giguno Vol. 6, n° 2
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corticosteroidi (CS) sono in grado di determinare effetti lesivi sullo scheletro attraverso svariati meccanismi, in parte cellulari e in parte dipendenti da effetti su fattori locali di regolazione dell’omeostasi scheletrica. Accanto a queste azioni, i CS svolgono una serie di importanti effetti endocrino-metabolici che contribuiscono in via indiretta alla riduzione della densità mine-
L’osteoporosi indotta da corticosteroidi Fisiopatologia, prevenzione e trattamento Ombretta Di Munno*, Massimo Varenna**, Andrea Delle Sedie*, Silvia Casari**, Luigi Sinigaglia**
*Dipartimento di Medicina Interna, U.O. di Reumatologia, Università di Pisa **Dipartimento e Cattedra di Reumatologia, Istituto Gaetano Pini, Università di Milano
Corrispondenza: Dott.ssa Ombretta Di Munno U.O. Reumatologia, Università di Pisa Via Roma 67, 56126 Pisa E-mail:
[email protected] ©2005, Editrice Kurtis
rale ossea nei pazienti trattati. Studi recenti tuttavia indicano che gli effetti dei CS sullo scheletro sono in buona parte indipendenti dalla riduzione della densità ossea e che il rischio di frattura aumenta molto rapidamente dopo l’instaurazione del trattamento, anche nei pazienti con densità ossea relativamente conservata, verosimilmente a seguito di un effetto negativo dei CS sulla resistenza e sulla qualità dell’osso. In corso di terapia steroidea risulta aumentato il rischio di frattura specie a livello vertebrale e in tutte le sedi a maggior rappresentazione di osso trabecolare. La suscettibilità alle fratture risulta essere massima nel paziente anziano, in cui le fratture possono verificarsi fino al 50% dei pazienti trattati. L’osteoporosi da CS è parzialmente reversibile dopo sospensione della terapia ed è dose-dipendente. La prima regola per il clinico è quindi quella di utilizzare sempre la minima dose utile. Stante l’one-
re clinico delle fratture da fragilità, è imperativa l’adozione di una strategia preventiva che consenta di minimizzare le conseguenze negative del trattamento, conservando l’indispensabile efficacia terapeutica di questi ormoni. I bisfosfonati sono identificati in tutte le linee guida delle più importanti società scientifiche come farmaci di prima scelta per la prevenzione ed il trattamento dell’osteoporosi da CS.
INTRODUZIONE La frequenza dell’osteoporosi (OP) indotta da corticosteroidi (CS) è di difficile definizione. Gli studi sull’impiego dei CS e sulla diffusione dell’uso di queste sostanze nella popolazione sono scarsi. In una recente indagine effettuata sulle prescrizioni dei medici generalisti in una regione dell’Inghilterra è emerso che su oltre 65.000 pazienti, 303 soggetti di età compresa tra i 12 e i 94 anni erano in terapia corticosteroidea protratta, nella maggior parte dei casi per motivi di patologia di pertinenza reumatologica. Lo studio indica pertanto che circa lo 0,5% della popolazione studiata fa uso continuativo di CS e che tale percentuale sale all’1,7% nelle donne oltre i 55 anni d’età. In effetti, sulla base dei dati riportati emerge come le fasce d’età che fanno maggior uso di CS siano quelle comprese tra i 50 e gli 80 anni; l’impiego di tali farmaci risulta maggiore nelle pazienti di sesso femminile in cui sia l’OP che le fratture ad essa collegate sono più frequenti. Sempre da questo studio emerge come una strategia preventiva o terapeutica per l’OP indotta da CS venga messa in atto soltanto in pochi casi, che rappresentano meno del 15% dell’intera casistica studiata. Estrapolando questi dati ottenuti sulla popolazione inglese, che è di poco inferiore a quella italiana, è stato calcolato che
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in Inghilterra circa 250.000 soggetti fanno uso continuativo di CS e sono pertanto da considerarsi a rischio per la comparsa di effetti collaterali metasteroidei, di cui l’OP è certamente una delle principali espressioni. Una più recente indagine condotta sempre nel Regno Unito utilizzando una banca-dati facente capo a 683 medici generalisti ha consentito di individuare 244.235 pazienti utilizzatori di CS per via orale. Questo studio indica che i fruitori di CS nel Regno Unito sono pari allo 0,9% della popolazione studiata e che l’utilizzo maggiore avviene nei soggetti compresi tra 70 e 79 anni di età. L’indicazione principale all’impiego di CS in questa popolazione è rappresentata da pazienti affetti da patologie dell’apparato respiratorio (circa il 40% della popolazione) seguiti da pazienti affetti da patologie a carico dell’apparato locomotore, che rappresentano poco più del 6% della popolazione esaminata. I pazienti con patologie reumatologiche tendono tuttavia ad utilizzare CS per periodi sensibilmente più protratti (nel 19,3% dei casi per più di due anni) dimostrando in tal modo di essere probabilmente la categoria a maggior rischio di effetti collaterali. Il problema delle fratture in corso di terapia steroidea è stato oggetto di un ampio studio retrospettivo che ha analizzato una banca dati relativa ad oltre 240.000 pazienti che hanno utilizzato CS per via orale in Gran Bretagna (1). Lo studio indica che i CS sono in grado di determinare un aumento del rischio di frattura in tutte le sedi considerate (vertebre, femore prossimale, radio distale e numero cumulativo di fratture non vertebrali) e che l’incremento del rischio è dose-dipendente ed è significativo per le fratture vertebrali, anche per dosaggi di prednisone estremamente ridotti, pari a 2,5 mg/die. Dallo studio emergono anche dati interessanti circa la cronologia delle fratture, la cui inci-
