DAI CONGRESSI
P e r iniziativa della di Novara, e del locale M i n i s t e r o della Sanitfi, corso di a g g i o r n a m e n t o A. Gambigliani-Zoccoli.
Camera di C o m m e r c i o , I n d u s t r i a , A r t i g i a n a t o ed A g r i c o l t u r a O s p e d a l e Maggiore della Caritfi, e sotto il p a t r o c i n i o de1 si ~ t e n u t o a N o v a r a dal 29 aprile ,al 4 m a g g i o 1968 u n su <~ II diabete: prevenzione e clinica >>, d i r e t t o dal prof.
T e m a : II diabete, malattia del benessere. Re!atore: SIGNORELLI S. - C a t a n i a Ii diabete ~ forse la pitt importante, certamente la pitt diffusa, delle malattie del metabolismo. Con l'ausilio di alcuni schemi esplicativi 1'O. ilIustra il metabolismo intermedio dei principi alimentari soffermandosi particolarmente sugli aspetti che rivestono maggiore importanza per la comprensione delle alterazioni metaboliche proprie della malattia diabetica. II diabete ( c h e l a scoperta dell'insulina ha trasformato in malattia sociale) presenta un costante e progressivo aumento soprattutto nelle nazioni a pitt elevato sviluppo economico. In Italia, il diabete colpiva nel 1939 circa lo 0,5 % della popolazione, nel 1950 il 2 %. E' quasi sconosciuto ancora oggi in alcune nazioni sottosviluppate (Malesia, Pakistan): rappresenta un problema di primaria importanza helle nazioni a pitt alto tenore di vita (Stati Uniti). L'aumento del diabete si accompagna con l'aumento dell'obesitK La terapia insulinica con la conseguente minore mortalitY, la pitt frequente possibilit~ di procreazione offerta ai diabetici, spiegano in parte l'aumento dei casi della malattia. Di alto interesse sociale ~ il problema del prediabete e del diabete latente: nell'et~ avanzata circa il 70 % della popolazione pu6 essere considerato affetto da diabete potenziale. L'ereditariet~ del diabete non ~ ancora conosciuta in modo sufficiente: suggestiva l'ipotesi c h e l a malattia sia condizionata da un gene, estremamente diffuso, capace di orientate il metabolismo degli idrati di carbonio verso i tessuti adiposi. Tale gene avrebbe Io scopo di tesaurizzare riserve energetiche: questa condizione era d~ estrema importanza (e Io ~ tuttora nei paesi sottosviluppati) nel permettere la sopravvivenza degli individui nei periodi di carestia. Quando l'iperalimentazione non viene pitt interrotta dai periodi di carestia compare l'obesit~, la quale rappresenta il substrato su cui si svilupper~ la malattia diabetica. Questa teoria stata confermata d'a ricerche sperimentali, come nei ratti sottoalimentati portati in condizioni di iperalimentazione. L'importanza del diabete ~ inoltre accresciuta dalla Dequente comparsa delle complicanze, soprattutto cardiovascolari: arteriosclerosi giovanile (1'80 % degli infarti miocardici insorti in giovane etk si sviluppa in soggetti diabetici e prediabetici), microangiopatia, neuropatia, etc. L'O. sottolinea inoltre la necessit~ che intorno a questa malattia si crei una coscienza sociale. T e m a : Attualita in tema di patogenesi del diabete. Relatore: GAMBIGLIANI-ZoccoLI A° - N o v a r a La patogenesi del diabete mellito essenziale (o primario) ~ stata in parte chiarita da nuove tecniche di studio. I1 dosaggio delPattivitfi similinsulinica del _plasma ha confermato la distinzione, gi~ prospettata in base a rilievi clinici, di due forme di diabete: 1) il diabete giovanile, 2) il diabete dell'adulto. I1 primo ~ caratterizzato dall'assenza di attivit~ similinsulinica del plasma (diabete endocrino), il secondo da una diminuita attivit~ similinsulinica (diabete da inibizione insulinica). 409
IL DIABETE:
P R E V E N Z I O N E E CLINICA
