\,,\ ,,
5-~ + p "-: 0 05
',
\,
i
[
,\
,J
4"-
/ "--<~
//
o
I
!' i
\, "\x \,
/ / ;
~'0
x\
/ /
I,
/
'\
,
/
I [
1i F
0~
i
,
0
30
-
60
t
,
120
180
rain ~-----~
ma~.:i~no(ore 9,00)
0
pomeriggio (ore IS,00)
-~9
diume deli'b.sulinern~a in. bambini normali. (In4dce di reattivk~ B-cellulare in b~mbini in corse di test or~2e di tot/eranza al ~ucosio). [Da: LESTaa.OETH., DESC~L~MPSI., G!~ON B.: Diurnal Variations of Insulkn in Normal Children - In: ASC~oFF J., CE~SA F., DLaLBZ~GF, (Eds): Cl-~renobiologic'.alAspects of Endocrinologf. Symposium Capri April 8th-10th 1974; F. K. Schattauer, Stuttgart-New York, i974; p. 239]. Fig. 3 - V a r i a z i o r _ i
95
dosI r oetut~ 8 o m m m l s t r a I e in m o m e n t i d i f f e r e n t { - agti s t e s s i individui ( a d a s . o g n i a h per 2 4 h )
- - - ~
1
I
E E tipo di terapia
g
orgalalsmo t[
I
[: : ;::::
-1 . . . . . . . . . ~'.G~;_~. . . . . . . . . . . . t~. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . -eeriodo deI r i ~ m o - (ad es 24 h)
Derlo~]o de! ri~mo ,acl es,~ 24 t't)
•
-terrmG
risuRab de{ta d o s e tota!e [dentica
toseicit& ~
morte
~oJle/'a[iza - - ~ -
$opravviv~nza
4 - Nei sistemi riLmid, l'effetto di dosi u~ia!il' (non variate nel tempo) si traduce in genere in risposte diverse. Di conseg-aenza, per ortenere una risposta non variata nel tempo ," necessario ricorrere all'impiego di dos{ diverse (terapie variate n d tempo). Per l'eventuale ottimizzo.z,ione de~2a terapia, gli schemi eronoterapici possono ricb_iedere variazioni, in ~nzione tempor~e, del tipo e delia dose delle formulazioni f~maceutic.he e de1 momento delia loro sommLn.istrazione. IDa: HAI.~XG F.: Sicurezza della cronoterapia modula~a sai ritmi de~'organismo: andogia con la gara~ia deLI'asepsi in cbdrurgia - In: ASCEOFF J., CE~s.a F., HaLB~aG F. (Eds.): Aspetti cronobiologiei in endocrinologia. Casa Ed. <~Ii Ponte >~, Milano, 1974; Chronobidogia 1, (Suppl. 1), 27, 1974].
Fig.
Da queste due rdazioni s{ trae ]a convinzione che nel soggetto normale qualche cosa var~ ne11'arco della giornata per quanto riguerda la to!leranza al g!ucosio e ia seerezione insuLnica, ci~ m~uce a consmera,e attentamente l'ora alla quale sono stati eseguiti i tests funziona!i, prima di traEe da essi deduzioni di natura diagnosrica. Scarse sono invece le informazioni linora raccoIte sul ritmo circadiano deIIa glicemia e &!la secrezione ~sulinica in situazioni basali. Certamente il diabetologo, abitua~o com'~ a ritenere tanto la secrezione insulinica qum~to la toIleranza ai glucosio fenomeni costanti capaci di variare 96
esclusivamente in funzione della assunzione cli cibo o di eventi esogeni quati gli stress, dovr.a modificare in future il proprio mode di pensare, anche perc_hd k possibile che ciascnn diabetico abbia un ;zlo ritmo circadiano di taluni aspetti del metabolismo glucid~co, come ad esempio la g!uconeogenesi e la chetogenesi. /~ infatti osservazione di ogni giorno cite taluni soggetti diabefici insulinodipendenti richiedono una dose supptementare di insuliaa a11a sofa, onde evitare i rialzi gticemici e l'acetonemia nottumi; e che ahri ancora, per gti stessi motivi, richiedono al mattino una dose supplementare di insulina pronta, che dove essere aggiunta alla dose di inst0ina di deposito. Evidentemente, in quesfi soggetti il ritmo circadiano degii ormoni che guidano ta gluconeogenesi e ia chetogenesi ~ accentuate o modificato, cosi da create in ogni singolo case un differente problema terapeutico. ~, intuitiw~, in~arti, c~he non basra somministrm'e una dose di insulina che sin rapportata al contenuto qualitative e quantitative de1 paste, in quanto occorre anche tenor presenti il ritmo circadiano degli ormoni anti-insulari e !e modificazioni delia giuconeogenesi e delia