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denza sembra aumentare rapidamente dopo l’inizio del trattamento, per ritornare ai livelli attesi nella popolazione di controllo già pochi mesi dopo la sospensione della terapia steroidea. Questo effetto risulta di difficile interpretazione e sottolinea come l’aumento del rischio di frattura indotto dai CS sia indipendente dalla densità ossea, le cui variazioni non possono spiegare così rapidi incrementi o decrementi di incidenza degli eventi fratturativi. La verosimile spiegazione va ricercata negli effetti che i CS esercitano sulla qualità dell’osso e soprattutto sulla loro capacità di indurre apoptosi degli osteoblasti e ancor più degli osteociti, come alcune segnalazioni sperimentali hanno dimostrato (2).
FISIOPATOLOGIA Effetti sulla neoformazione ossea Gli effetti principali dei CS a livello scheletrico consistono in una soppressione del reclutamento osteoblastico e in una depressione funzionale dell’osteoblasta maturo e determinano una riduzione di formazione della matrice scheletrica non calcificata. Tali effetti sono in parte dovuti ad una inibizione diretta dell’espressione genica dell’osteoblasta, mediante meccanismi trascrizionali e post-trascrizionali che comportano una ridotta espressione del gene che codifica per il collageno di tipo I, nonché un incremento dell’RNA messaggero (mRNA) che induce la sintesi della collagenasi di tipo 3. I CS riducono anche l’espressione genica dell’inibitore tissutale della metalloproteinasi1 (TIMP) a livello dell’osteoblasta (3) la cui azione consiste nell’inibizione della degradazione del collageno di tipo I. Ne risulta una ridotta formazione di collageno unitamente ad un incremento della sua degradazione che comporta una ridotta quota di matrice non mineralizzata. Accanto all’azione diretta sulla espressione genica dell’osteoblasta,
esistono importanti effetti indiretti dei CS che si svolgono sulla sintesi, sul rilascio, sul legame al recettore o sulla sintesi delle proteine vettrici di importanti regolatori locali dell’omeostasi scheletrica e, in particolare, dei cosiddetti fattori di crescita. L’IGF-I e l’IGF-II sono due tra i più importanti regolatori locali del metabolismo scheletrico e svolgono un potente effetto anabolico locale. Entrambi questi composti funzionano come mitogeni e favoriscono la replicazione delle cellule della linea osteoblastica, aumentano la sintesi del collageno di tipo I e riducono l’espressione del gene della collagenasi, riducendo in coltura la degradazione del collageno. Ne deriva che i fattori di crescita ed i CS svolgono azioni diametralmente opposte sull’osteoformazione. A livello dell’osteoblasta i CS riducono la sintesi di IGF-I mediante un meccanismo trascrizionale con conseguente riduzione di formazione della matrice (3). Nel topo l’esposizione a dosi elevate di CS induce una riduzione significativa dell’osteoblastogenesi a partire dai precursori osteoblastici e il betametasone, a dosi superiori a 2 mg/kg, è in grado di aumentare l’apoptosi di osteoblasti ed osteociti (4). Questo meccanismo potrebbe avere cruciale importanza per spiegare il rapido incremento di incidenza di frattura nei soggetti trattati in cui la funzione di adattamento meccanico dello scheletro è deficitaria. L’inibizione della neoformazione osteoblastica da parte dei CS si basa su evidenze cliniche e strumentali. Dati istomorfometrici mostrano che i parametri di osteoformazione sono significativamente ridotti in corso di terapia steroidea. In uno studio effettuato su un esiguo campione di pazienti sottoposti a biopsia ossea prima e dopo un anno di trattamento, l’analisi dei preparati mediante istomorfometria dinamica con doppia marcatura con tetracicline dimostra che la velocità di apposizione ossea, espressione della funzione
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osteoblastica, è significativamente ridotta dopo la terapia. A conferma di questo, in corso di trattamento steroideo, già dopo pochi giorni di terapia, è possibile evidenziare una riduzione significativa dei livelli circolanti di osteocalcina che è la più importante proteina non collagenica sintetizzata direttamente dall’osteoblasta. Tale riduzione risulta essere dose-dipendente e l’effetto è presente anche quando si impiegano dosi di CS inferiori all’equivalente di 10 mg/die di prednisone. Effetti sul riassorbimento osseo Se i dati sperimentali e le evidenze patogenetiche hanno confermato che l’OP da CS rappresenta un modello di malattia da deficit della funzione di osteoformazione, recentemente è stato dimostrato