Nel diabete giovanile h stata talora sostenuta la responsabiIit~t di meccanismi autoaggressivi (insuliti): nel diabete dell'adulto I'obesit~, segno di un particolare orientamento metabolico deli'organismo, precede spesso il conclamarsi della malattia. L'evidenziazione di due diversi tipi di insulina nel plasma (variamente denominati dai vari AA.) rende ragione di alcuni aspetti propri del diabete dell'aduho (obesith, diminuita attivit~ metabolica dell'insulina circolante, etc.). Inohre sono staff evidenziati alcuni antagonisti dell'insulina (NEFA, sinalbumina, etc.) responsabili di una attivit~t insulinica uheriormente diminuita. Per cui il diabete si manifesta attraverso due fondamentali meccanismi patogenetici: una sofferenza funzionale pancreatica (assenza o diminuzione di secrezione insulinica) ed una sofferenza metabolica periferica (antagonismo all'insulina). II particolare orientamento metabolico delI'individuo diabetico 6 sostenuto da fattori ereditari (ereditarieth sostenuta da diversi geni, con diversa espressivith e penetranza the orientano il metabolismo in senso lipidico e che probabilmente inducono una precoce alterazione della membrana basale dei capillari). Ii diabete mellito h distinto, a seconda delIe fasi cliniche, in prediabete, diabete latente, diabete manifesto: il quale ultimo si differenzia nei due quadri di diabete giovanile (o magro) e diabete dell'aduho (o grasso). Quest'ultimo, col passare degli anni, acquista tutte le caratteristiche del diabete giovanile. Le acquisizioni patogenetiche acquistano una rilevante importanza anche ai fini di una prevenzione, impedendo iI passaggio dallo stato di prediabete a quello di diabete conclamato (regime dietetico appropriato, misure che impediscono l'insorgenza della obesith, etc.). Tema:
Apparato digerente e diabete.
Re]atore:
LAB6 G . - B o l o g n a
L'O. escIude dalla sua trattazione la patologia del fegato, che richiederebbe di per se sola una lezione a parte e sottolinea la difficoIt~t di stabilire la primitivit~ o meno della patologia delI'apparato digerente rispetto aI diabete. La malattia diabetica pu6 condurre ad affezioni che interessano la pane esocrina del pancreas. Attraverso alterazioni vascolari il diabete pu6 indurre una pancreopafia fino alla cirrosi pancreatica: all'opposto, una malattia che coinvolge la parte esocrina del pancreas pu6 condizionare il diabete. In base ad una casistica personale comprendente 107 casi, la pancreatite cronica si accompagna neI 10,7 % a diabete conclamato, mentre la percentuale raggiunge il 31 o% dei casi se si considerano anche le forme di diabete subclinico. Le pancreatiti croniche calcifiche si accompagnano nella maggioranza dei casi a diabete (60 %). Anche affezioni delle vie biliari (litiasi, flogosi, discinesie condizionate da neuropatia viscetale o da aherazione dei rapporti colecistochinina-anticolecistochinina, etc.) possono indurre, attraverso l'insorgenza di una pancreopatia, spesso recidivante, il diabete. Per quanto riguarda il tubo digerente ~ invece la malattia diabetica che pu6 condizionare, soprattutto attraverso disturbi della motilitY, situazioni morbose a carico dell'esofago, dello stomaco, de11'intestino. Su 14 pazienti diabetici in 3 ~ stato evidenziato disturbo della motilith dell'esofago, verosimilmente sostenuta da una neuropatia viscerale (mancanza di onde peristal. fiche, fibrillazioni, ritardo di svuotamento, reflussi, etc.). Per quanto riguarda lo stomaco, aherazioni istologiche e della secrezione (a parte una diminuita secrezione basale) sono scarsamente evidenziate ma nuovi mezzi di indagine (radiocinematografia con pasto opacizzato, etc.) documentano invece !a frequenza di disordini funzionali della motilith, accompagnafi da sintomatologia clinica sia pure non specifica. Talora si pu6 arrivare al grave quadro della paresi gastrica. Le neuropatia e l'angiopatia diabetiche sono probabilmente le cause che condizionano le aherazioni motorie del viscere. La diarrea 6 sintomo molto frequente nel diabete e trova in aherazioni della motilith intestinale la sua causa pih frequente. L'accelerato transito e non una condizione di malassorbimento ~ responsabile della diarrea: rare infatti sono le lesioni istologiche documentate. Successivamente, un dismicrobismo e I'insorgere di uno stato di insufficienza pancreatica intervengono nell'aggravare la sintomatologia. E' stata frequentemente notata una degenerazione del plesso nervoso sottomucoso (neuropatia viscerale diabetica). A carico de1 grosso intestino ~ stata riscontrata I'esistenza di megasigma. Tema:
L'insulina: attualit~ di fisiopatologia.