chetogenesi. La stessa differente risposta delta glicemia e dd!'insulinemia alia tolbutamide nei varl momenfi del!a giornata lascia pensare che an&e per le sulfanituree debba esser tenuta presente quella farmacodisponibilit[ 8i cui tanto si ~ par/ate nella seconda giornata del Congresso di Capri. Secondo lo schema ormai classico propos~o da HALB~;~G e riportato nella fig. 4, ]a risposta ai farmaci dei tessu~i farmaco-sensib~ pub snbire variazioni neli'arco de![e 24 h. Per questo (parte aha della fignra), il sommkqistrare, in maniera m~iforme e ad intervaili regoIari neI tempo, pih dosi d[ un ipotetico farmaco rappresenta un grosso effete, in quanto gli effetLi farmacoIogici possono essere in a!cuni momenfi scarsi e in ahri, inveee, eccessivi e ~nanche tossici. Moho pih logico 5, conoscendo i ri~mi della farmacodisponibiiit~, sommimstrare iI farmaco in dosi inversamente proporzionali alia sensibilit~ dei tessuti all'azione farmacologica di quella determinata sostanza. 1~ quello c2ne si ottiene, nella terapia corticosteroidea, allorchd si somministri fl corficosteroide (o nna combinazione di corticosteroi~) in ore tail da mimare il ciclo secretive del cords0to. Di questa terapia, che rappresenta la prima ,.erapia cronoiarmacologica, si ~ discusso a lunge a Capri, confermandone sin la correttezza sul piano endocrine che ta e~cacia sui piano ciimco. I risu!tati deUa terapia con tun pturicronocordcoide sono stati riferiti da B. C. B~.Lr.aB~O e Coit. neli'artrite reumatoide, da A. M. MAR~x,~O~-Te F. A. Rossl nette mesend~.imopaie, da U. SE~F~,WI e S. BON~NI nelle a11ergopaLie, da G. CR.EPALDI e i~v!. MUGGEO nell'asma broncNale, da A. R ~ u ~ o nelte dermatopafie, da C. Faz~o e Co!l. nelfla sderosi muhip!a, da F. N!A~'C~L~ e Coi/. nolle emopatie e da N. D~o~vaen~ e Coil. nelie epatopade. certamente dd grande interesse l'avere imziato, con !'daborazione di questo p!uricronocorticoide, ua nnovo mode di considerate !a rerapia ormoinca sosdtutiva. Infatti, ~ divenuto possibile ottenere i n o i e~e~fi terapeutid dei corticostero~di senza :nterferire sul ritmo c~ secrezione deI!'ACTH e, quindi, senza indurre quello state di stupore plurighiandolare che diversamente determina, atla fine del tra~tamento corricosteroideo una condizio~.e di pih o meno tarvata insu~cienza de!!'asse ipofisi-surrene. 97
1~ stato reso possibLle, inohre, agire sugli organ bersaglio de1 cortisolo he1 momento della loro maggiore sensibilit~ spontanea, in quanto siffatta terapia non fa che mimare Ie variazioni circadiane dei livelli di cortisolo. Forse meriterebbe di essere approfondito il probiema dells terapia corticosteroidea nel soggetto diabetico. 1~ legittimo ipotizzare c h e l a sommiNstraZone di corticosteroidi al mattino e nel primo pomeriggio provochi minori squilibri metabolici di quanto non faccia la solita somministrazione del corticosteroide a dosi refratte e ad intervalli regolari. Basti qui ricordare gli effetti deI cortisolo sulla gluconeogenesi, che con la somministrazione serale potrebbe venire esahata nel corso della notre. Queste osservazioni certamente interessano il diabetologo, in quanto nel trattare malattie concomkanti at diabete non mancano certamente te occasion di attuare una terapia con corticosteroidi. Ma, soprattutto, esse aprono tin nuovo discorso nel campo della terapia dello stesso diabete, sia insulinica che con sulfaniluree. Ci sembra di esser faci!i profeti nel prevedere che in particolare i casi di diabete instabile verranno in futuro attentamente osservati sotto il profilo cronobiologico, stncliando non soltanto la secrezione insuliNca residua, ma anche il ritmo secrerico deI glucagone, delI'HGH e del cortisolo. Sutla base di queste osservazion sar~ forse possibile attuare una terapia insulinica adeguata non solo alle sollecitazioN esogene, ma anche alle variazioni endogene del metabolismo intermedio che oggi vengono spesso trascurate. S. MARIGO