che i CS, in aggiunta, stimolano il riassorbimento osteoclastico. Fino a pochi anni fa, l’unico elemento a favore di un incremento dell’attività osteoclastica in corso di terapia steroidea si basava sulla convinzione, per altro non da tutti condivisa, dell’esistenza di una condizione di iperparatiroidismo relativo. Questo effetto è stato ampiamente messo in discussione e attualmente si ritiene che il meccanismo preponderante sia dovuto a un’aumentata sensibilità degli osteoblasti all’azione del paratormone. Di recente è stato dimostrato che i CS sono in grado di interferire con la regolazione paracrina del processo di osteoclastogenesi tramite un’inibizione dose e tempo-dipendente dell’osteoprotegerina (OPG), una proteina appartenente alla superfamiglia dei recettori del Tumor Necrosis Factor α. L’OPG è un importante regolatore locale del metabolismo scheletrico sia mediante inibizione dell’attività osteoclastica e dell’osteoclastogenesi a partire dai precursori, sia promuovendo l’apoptosi degli osteoclasti maturi. La riduzione della sintesi di OPG comporta un aumento degli effetti del suo ligando (OPGL/ODF, fattore di
differenziazione osteoclastica), la cui principale azione consiste nel promuovere il processo di osteoclastogenesi a partire dai precursori e di inibire l’apoptosi degli osteoclasti. Il betametasone determina in vitro un’alterazione di questo equilibrio, mediante un effetto diretto sul mRNA delle due proteine, con conseguente riduzione dose-dipendente della produzione di OPG da parte di osteoblasti in coltura (5). Tale evidenza è in accordo con l’ipotesi che i CS siano in grado di promuovere il processo di osteoclastogenesi a partire da segnali di derivazione osteoblastica, determinando in tal modo un aumento del riassorbimento osseo. Questa informazione è suffragata dall’efficacia degli inibitori del riassorbimento osteoclastico, quali i bisfosfonati, nel trattamento e nella prevenzione dell’OP da CS. Effetti endocrino-metabolici Oltre agli effetti cellulari, i CS esercitano una serie di effetti endocrino-metabolici che possono essere responsabili della loro azione sullo scheletro. I CS determinano una riduzione dell’assorbimento duodeno-digiunale del calcio. Questo effetto è documentabile già pochi giorni dopo la somministrazione di CS ed è reversibile dopo la sospensione. Inoltre, i CS riducono l’assorbimento intestinale del fosforo. Fino a pochi anni fa si riteneva che questo effetto fosse dovuto a una interferenza dei CS sul metabolismo della vitamina D e in particolare ad una ridotta idrossilazione epatica del colecalciferolo in posizione 25. Studi successivi hanno tuttavia riportato dati contrastanti. Infatti, accanto a studi che segnalano aumenti dei livelli di metabolita attivo di-idrossilato della vitamina D dopo somministrazione cronica di CS, altri studi riportano livelli plasmatici invariati o addirittura ridotti di 1,25 di-idrossicolecalciferolo. Uno studio recente ha dimostrato che, nel ratto, i CS non sono in grado di
modificare l’attività e l’espressione dell’1-α idrossilasi a livello del rene, sia in corso di dieta normale che ipocalcica, e che il desametazone non modifica in questi animali le concentrazioni plasmatiche di 1,25 di-idrossivitamina D (6). Se gli effetti intestinali dei CS non sono mediati da una diretta interferenza sulla vitamina D, un possibile meccanismo patogenetico che spieghi la riduzione dell’assorbimento intestinale del calcio potrebbe essere una ridotta sintesi della proteina responsabile dell’assorbimento intestinale del calcio (calbindina-D28K). Un altro meccanismo potrebbe essere rappresentato da una riduzione dei recettori intestinali per la vitamina D. È stato infatti dimostrato che il desametazone determina una riduzione del numero di recettori per la vitamina D pari al 70%, in cellule umane simil-osteoblastiche in coltura, e inoltre che nei pazienti trattati con CS l’enterocita presenta una riduzione di altezza dei villi. I CS esercitano anche importanti effetti sul metabolismo renale del calcio. Se si infonde uno steroide acutamente non si registra alcun effetto sulla escrezione urinaria del calcio, ma se si misura la calciuria in pazienti trattati per più giorni, si osserva un progressivo aumento dell’escrezione urinaria del calcio. Il calcio viene normalmente filtrato dal glomerulo e successivamente riassorbito nel tubulo prossimale (in associazione al riassorbimento del sodio) e distale e nel ramo ascendente dell’ansa di Henle (senza concomitante riassorbimento del sodio). Poiché nei pazienti trattati con CS non vi è correlazione tra natriuria e calciuria, è possibile che l’effetto dei CS sul riassorbimento tubulare del calcio avvenga a livello del tubulo distale, attraverso un’azione diretta o, più verosimilmente, mediante inibizione di una proteina di trasporto tubulare, possibilmente simile alla proteina duodeno-digiunale. Nei pazienti trattati con CS Il