Relatore:
COMOU G . - N o v a r a
A quasi cinquant'anni dalla scoperta dell'insulina, e nonostante l'enorme mole di stud'i e ricerche, ci sfugge ancora il preciso significato di questo ormone ed il suo meccanismo d'azione. Gli effetti metabolici dell'insulina conosciuti fino ad oggi sono 22, ma nessuna teoria riesce ad interpretarli tutti in modo unitario. 410
1L DIABETE: PREVENZIONE E CLINICA E' conosciuta la struttura primaria dell'insulina dell'uomo e di altre specie animali, ma si ignora qualsiasi nozione sulla sua struttura secondaria e terziaria. Sono invece ben conosciuti gli stimoli cbe inducono il rilascio dell'insulina da parte delle cellule ~: il glucosio (capace anche di stimolare l'insulinogenesi), Ia tolbutamide, le leucina (ed in minor misura anche l'isoleucina), la secretina, il glucagone, l'ossitocina, I'ACTH, il cortisone e I'STH sono tutti fattori che, attraverso vari meccanismi, inducono un incremento del rilascio dell'insulina, la quale, immessa nel circolo portale, arriva al fegato dove viene in parte degradata, in parte coniugata, in parte convogliata verso il circolo generale. I1 dosaggio dell'attivit~ similinsulinica del plasma (attra. verso metodi biologici e radioimmunologici) ha permesso di distinguere due tipi di insulina, denominati diversamente a seconda dei vari AA. (libera e coniugata, tipica ed atipica, soppressibile e non soppressibile, etc.). Per quanto questi termini non siano da interpretarsi come sintomi, tuttavia questi studi hanno chiaramente dimostrato il fatto che l'insulina circolante non unica. I daft cos~ ottenuti hanno anche permesso una nuova impostazione patogenetica della malattia. Nel condizionare l'attivit~ insulinica a livello dei tessuti periferici, oltre il livelio e il tipo di insulina circolante, sono di estrema importanza alcuni fattori antagonisti ed inibitori che, con vario meccanismo, diminuiscono l'attivit~ dell'insulina. Tra i pih noti si ricordano gli anticorpi anti-insulina, la sinalbumina, i NEFA, alcuni ormoni (catecolamine, STH, ACTH, cortisone), un fattore che migra con le ~-globuline ed h presente negli stati di chetosi, etc. Inoltre sono presenti alcuni sistemi di degradazione dell'insulina a livello del fegato, dei reni, del pancreas, della placenta, i quali intervengono nel diminuire l'attivith dell'insulina circolante. Dal momento in cui viene prodotta ed immessa in circolo, al momento in cui esplica la sua attivit~ a livello dei tessuti periferici, l'insulina viene sottoposta ad una serie di condizionamenti, ora prevalendo uno, ora assumendo maggior importanza un altro, per cui un identico effetto pu6 trovare la sua ragione in cause diverse. T e m a : I I coma. R e l a t o r e : CAMPANINI H . - N o v a r a Oltre al coma chetoacidosico sono stati individuati due nuovi tipi di coma metabolico: il coma iperosmolare senza acidosi ed il coma acidotico iperlattacidemico. Fattori precipitanti del coma chetoacidosico sono le infezioni, gli interventi chirurgici, la gravidanza, Io shock, l'etilismo, gli errori terapeutici e dietetici. Nello stato di coma si ha perdita di coscienza, diminuzione e abolizione di riflessi, collasso, respiro di Kussmaul, ipotermia, secchezza della cute, iperglicemia ( > 300-500 mg %), glicosuria, aumento dei lipidi totali, dei trigliceridi, dei NEFA, del colesterolo, iperchetonemia e chetonuria, iperazotemia ( > 100rag %), ipopotassiemia, natremia normale o