Nei giorN 23, 24, 25 e 26 maggio 1974 si h svoho a Belgirate (Novara) il 5 ° Congresso Nazionale della Societ?~ Italiana di Diabetologia. La prima giornata h stata dedicata ad una tavola rotonda sul tema La diagnosi precoce della matatfia diabetica, che ha avuto come moderatore il prof. U. BUTTURINI. Nella prima pane, E. PoLLt e G. Pozza (Milano) si sono occupafi della defi_Nzione dei parametri che possono esser presi in considerazione ai fini diagnostid, limkando l'analisi esclusivamente al loro impiego in indagim di massa. Tale lkNtazione ha consentito di mettere in primo piano le metodologie valide in pratica sul piano epidemiologico. Sono state sottolineate Ie difiicolt~ relative a quaMasi ampliamento dell'indagine al di 1~ della valutazione glicemica, non solo per quanto attiene alia valutazione quantitativa diretta di parametri ormonali (inst~nemia, ad esempio), ma anche per quanto riguarda la precoce diagnosi clinica eli fatti degenera~ivi toco2izzati a s.ingoli distret~i cellulari e ritenuti comunemen~e espressiolli cliniche anche precoci della situazione dismetabolica di ~ipo diabetico. Successivamente, sono state presenta~e le risuhmn2e di alcune indagini pih o meno ampie, condotte comunque con criterl e metodologie tra loro troppo dissimili perch~ fosse possibte a~mare m~ utile corffronto. Cost, L. Rom3A (Bergamo) ha riferko su di una indagine condotta in ~.ma popolaZone aperta, in cui era stato introdotto come correttivo nnmerico il criterio di maggior rischio (i fattori definiti come call nello studio furono: eth sopra 98
i 40 anni, familiarit~ diabetica, obesitY, pluriparit~; parita di figIi macrosomici). Cod, accanto ai diabefici gih noti (3,19%), alterazioni di maggiore o minore endt~ della tolleranza ai carboklrati sono state riJevate, per quanto riguarda la glicemia dopo pasto standard, ne11'1,99% dei soggetti esaminafi. 8. M_a~ICO e Coll. (La Spezia) hanno invece attuato un'indagine su oltre 2.300 soggetti operanti in un ambienre eli ]avoro omogeneo, tutti adulti e quasi tutd di sesso maschile. E stata considerata la g~icemia a 2 h di distanza da un carico di glucosio, ma non si h proceduto ad una preventiva sdezione di soggetti ad alto rischio. I1 4,3% dei soggetti esaminati presentava anomalie mag~ori o minori relativamente al parametro considerato. Successivamente, S. MARIGO, i9. P. BIN1 e G. MIGNANI(La Spe~a) hanno riferito su indagini tendenfi a valutare la validit~ e la riproducibilit~ di taluni tests di esplorazione della glicemia a varia distanza di tempo dalla applicazione 32 sfimoli iperglicemizzanti (75 g di glucosio p.o. o 0,33 g/kg di glucosio i.v.) od ipoglicemizzanti (tolbutamide). Per ogni test sono state considerate varie meto32che di valutazione, raffrontando tra 32 loro i risultati ottenuti; in_fine, h stato attuato il confronto dei risultafi dei tre tests negli stessi soggetti. Si h visto che, tanto nei soggetti giovani e sam quanto nei pazienti ddabefici, i tre tests presentano un'ampia concordanza. Tuttavia, quando tali tests vengono eseg~aiti in popolazioni ad alto rischio, la disco> danza h talmente grande da porte in dubbio l'ufilit~t di ntilizzare i tre tests ai fini di diagnosi inclividuale, g stata confermata la variazione progressiva, in rapporto all'et~ dei soggetti, dei differenti parametri studiati. G. PAaANO (Torino) l~a presentato i risultati, ai fini della diagnosi precoce, di una originale prova di stimoiazione insulinica (infusione rapida di glucosio, infusione lenta di glucosio ed infusione rapida di glucagone, in tempi sequenziali), che