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ridotto assorbimento intestinale di calcio associato ad aumentata escrezione urinaria comporta una precoce negativizzazione del bilancio calcico. Alcuni studi degli anni ’80 avevano dimostrato che il trattamento steroideo può determinare un aumento compensatorio della secrezione del paratormone. Tuttavia tale dato non è stato confermato. In realtà appare più probabile che i CS determinino una riduzione della secrezione basale del paratormone (PTH) dovuta a un aumento della frazione di secrezione pulsatile (7) e che questo comporti un aumento della sensibilità dell’osteoblasta al PTH. Numerose studi indicano che il trattamento cronico con CS determina una riduzione della secrezione di ormoni sessuali. È peraltro noto che l’impiego protratto di CS si può associare ad amenorrea nella donna e impotenza nel maschio. Nei maschi cronicamente trattati con CS le concentrazioni plasmatiche di testosterone libero risultano ridotte rispetto ai controlli ed è stata documentata una correlazione inversa tra testosterone e dose quotidiana di prednisone
(8). Riassumendo, i CS sono in grado entro pochi giorni di indurre una negativizzazione del bilancio calcico, riducono le concentrazioni di ormoni sessuali e determinano un aumento compensatorio del PTH. È inoltre aumentata la sensibilità degli osteoblasti al PTH. Questi meccanismi determinano un aumento del riassorbimento osseo e una riduzione dell’attività di osteoformazione. La funzione osteoblastica nell’OP da CS è inoltre fortemente inibita per un meccanismo di inibizione, in parte diretto a livello cellulare e in parte mediato da fattori locali la cui sintesi e la cui attività appare inibita dai CS. Il risultato di queste complesse modificazioni è una riduzione della massa ossea con conseguente fragilità scheletrica e possibile comparsa di fratture osteoporotiche (Figura 1). CARATTERISTICHE CLINICHE L’OP indotta da CS presenta peculiari caratteristiche, la cui conoscenza è indispensabile per una corretta ed efficace strategia preventiva e terapeutica.
Figura 1 - Meccanismo d’azione dei corticosteroidi sullo scheletro (in vivo).
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Risposta osteoblastica al PTH
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Assorbimento intestinale di Ca++
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FIGURA 1
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Escrezione renale di Ca++
Riassorbimento osseo LH, FSH e steroidi sessuali
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Massa ossea
Numero e funzione degli osteoblasti
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Fattori di crescita scheletrica Sintesi e attività
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Neoformazione ossea
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Riduzione OPG OPGL →
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PTH + Attività
Le rilevazioni densitometriche hanno consentito di appurare che l’effetto osteopenizzante dei CS varia in funzione del comparto osseo considerato. In particolare i CS esercitano un’ influenza negativa prevalentemente a livello del compartimento metabolicamente più attivo e cioè dell’osso trabecolare, mentre la massa ossea corticale si riduce in misura inferiore e più lentamente. Ne deriva che l’OP da CS deve essere diagnosticata e monitorata nel tempo tramite rilevazioni densitometriche che misurano la massa ossea trabecolare, per cui le tecniche di riferimento più adeguate sono le rilevazioni a livello dei corpi vertebrali o dell’estremo ultradistale del radio. Come conseguenza di questo effetto, sono più precoci e frequenti le fratture da fragilità a livello delle sedi scheletriche maggiormente rappresentate da osso trabecolare, e questo è il motivo per cui i corpi vertebrali e le coste sono più frequentemente interessati. Dal punto di vista della cinetica della perdita di massa ossea l’OP da CS ha un caratteristico comportamento bifasico, caratterizzato da una perdita rapida nei primi 8-12 mesi di terapia, seguita da un periodo in cui la perdita risulta ancora progressiva, ma relativamente più lenta. Questo pattern bifasico è stato dimostrato sia da rilevazioni densitometriche che da studi longitudinali mediante istomorfometria. In questi ultimi, mediante biopsie seriate, è stata osservata una riduzione del volume trabecolare osseo che segue perfettamente la cinetica della perdita in termini densitometrici. Secondo questo pattern la perdita di osso trabecolare può essere descritta come una funzione esponenziale negativa. Da questo appare chiaro che qualsiasi strategia preventiva, per essere efficace, debba essere messa in atto all’inizio del trattamento steroideo allo scopo di prevenire la fase di perdita rapida. Inoltre, se è vero che esiste una fase