aumentata con elevata natruria, ipocloremia con elevata cloruria, acidosi metabolica (diminuzione del pH, dei bicarbonati ematici, delle basi tampone, dell'eccesso di basi). La carenza assoluta o relativa d'insulina 6 il primum movenx. L'iperglicemia e l'ipochetonemia non sono Ia causa diretta del coma. Le turbe del ricambio idrico-elettrolitico, l'ipopotassiemia intracellulare, l'acid'osi metabolica possono determinate delle alterazioni funzionali neuronali nella maggior parte dei casi reversibili. La terapia del coma chetoacidotico verte su tre punti fondamentali: 1) somministrazione di insulina pronta, 2) reidratazione, 3) correzione dell'acidosi metabolica. I1 coma iperosmolare senza chetoacidosi si verifica pica spesso nell'adulto in conseguenza di un incidente cerebrale acuto, di un infarto, di profuse sudorazioni e diarree, di vomiti incoercibili. I1 coma 6 preceduto da una fase precomatosa durante la quale si instaura progressivamente l'iperosmolarit~. Si tratta di un coma vigile o di un semplice stato di torpore. Quali segni si possono avere: iperreflettivifft osteotendinea, tremori, convulsioni, positivit~ bilaterale del segno di Babinski, polipnea (quasi mai respiro di Kussmaul), rialzi termici, collasso cardiocircolatorio. La caratteristica principale di questo tipo di coma h la grave disidratazione. Si hanno valori glicemici elevati ( > 1000 mg 95), ipernatremia con bassa natruria, iperosmolarit~ plasmatica oltre i 350 mOsm/1, iperazotemia ( > 100 nag %), assenza di iperchetonemia, di chetonuria e di alterazioni dell'equilibrio acido-base. La grave disidratazione ipertonica h il fattore patogenetico responsabile, secondo i vari AA., del coma. Difficile da spiegare 6 la mancanza delia chetosi. Come terapia, oltre a quella insulinica, acquista notevole importanza quella reidratante, che deve essere fatta con soluzioni ipotoniche. I1 coma acid'otico iperlattacidemico senza chetosi pu6 verificarsi oltre che nel diabetico, anche in soggetti non diabetici. Le cause scatenanti possono essere: carico glicidico superiore alle limitate capacit~ metaboliche, somministrazione di biguanidi, collasso cardiocircolatorio, trattamenti prolungati con farmaci vasocostrittori adrenalici, l'insufficienza renale, l'ingestione in eccesso di alcool, La sintomatologia ~ uguale a quella che abbiamo visto nei coma precedenti. Dal punto di vista biochimico si ha oltre all'iperglicemia ed' alia glicosuria, iperlattacidemia ed iperpiruvicemia, assenza di iperchetonemia e chetonuria, acidosi metabolica (diminuzione del pH, dei bicarbonati ematici, dell'eccesso di basi, delle basi tampone). Per quanto riguarda la terapia, questa si basa sull'insulina e su soluzioni alcalinizzanti. 411
IL DIABETE:
PREVENZIONE
E CLINICA
II coma ipoglicemico ~ dovuto a sovradosaggio di agenti ipoglicemizzanti (insulina, sulfaniluree). I sintomi neuropsichici dipendono daila mancanza del glucosio necessario a mantenere i processi metabolici della cellula nervosa. I1 coma ipoglicemico viene quindi considerato un tipico coma da mancanza di substrato. I sintomi prodromici consistono in sensazione di malessere, astenia, ansiet~t, tachicardia, sudorazione, poi si ha sonnolenza, ipotonia, etc.; infine, midriasi, pallore, respirazione superficiale, abolizione dei riflessi, perdita della coscienza. La terapia consiste essenzialmente nella somministrazione di glucosio. Tema:
Incidenza sociale del diabete.