rappresenta una modalit~ assai potente di stimolazione in drcolo di insulina, seppure lontana da quella fisidogica. Nonostante l'interesse fisiopatdogico dei diagrammi di risposta cosl ottenuti, lo stesso A. ha segnalato la pratica impossibilith di utilizzare parametri di questo genere nel corso di indagini di massa su popolazioni. Sempre hello stesso ambito di prove diagnostiche individuali, e quindi di vera diagnostica precoce del diabete, si h mossa la rdazione 32 A. TIENCea e M. MUGGEO (Padova), che hanno sottolineato ]a difficok~ di interpretare i rapporfi esistenti tra curve cli ro!leranza al glucosio caratterizzate da elevata gticemia residuale al carico e livelli di insulinemia apparentemente elevafi in una percenmale dei soggerti esaminati, entrando quindi n d vivo del problema patogenetico de1 diabete me!lito e della sua definibilit~ nosografica, indispensabile per quatsiasi esperienza di cliagnosi precoce di massa. in questa luce, particolarissimo interesse rivestono le esperienze condotte dagIi A_A. mediante la comparazione eli alcum parametri cosiddetfi controinsulari e delta loro dinamica dopo stimolo (STH, glucagone totale irm-nnnoreatfivo, glucagone pancreatico, ACTH). L'analisi de1 comportamento di questi ormoni plasmatici in soggetti con glicemia residuale al carico pi~2 o meno elevata, e di quello de!la insulinemia in parailelo, hanno permesso agli AA. di formulate i_nteressanti considerazioni critiche e, sia put con rigorosa prudenza, di avanzare seducenfi ipotesi interpretative e diagnostiche. La discnssione segn~ta alia tavola ror.onda h stata necessariamente ffammentaria, data la diNcolt~ di comparare tra 32 loro le metodolo~e segaite nel.le varie indagini epidemioiogiche e dJ portare avanti un discorso solo in 99
parte paraltelo, e ci& quello della diagnostica di iperglicemie in variabili percentuali di popolazioni inomogenee e quelio della diagnostica precoce individude di diabete mellito pancreatico. L. ADEZATI
La prevenz~one della n,~alattia diabetica ha costituito l'argomento delia seconda tavola rotonda tenutasi nelta mattinata del 25 maggio 1974. Un valido programma di prevenzione del diabete meliito deve tenet conto innanzitutto dell'aspetto eziopatogenetico, nosologico e ctinico della ma: lattia. NeIla maggior parte dei soggetti diabetici ~ possibile riconoscere t'intervento di un fattore genetico che, come ha ricordato U. BIaoz= (Firenze), si desume dalla maggiore incidenza de1 diabete tra i famitiari di soggetti diabetici e dalla devata concordav~za c/el diabete tra i gemelii monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Non sono tuttavia note le modalit~ di trasmissione ereditaria della malattia: attualmente, si tende ad escludere 1'esistenza cli un unico gene autosomico, dominante o recessivo, e si d.a maggior creclito alPipotesi muhifattoriale che prevede l'intervento, net determinismo della malattia nelle sue diverse espressioni cliniche, di pi'h gem tra loro variamente combinati. In base all'osservazione empirica, si pub dire che la discendenza di un genitore diabetico ~ colpita dalta malattia con una frequenza relativamente bassa, per cui non pare n4 opportuno nd e~cace proporre ai pazienti il controllo delia loro attivit~ procreativa, mentre pih giusto sembra sconsigllare i matrimoni tra i soggetti entrambi diabetici. Una familiarit~ diabetica rimane mttavia, in ogni caso, un fattore di rischio di non trascurabile momento. Come ~ noto, la storia naturale del diabete mellito prevede una evoluzione attraverso stadi che col prediabete, ove la diagnosi 8 sohanto presuntiva ed anamnestica, comprendono il diabete predinioo, svelabile con i tests di tolleranza al glucosio, e, infine, il diabete manifesto con o senza