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iniziale di perdita rapida, è evidente che gli studi sulla efficacia della terapia dell’OP da CS dovrebbero tenere conto del momento di inizio della terapia, in quanto pazienti all’esordio e pazienti già in terapia da un anno o più possono risultare difficilmente confrontabili. Una terza caratteristica clinica è rappresentata dalla possibile, almeno parziale, reversibilità dell’OP indotta da CS. Il dato si basa essenzialmente su studi in vivo su pazienti guariti, dopo intervento chirurgico, da malattia di Cushing. In questi pazienti è stata osservata una correlazione significativa tra massa ossea e durata della guarigione, a dimostrazione del fatto che una volta cessata l’influenza dell’ipercorticismo, si assiste ad una positivizzazione del bilancio calcico e si ha una ripresa dell’attività di neoformazione ossea (9). PREVENZIONE E TRATTAMENTO Nonostante l’OP e le fratture indotte da CS siano largamente documentate in studi epidemiologici, condotti in popolazioni anche di differente nazionalità, estrazione, età, sesso, e tipo di malattia di base (1, 10), il loro impatto è a tutt’oggi ancora sottovalutato sia da parte dei pazienti che dalla stessa classe medica. Infatti la percentuale di pazienti in trattamento con CS che riceve un qualunque tipo di prevenzione o di terapia per l’OP è estremamente bassa, come emerge da indagini condotte fra medici di medicina generale, medici specialisti e medici che operano in reparti universitari. Numerosi sono i farmaci utilizzati per la prevenzione primaria [prevenzione della riduzione della massa ossea (BMD) in pazienti che iniziano la terapia con CS] e per quella secondaria (prevenzione di ulteriore riduzione di BMD e di fratture in pazienti già in trattamento con CS), e la maggior parte di questi è approvata anche per il trattamento
dell’OP post-menopausale. Bisogna tuttavia sottolineare che, a differenza di quest’ultima, gli studi clinici condotti nella OP indotta da CS sono di più breve durata, riguardano casistiche più limitate e spesso disomogenee per tipo di malattie di base (malattie reumatiche, malattie respiratorie, pazienti sottoposti a trapianto d’organo); questi studi inoltre non hanno mai come obiettivo primario la riduzione delle fratture che, al massimo, rappresentano un obiettivo secondario o sono segnalate come eventi avversi. Tutte le linee guida delle più importanti Società Scientifiche (1113) raccomandano misure generali da adottare in tutti i pazienti che necessitano di una terapia con CS, indipendentemente dalla dose e dalla durata di questa, purché superiore ai 3 mesi. Tali misure prevedono: sensibilizzare i pazienti per i rischi dei CS, adottare uno stile di vita che garantisca un’adeguata attività fisica (purché consentita dalla malattia di base), ridurre il consumo di alcool, abolire il fumo, garantire un adeguato introito di calcio con gli alimenti, misurare le concentrazioni sieriche di vitamina D [25(OH)D3] ricorrendo ad una supplementazione farmacologica se ridotte, mantenere il peso corporeo nella norma. È importante anche mantenere in questi pazienti l’introito di sodio entro i 2 g/die, in quanto un’ elevata eliminazione urinaria di sodio aumenta la perdita urinaria di calcio che si aggiunge a quella legata all’effetto ipercalciurico dei CS. Più specificamente poi si consiglia di utilizzare la dose minima di CS sufficiente a controllare la malattia, possibilmente in unica somministrazione mattutina, per non interferire con la cortisolemia endogena e quindi con il ritmo di produzione del CRF ipotalamico e dell’ACTH ipofisario, ricorrere quando possibile a vie alternative quali la via topica, intrarticolare, inalatoria o l’utilizzo
di boli. Riguardo a tali modalità di somministrazione, si segnala che una recente revisione della letteratura sottolinea la crescente preoccupazione per i possibili rischi della via inalatoria in pazienti con malattie respiratorie (14). Calcio e vitamina D I CS interferiscono con l’omeostasi fosfocalcica, e garantire, se necessario tramite supplementazione farmacologica, un introito giornaliero di calcio di 1-1,5 g e di 700-800 UI di vitamina D è una raccomandazione comune a tutte le più recenti linee guida (11-13). Le stesse linee guida raccomandano inoltre l’associazione di calcio e vitamina D alle terapie con bisfosfonati per evitare il rischio di una ipocalcemia e quindi di un iperparatiroidismo secondario e consigliano di controllate calcemia e calciuria quando si utilizzino le forme attivate di vitamina D (11-13). Tuttavia, se si considera l’effetto sulla BMD di calcio e vitamina D (più specificamente i metaboliti attivi), in associazione o da soli, un significativo incremento si è dimostrato solo in alcuni studi condotti su particolari tipologie di pazienti come pazienti anziani con polimialgia reumatica (15), pazienti sottoposti a trapianto d’organo (16), pazienti che avevano da poco iniziato la terapia con CS (17). Le più recenti metanalisi documentano che la vitamina D, inclusi i suoi metaboliti attivi, è al massimo più efficace del solo calcio o di nessuna terapia (18) nel trattamento della OP indotta da CS e manca di un effetto significativo sulle fratture (19). Del resto, dati derivanti dai gruppi di controllo dei trial clinici condotti nella OP indotta da CS, che ricevevano comunque calcio e vitamina D per motivi etici, evidenziano che tale supplementazione non aumenta la BMD in modo significativo né tanto meno riduce l’incidenza di nuove fratture vertebrali (20, 21).