Relatore:
CATAMA E. - N o v a r a
Una precisa definizione di malattia sociale non ~ ancora stata data: tuttavia, dalla maggior parte degli studiosi, viene ritenuta di interesse sociale una malattia che comporta un danno rilevante per l'economia della collettivitS. La malattia diabetica per Ia sua iarga diffusione, la frequenza delle complicanze con le conseguenti invalidit~t, l'alta mortalitY, rappresenta una condizione morbosa di alto interesse sociale. I1 diabete non richiede l'obbligo della denuncia e pertanto uno studio sulla morbosit~ deve basarsi su metodi indiretti (durante il periodo bellico e post-bellico era stata presa in considerazione la distribuzione di tessere alimentari e di insulina). Attualmente, a parte alcune indagini condotte in qualche citt~, abbiamo a disposizione Ie statistiche della morbosit~ raccolte dai grandi istituti assistenziali (soprattutto I'INAM) i quali, estendendo la propria com. petenza sulla stragrande maggioranza della popolazione, possono fornire daft sufficientemente estesi. Risulta da queste statistiche che Ia regione pi~ colpita ~ il Friuli, la meno colpita la Sardegna. Negli ultimi anni si ~ assistito ad un reale aumento della malattia che colpisce attuahnente, in forma conclamata, 1'1% delle popoIazioni, in forma latente un altro 1 % . Sono pih colpite le et~ avanzate (60-70 anni), gli uomini nella misura del 38 % e le donne nella misura del 62 %. Ai fini sociali, di grande importanza sono gli staff prediabetici e di diabete latente. Si sente pertanto sempre pih la necessit~ dell'istituzione di Centri Antidiabetici per iI d@istage della popolazione e per l'impostazione di misure preventive al fine di ottenere che il diabete potenziale non diventi attuale. I1 diabete, per la sua incidenza suIIa capacit~ lavorativa del soggetto, rappresenta inoltre una malattia che incide notevolmente nell'economia della nazione. Tema:
II d@istage del diabete: criteri organizzativi e tecnici.
Relatore:
ROMAGNOLt G. - N o v a r a
I1 costante aumento &lie malattie degenerative apre nuovi problemi sul piano delia medi~ cina sociale e della profilassi. Anche per questo tipo di malattie, come gi~ ~ stato fatto per le malattie infettive, si impone uno studio dei fattori che favoriscono e che inibiscono l'insorgere conclamato della malattia, al fine di intervenire preventivamente. Per iI diabete mellito, come per le altre malattie degenerative, ~ necessario predisporre misure su larga scala al fine di: a) procedere ad un accertamento diagnostico precoce; b) evidenziare gli staff latenti di malattia (ddpistage); c) correggere i fattori predisponenti l'insorgenza della malattia; d) potenziare i fattori inibenti l'insorgere della malattia. E' necessario selezionare gli staff premorbosi attraverso l'instaurazione di esami sistematici (tail da presentare un bilancio fisiologico quanto pi~ esteso possibile dell'organismo) oppure indirizzarsi pi~ selettivamente verso quelle indagini capaci di evidenziare un singolo stato morboso (d@istage: ad esempio schermografia di massa, etc.). Uno studio etiopatogenetico della malattia diabetica ~ indispensabile al fine di evidenziare tutti i fattori predisponenti (ereditariet~, obesitY, alterazioni umorali in senso dislipidemico, er, rori alimentari quantitativi o qualitativi, sedentariet~, etc.). E' inoltre necessario predisporre tutte quelle indagini atte ad evidenziare la malattia diabetica (anamnesi, glicosuria, glicemia, vari tests di tolleranza al glucosio, stimolazione delle cellule ~ delle isole pancreatiche). Di estrema importanza ~ l'identificazione dello stato di diabete potenziale: in questi casi ~ possibile intervenire profilatticamente, impedendo il passaggio della malattia allo stato attuale, con le gravi complicanze che, pi~t o meno tardivamente, insorgono in modo pressoch8 costante. Nel Centro di Medicina Preventiva del Comune di Novara, su 23.000 soggetti esaminati l'incidenza del diabete ~ risultata essere del 2 %, pari alla media nazionale. L'incidenza ~ molto pih elevata su gruppi di soggetti selezionati (obesi, dislipidemici, ipertesi, arteriosclerotici, etc.) e raggiunge la cifra del 20-30 %. 412
IL DIABETE:
Tema:
PREVENZIONE
E CLINICA
Metodologie per l'identificazione del diabete latente.