complicanze. ~ anche possibile una reversibilitk di tall stadi, una volta che si attenuino o si annullino i cofattori ambientati che intervengono nella genesi della malattia. G. LAB6 (Bologna) ha sottolineato come i'iter evolutivo del diabete possa essere estremamente rapido ed ineluttabite, sino alla completa insulinodipendenza e alia comparsa delle pi,h serie complicanze metaboliche e vascotari, oppure assai lento, progressivo e ricco di sega~i premonitori. A caratterizzare t'evoluzione della rnalattia vi sono tuttavia situazioni intermedie, che possono create diflicolt~ interpretative ed incertezze sutla realizzazione di un pro~amma di prevenzione. Nonostante sia attua!mente impossibi!e risolvere talune di queste di~colt~, N. MeLc~o,-rga e Col!. (Bologna) hanno indicato alcune direttive per un criterio metodolo~co da adottare nell'intervento preventivo e terapeutico, sia dietetico che farmacologico, nel campo del diabete mellito. Sarebbe innanzitutto necessaria una precisa tipizzazione metabolico-nutrizionde dei singoli pazienti, con lo scopo di stabilire tma correlazione tra i risultad della esplorazione fimzionale metabotica (secrezione insutinica in relazione a vari sdmoli; comportamento dei diversi parametri metabolici, quali glicemia, lipemia, NEFAemia, trigliceridemia ed uricemia) ed i dad nutrizionali ottenuti da tuna accurata indagine sulle abitudini di alimentazione dei pazienti in rapporto a variazioni di peso recenti o remote. Gli .~-k. hamno proposto di realizzare tm modello materaatico che, sfruttando ta corrdazione muitipta de]_!e singole variabili metaboliche, ;cliniche e nutrizionali mediante un calcoI00
latore elettronico, possa rendersi iniine utile alia impostazione eli un ef~cace programma di trattamento {armacologico e dietetico. Per realizzare tutto questo si richiede anche una dassificazione selettiva e discriminante dei pazienti, al iine di individuare queHe variabili che hamno un certo rilievo he1 condizionare l'evoluzione naturale del diabete. In tal sense, non deve essere trascurata la posizione degli ormoni gastrointestinali, i quali, per la tore diretta azione suI pancreas insutare, sono in grade - come note - cti anticipate e potenziare gli effetti sulla secrezione insutinica dei vari alimenti ingeriti. Una aherazione dell'asse entero-instdare ~ stata ipotizzata in effetti in alcuni stati di iperinsulinismo ect obesit.a, cost come in alcune forme di diabete. Attuahnente, secondo L. BxRB~m~ e Coil. (Bologna), non h possibile formulate alcuna considerazione concIusiva; ~ tuttavia auspicabile uno studio pii~ approfonclito de1 problema, onde corffermare l'ipotesi dJ un possibile intervento det sistema entero-insulare nella patogenesi de1 diabete mellito. A1 di 1.a de!1e considerazioni sin quJ esposte, suggestive ma ancora di~cili da tradursi in un modelto pratico, il pih valido intervento di profilassi del diabete consiste innanzim~to nelia rimozione dei fattori che favoriseono, nei soggecti geneticamente predisposti, la comparsa della malattia, earatterizzata nella sua essenza da tuna insut~Ziciente riserva B-insulate, sin per una riduzione della capacit~ instdinogenetica che per una diminuita sensibilit~ d @ effettori periferici all'azione ormonale. Si comprende facilmente come la ipernutrizione e la sedenmriet~ siano tra i principali fattori diabetogeni, determinando da un late una eccessiva stimolazione B-insulare con diversione dei substrati ossidabili verso la lipogenesi, dall'ahro una riduzione della sensibilitfi hasulinica dei tessuti periferici. Come hanno indicate A. B ~ D E c Y t e R. SO~_DATi (Udine), un etevato rapporto muscolo/adipe consente una sensibilit~ massimale a!l'insulina, con conseguente risparmio della riserva