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Terapia ormonale Gli estrogeni, utilizzati per correggere l’ipogonadismo indotto dal trattamento cronico con CS, hanno aumentato in modo significativo la BMD rispetto al gruppo controllo, in pazienti con artrite reumatoide in post-menopausa, in pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) in età post-menopausale e in età premenopausale ma con ipogonadismo. Anche l’efficacia del testosterone è stata valutata in pazienti asmatici di sesso maschile, in trattamento cronico con CS ed è stato evidenziato un incremento significativo della BMD (22). La correzione dell’ipogonadismo sia negli uomini che nelle donne in trattamento con CS, viene infatti raccomandata nelle linee guida (11-13). Tuttavia i risultati di due recenti studi che hanno valutato su un ampio numero di donne in post-menopausa il profilo rischi/benefici sia della terapia combinata estro-progestinica (23) che della sola terapia estrogenica (24) hanno evidenziato un aumentato rischio soprattutto per ciò che riguarda le malattie cardiovascolari e il tumore della mammella. Pertanto, pur essendo emersa un’ efficacia antifratturativa significativa da entrambi i trattamenti, se ne sconsiglia l’uso in termini di prevenzione di malattie croniche inclusa l’OP (23, 24). Bisfosfonati I bisfosfonati (BFs) sono attualmente considerati la terapia di scelta dell’OP post-menopausale (25, 26), di quella maschile (26) e di quella indotta da CS (11-13). L’etidronato (E), somministrato ciclicamente, ha prevenuto la riduzione di BMD in pazienti, per lo più affetti da malattie reumatiche che avevano da poco iniziato la terapia con CS (27) ed un effetto positivo sulla BMD è stato documentato anche in pazienti sottoposti a trapianto d’organo. Tuttavia il suo impiego nell’OP indotta da CS non è approvato in alcuni paesi fra cui gli Stati Uniti ed il nostro.
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Il clodronato (CLO) è stato utilizzato (per via orale) in pazienti asmatici con effetti positivi sulla BMD solo a dosaggi di 1600 e 2400 mg/die (28), mentre in pazienti sottoposti a trapianto d’organo, risultati positivi si sono ottenuti sia con 1600 mg/die (29) che con 800 mg/die (30). In uno studio a 3 anni, randomizzato in doppio cieco verso placebo (RCT), con end-point primario la riduzione dell’incidenza di fratture in donne con OP post-menopausale e OP secondaria, la somministrazione di 800 mg/die ha ridotto significativamente l’incidenza di fratture vertebrali (RR 0.54) ma non di quelle non vertebrali (31). Nell’ambito delle pazienti con OP secondaria, alcune (n=73) erano in terapia con CS, ma gli autori non riportano i risultati di questo sottogruppo. Il pamidronato (PAM), somministrato per via endovenosa (90 mg inizialmente e 30 mg ogni 3 mesi successivamente), ha aumentato la BMD in modo significativo in pazienti che iniziavano terapia con CS (32). Anche in pazienti sottoposti a trapianto d’organo, la somministrazione endovenosa intervallare ha dato significativi risultati in termini di incremento della BMD (33). Né PAM né CLO sono tuttavia approvati nel trattamento della OP indotta da CS. L’alendronato (ALN) è stato utilizzato in uno studio RCT, alla posologia di 5 e 10 mg/die in oltre 400 pazienti (maschi e femmine) con durata varia di trattamento con CS. La BMD è risultata significativamente aumentata e l’incidenza di fratture vertebrali ridotta nel gruppo ALN (34) dopo 48 settimane di terapia; la riduzione dell’incidenza di fratture vertebrali è risultata significativa (p=0,026) nel gruppo ALN (0,7%) verso il gruppo placebo (6,8%) nel successivo follow-up di 12 mesi (21). L’ALN ha confermato la sua efficacia anche nel trattamento di pazienti con OP stabilizzata sottoposti a trapianto renale (35) e, come recentemente dimostrato,