Relatore:
COMINaZZlm C. - N o v a r a
I vari mezzi utili per una precisazione diagnostica sono diversi a secondo delle fase di diabete: iI problema pi~ importante h quello di svelare un diabete potenziale al fine di impedire, attraverso una conveniente profilassi, l'insorgenza di un diabete attuale. Importante h la raccoha di un'accurata anamnesi (familiaritfi, paradosse crisi ipoglicemiche spontanee, etc.). Le indagini utili possono essere cos~ schematizzate: 1) glicosuria, 2) glicemia, 3) tolleranza al carico di glucosio, 4) stimolazione delle cellule ~ (tolbutamide), 5) dosaggio dell'insulina circolante, 6) studio di altri metaboliti del glucosio, 7) ricerca della microangiopatia (fondo oculare). Non tutte queste indagini sono alia portata di ogni laboratorio, anzi talune non sono ancora uscite dalla fase della ricerca pura. Per quanto riguarda la glicosuria 6 evidente la necessit~ di una metodologia che evidenzi il glucosio veto e non altre sostanze riducenti: prova della fermentazione, metodi polarimetrici, glucosio-ossidasi etc.; molto pratiche, per un orientamento, le cartine, basate sul metodo enzimatico. Anche in questo caso h tuttavia necessario tenere presente le glicosurie vere non diabetiche, come all'opposto l'assenza di glicosuria in presenza di diabete (soggetti con alta soglia renale), La glicosuria va fatta su un campione delle 24 h oppure su un campione dopo 2 h dal pasto. Anche per la glicemia esiste il problema del dosaggio del glucosio vero: metodi chimici ed enzimatici attualmente in uso danno una garanzia di sicurezza. Ovviamente i valori glicemici normali sono inferiori (0,30-0,90 g%o) a quelli ottenuti con i metodi chimici tradizionali. Per un primo orientamento esistono cartine che rispondono bene allo scopo. Una normoglicemia a digiuno ha scarso valore: meglio praticare l'esame dopo 2 h dal pasto oppure dopo carico di glucosio. Nel giudicare una glicemia 6 da tenere presente anche I'eth del soggetto (al di sopra dei 45 anni la glicemia, anche in assenza sicura del diabete, h pi6 elevata). Inoltre una certa differenza esiste tra glicemia venosa e capillare. E' quindi necessaria una standardizzazione dei metodi, per ottenere dati confrontabili. La stessa esigenza h sentita anche per le prove da carico di glucosio: quantit~ di glucosio impiegato, via di somministrazione, sensibilizzazione della prova mediante cortisonici (al di sotto dei 15 anni esiste una ipersensibilith al cortisone). Anche la prova di stimolazione delle cellule ~ necessita di una pih precisa standar. dizzazione (somministrazione della tolbutamide per os o per via endovenosa, criteri pet l'interpretazione dei dati). Tema:
Attualit~ in tema di patogenesi e mor/ologia della vasculopatia diabetica.
Relatore:
R o s s I G. - N o v a r a
II limite di demarcazione tra la vasculopatia diabetica e quella aterosclerotica ~ incerto. E' tuttavia noto c h e l a prima forma ~ pih grave e colpisce di solito in eta pih giovanile (insorge circa una d ecina di anni prima): inoltre sembra non avere stretti rapporti con la gravit~ de1 diabete, ma piuttosto con la sua durata. I soggetti diabetici ne sono quasi costantemente colpiti, con una spiccata predilezione per le coronarie e per le arterie degli arti inferiori. La lesione vascolare veramente caratteristica della malattia diabetica ~ perb la microangiopatia, presente spesso anche nella fase prediabetica. L'istologia, con l'ausilio delle colorazioni specifiche, ha evidenziato in ogni caso un'alterazione della membrana basale, con ispessimenti, depositi di materiale mucopolisaccaridico, glicolipoproteico. Frequenti sono anche i fenomeni essudativi, Ie trombosi, i microaneurismi. Sul piano clinico sono di particolare importanza, per la frequenza e la gravita della compromissione fun. zionale, le lesioni dei piccoli vasi a carico del rene, della retina, della cute. Frequenti anche le lesioni a carico dei nervi, sostenute da alterazioni dei vasa nervorum. Le lesioni a carico del rene, molto frequenti, si manifestano sotto tre forme principali: 1) la glomerulosclerosi di Kimmelstiel-Wilson che presenta caratteristiche alterazioni (noduli jalini periferici, depositi di materiale