insulino-secretoria. L'esercizio fisico migIiora in_~atti I'utilizz~.zione del glucosio, favorendo l'azione insulinica a livello di membrana nel!a fibrocellula muscolare; tale effetto & • natura metabolica e circolatoria, poich4 la vasodilatazione da lavoro crea pi~ ample superfici di seambio e facilita l'ingresso del glncosio helle cellule, con minor {abbisogno e consume di ossigeno. Un'elevata attivit~ muscolare si 6 dimostrata capace di aumentare la sensibilit~ insuiinica nei soggetti obesi non cliabetici, come pure di migliorare la tolleranza al glucosio nel diabete insuIino-dipendente, free a provocare crisi ipoglicemiche in pazienti in trattamen~o insu!i1~.nico. Sulla base di tall presupposti, una ctieta equi!ibrata, tale da assicurare un peso ideale, ed una adeguata atffvit~ musco!are, in armenia con le atdmdini individuali, restano i mezzi pica vaiidi per prevenire l'evoluzione naturale deUa m'alattia diabedca, consentendo tatora Ia reversibili~& verso stadJ anteriori, tn tat sense, anche l'ambien_re di lavoro pu~ interferire nel controlto e nella prevenzione della malattia diabetica, condizionando l'attivi~ fisica dei pazienti, che pub essere o troppo scarsa o troppo pesante e discontinua. Una maggiore incidenza de! diabete ~ s~ata in effetti segna!ata helle professioni ad attivit~ pilh sedentaria. L'in~uenza dell'ambiente di lavoro non si limita perahro a qnesto mnico aspetto, ma ~dude, come hanno fatto notate M. MOe,SLaNt e Co~. (Ferrara), a h i motivi di in~erferenza con il buon controllo deI diabete (aherazioni del ritmo sonno-veglia; evenmali irregolari~& ne!i'assuneione dei pasti e, quindi. I01
ndla somministrazione deI]a terapia; altri variabili ~attori ambientati capaci di agire con meccanismo di stress). Un'elevata incidenza del diabete viene segnalata in alcune industrie chimiche, ma h vattora difficile dire se i varl composti impiegati, responsabili cli ben note intossicazioni croniche, possano agire anche come fattori diabetogeni diretti. I1 diabete, per la sua diffusione, il suo aspetto eredo-familiare, le gravi complicanze spesso precocemente invalidanti, h una malattia sodale, la cui prevenzione richiede, come ha fatto notare P. MONTENERO (Roma), l'intervento di servizl sociali e sanitar1 organizzati in Centri antidiabetici efticienti. In t d modo possono essere individuati i soggetti ad alto rischio diabetico od esposti ai fattori concausali, quali le pancreopatie, l'obesit~, gli sqnilibri alimentari, l'eredo-familiarit~, le malattie genetiche che hanno rapporti con il diabete. Soprattutto per questi individui devono essere impiegate ]e tecniche metodologiche a disposizione per una diagnosi precoce d d diabete e per una esatta definizione dello stadio evolutivo della malattia. Un adeguato compenso metabolico del diabetico pu6 essere assicurato con una terapia dietetica idonea e, ove occorre, ipoglicemizzante orale ed insulinica, con lo scopo preciso di ritardare l'evotuzione della malattia e di prevenirne, per quanto possibiIe, le complicanze. Un controllo pih frequente ed accurato deve essere praticato nei pazienti con complicanze in atto, nelte donne diabetiche in gravidanza (soprattutto in prossimit~ d d parto), nonch4 nei diabetici scompensati, per i quali si consiglia i1 ricovero in reparti dinid adeguatamente attrezzati. Anche i compiti sociali dei Centri antidiabetici assumono ri!evante importanza e possono indndere quetPassistenza morale di cui spesso i pazienti hanno bisogno ed una informazione pi'h completa sulla malattia. Un aspetto particolare riveste anche l'assistenza psicologica al bambino diabetico, atGnch4 ques*d non cresca con <~comptessi ~> che possono ripercuotersi sul suo sviluppo psicosomatico e sulla sua personalitY. P. BRUNETTI
102