anche in pazienti sottoposti a trapianto cardiaco (16). Il risedronato (RIS), alla posologia di 2,5 e 5 mg/die è stato utilizzato in uno studio RCT di prevenzione e in uno di studio RCT di trattamento su un totale di 795 pazienti (uomini e donne) in terapia con CS i cui risultati sono stati analizzati in modo combinato in uno studio successivo (20). In entrambi gli studi sono emersi un significativo incremento della BMD in tutti i distretti valutati ed una riduzione dell’incidenza di fratture vertebrali (70%) che, nell’analisi combinata dei due studi (20), è risultata significativa (p=0,01). ALN e RIS sono approvati nella prevenzione e nel trattamento della OP indotta da CS anche nel nostro paese. Un problema particolare è rappresentato dalle pazienti in età fertile, che necessitano di terapia con CS, come lo sono spesso le pazienti con malattie autoimmuni (artrite reumatoide, LES, dermatomiosite). Gli studi clinici con ALN, RIS ed E hanno evidenziato che, nei piccoli sottogruppi di queste pazienti incluse in tali studi, l’incidenza di fratture vertebrali è molto bassa così come il rischio assoluto. Pertanto, anche in queste pazienti appare importante l’adozione di tutte quelle misure generali già indicate, in particolare la supplementazione con calcio e vitamina D; per ciò che riguarda invece l’impiego dei BFs, tutte le linee guida (11-13) ne raccomandano con precauzione l’uso sia per la lunga emivita nello scheletro, sia perché in studi condotti nel ratto è stato dimostrato che alcuni BFs attraversano la placenta e si accumulano nello scheletro del feto. Non disponiamo di dati sull’uomo, ma in un recente studio di farmacovigilanza sull’ALN, condotto nel Regno Unito su quasi 12.000 pazienti, due pazienti in trattamento con ALN in corso di gravidanza non hanno presentato alcun proble-
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Figura 2 - Algoritmo per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi da corticosteroidi. FIGURA 2 CS>5 mg di prednisone-equivalente per >3 mesi
Misure generali
Misurare BMD vertebrale e femorale §
T-score >-1
Rivalutare BMD dopo 12 mesi*
T-score tra -1 e -1,5
FX cliniche
T-score <-1,5
Alto rischio di Fx NO
SI
Paratormone Il paratormone (PTH) e più specificamente il PTH 1-34, agente con effetto anabolico, è stato utilizzato in donne in post-menopausa in trattamento cronico con CS, che già assumevano terapia ormonale sostitutiva (36). In questo studio RCT, dopo un anno di terapia con PTH 1-34, si assisteva ad un significativo incremento della BMD lombare (11%; p<0,001); nel follow-up di un anno dall’interruzione del PTH 1-34 (37), la BMD lombare rimane-
TRATTARE
BIBLIOGRAFIA
Se L-BMD ridotta >4% e/o F-BMD ridotta >7%, iniziare o modificare la terapia
ma, sia per loro stesse che per i loro neonati. Sembra comunque ragionevole valutare in questa particolare tipologia di pazienti il rapporto rischi/benefici dell’uso di tali farmaci (BMD molto ridotta, dosi elevate di CS, presenza o rischio elevato di fratture) informandone le pazienti stesse, adottare comunque metodi contraccettivi durante il trattamento e sospenderlo immediatamente in caso di gravidanza.
di fratture. Tutti i pazienti in trattamento cronico con CS, indipendentemente dalle dosi e dalle modalità di assunzione utilizzate, dovrebbero pertanto adottare misure precauzionali e, se necessario, iniziare un trattamento osteoprotettivo con antiriassorbitivi associati a calcio e vitamina D. I BFs rappresentano al momento i farmaci di prima scelta; il PTH 1-34 potrà rappresentare una ulteriore opzione. Nella Figura 2 è suggerito un possibile algoritmo per la prevenzione ed il trattamento dei pazienti in terapia con CS.
Rivalutare BMD dopo 12-18 mesi
va stabile mentre anche la BMD femorale aumentava in modo significativo. Mancano studi prospettici per valutarne l’efficacia sulle fratture, ma lo specifico effetto anabolico sugli osteoblasti del PTH somministrato giornalmente, recentemente documentato (38), rappresenta un importante razionale per la sua efficacia antifratturativa anche nella OP indotta da CS, che riconosce come uno dei principali meccanismi l’inibizione della neoformazione ossea. L’impiego di tale farmaco in questa forma di OP non è per il momento approvato in nessun paese ed il suo uso potrebbe esser riservato a quei pazienti che non rispondono al trattamento con BFs associati a calcio e vitamina D.
CONCLUSIONI Il trattamento cronico con CS ha un impatto negativo sulla BMD e si accompagna ad elevata incidenza
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Obesità e corticosteroidi
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OMBRETTA DI MUNNO ET AL.
QUADRO SINOTTICO DEI FARMACI CITATI Principio attivo
Nome commerciale
Casa farmaceutica
Preparazione Dosaggio (mg)
Alendronato
Adronat Alendros Dronal Fosamax Genalen
Neopharmed Abiogen Pharma Sigma Tau Merck Sharp & Dohme Ist. Gentili
Compresse
10, 70
Clodronato
Clasteon Clodron Clodronato Teva Clody Difosfonal
Abiogen Pharma Fidia Farmaceutici Teva Pharma Italia Promedica Spa
fl im, ev, cpr fl im, ev, cpr fl im, ev fl im, ev fl im, ev, cpr
100, 300, 400 100, 400 100 100, 300 100, 300, 400
Raloxifene
Evista Optruma
Eli Lilly Italia A. Menarini
Compresse
20
Risedronato
Actonel Optinate
Procter & Gamble Aventis
Compresse
5, 30, 35 5, 35
Teriparatide
Forsteo
Eli Lilly Italia
Fiale sc
20 mcg
Calcio carbonato
Calcio Chiesi Cacit 1000 Metocal
Chiesi Procter & Gamble Rottapharm
Compresse
1000
Calcio lattogluconato/ calcio carbonato
Calcium Sandoz Calcium Sandoz Forte
Novartis Consumer Health Novartis Consumer Health
Compresse
500 1000
Calcio carbonato/ colecalciferolo
Calcicol D3 Calcium D3 Sandoz Cacit Vitamina D3 Eurocal D3 Ideos Metocal Vitamina D3 Natecal D3 Orotre
Fidia Farmaceutici Novartis Consumer Health Procter & Gamble Promedica Elan Pharma Italia Rottapharm Italfarmaco Theramex
Compresse Bustine
1000 + 880 UI
Calcio fosfato tribasico/ colecalciferolo
Calplus D3 Osteofos D3
Lab. Guidotti A. Menarini
Bustine
1200 + 800 UI
Ergocalciferolo
Ostelin 800
Teofarma
Fiale os, im
400000 UI
Alfacalcidolo
Dediol Diseon
Rhone Poulenc Rorer Teva Pharma Italia
Capsule, gtt
0,25 mcg - 10 ml-2 mcg/ml 0,25, 1 mcg- 10 ml-2 mcg/ml
Calcitriolo
Calcitriolo Teva Difix Rocaltrol
Theva Pharma Italia Promedica Roche
Capsule
0,25 - 0,5 mcg
Calcifediolo
Didrogyl
Bruno Farmaceutici
Gocce
10 ml/1,5 mg
Prednisone
Deltacortene
Bruno Farmaceutici
Compresse
5, 25
1250
Compresse 600 + 400 UI 1250
(continua)
79
Obesità e corticosteroidi
QUADRO SINOTTICO DEI FARMACI CITATI (continua) Principio attivo
Nome commerciale
Casa farmaceutica
Preparazione Dosaggio (mg)
Metilprednisolone
Medrol Urbason Urbason retard mite
Pharmacia Upjohn Aventis Pharma Aventis Pharma
Compresse
4, 16 4 4
Metilprednisolone emisuccinato sodico
Urbason solubile Solu medrol
Aventis Pharma Pharmacia Upjohn
Fiale im Fiale ev, im
20, 40, 250 40, 125, 500, 1000, 2000
Metilprednisolone acetato Depo Medrol
Pharmacia Upjohn
Fiale im
40
Desametasone
Decadron
Merck Sharp & Dohme
Compresse
0,5 - 0,75
Desametasone fosfato disodico
Decadron Fosfato Soldesam fiale Soldesam forte fiale Soldesam gtt
Merck Sharp & Dohme Lab. Farm. Mil. Lab. Farm. Mil. Lab. Farm. Mil.
Fiale ev, im
1, 2 4 8 10 ml/0.2%
Betametasone
Celestone
Schering Plough
Compresse Gocce
0.5 10 ml–0.5 mg/ml
Betametasone fosfato disodico
Bentelan
Defiante Farm. Unipessoal
Fiale ev, im; cpr 1,5 - 4 - 0,5 - 1 R
Deflazacort
Deflan Flantadin
Laboratori Guidotti Lepetit
Cpr; gocce
6, 30 - 13 ml
Estradiolo
Estraderm TTS Gelestra
Novartis Farma Abiogen Pharma
Cerotti trans. Gel
25, 50, 100 mcg/die 2,5 g/bustina
Estradiolo emiidrato
Estrodose Aerodiol
Wyeth Lederle Servier Italia
Gel Spray nasale
80 g 60 dosi/flacone
Estradiolo+trimegestone
Totelle
Wyeth Lederle
Compresse
Estradiolo+noretisterone
Estalis Sequi 50/250
Novartis Farma
Cerotti trans.
Estradiolo+diidrogesterone Femoston L Femoston Conti Femoston
Solvay Pharma
Compresse
1/10 1/5 2/10
Testosterone
Testoviron Depot Sustanon
Schering Organon Italia
Fiale im
100, 250 250
Testosterone enantato
Testo-Enant
Geymonat
Fiale im
100, 250
80