debolmente PAS-positivo nel mesangio, etc.). E' pih in rapporto con la durata del diabete e con i frequenti squilibri metabolici che con la gravit~ della malattia; 2) la glomerulosclerosi diffusa di Bell, non del tutto specifica; 3) la jalino-fibrinosi con alterazioni e ssudativo-flogistiche. La retinopatia, molto studiata anche per la possibilit~ di una diretta osservazione dei piccoli vasi alterati, h parimenti molto frequente, con alterazioni microaneurismatiche, etc., tutte ben descritte dagli oculisti. Importante anche la necrobiosi cutanea sostenuta dalla microangiopatia del derma. La patogenesi delia microangiopatia non ~ del tutto chiarita: da alcuni si d~ importanza oltre a condizionamenti ereditari, a modificazioni umorali (dislipidemia, squilibri glicemici, etc.; tuttavia queste alterazioni umorali sono state considerate come conseguenza e capaci semmai di aggravare la microangiopatia piuttosto che esserne causa). Altri AA. sottolineano 413
IL DIABETE:
PREVENZIONE E CLINICA
l'importanza di fattori ormonali (ovarici, surrenalici, ipofisari). Altri, infine, in base a studi con l'immunofluorescenza, sostengono una teoria immunitaria. E' stato infatti notato che y-globuline hanno la capacit5 di fissare il complemento, con deposizione dei complessi antigene-anticorpo a livello della membrana basale dei capillari.
Tema:
II rene diabetico.
Relatore:
MADULI S. - N o v a r a
In era preinsulinica le principali cause di morte dei malati diabetici erano costituite dalla chetoacidosi e dal coma, oppure dal sopravvenire di infezioni intercorrenti. A seguito della terapia insulinica le vasculopatie e particolarmente la nefropatia, soprattutto in casistiche di diabetici giovani, assumono quale causa di morte importanza sempre maggiore. I pig colpiti sono infatti i giovani da lungo tempo affetti dalla malattia, con et~t di insorgenza al di sotto dei 20 anni. Da un punto di vista generale le complicanze renali del diabete mellito possono essere di tre tipi: I) l'arterio- e arteriolo-sclerosi, 2) la glomerulosclerosi di Kimmelstiel-Wilson, 3) la pielonefrite. Di queste, quella che in modo pig specifico si collega alla malattia diabetica ed alla microangiopatia ~ l'aherazione delle strutture glomerulari, cio~ la glomerulosclerosi. Una correlazione positiva ~ accertata tra inadeguatezza del controllo metaboIico e frequenza e gravifft della microangiopatia, e quindi della nefropatia diabetica. Inohre h stata documentata la presenza della lesione glomerulare diffusa anche negli stadi precoci della malattia diabetica e persino anche prima della manifestazione del difetto metabolico e della comparsa della espressione clinica; Ie aherazioni pig iniziali sono presenti in pig elevata percentuale nel gruppo di malati con diabete ben compensato. Secondo Reubi ~ possibile una distinzione tra due tipi clinici di nefropatia diabetica. La prima h la cosiddetta <
> che compare soprattutto in malati con meno di 40 anni, in cui accanto al diabete manifesto esiste una sindrome nefrosica (con grave proteinuria, lipidlaria, iperlipidemia, ipo- e disprotidemia ed edemi), spesso ipertensione e, pressochh costantemente, la retinopatia. La funzione renale ~ spesso compromessa con quota di filtrazione bassa. I primi sintomi clinici compaiono dopo mohi anni dalla scoperta del diabete ed il quadro clinico evolve in 15-20 anni. Tale sindrome conclamata h per6 molto meno frequente delle altre forme <>. Queste pongono problemi diagnostici talora difficili e possono essere definite con sicurezza solamente con l'ausilio della biopsia renale. Particolarmente nel diabetico anziano va tenuto in considerazione il fatto che nel condizionare il quadro morboso della nefropatia spesso giocano un ruolo importante I'arterio- e l'arteriolosclerosi dei vasi renali e, specie nelle donne, anche la pielonefrite cronica. Nel decorso avanzato della malattia pub intervenire un fenomeno, probabilmente legato al difetto della filtrazione glomerulare, per cui il diabete tende apparentemente a migliorare, non solo per diminuzione della glicosuria che non 6 pig proporzionale ai valori glicemici, ma spesso per una modificazione delia situazione metabolica che richiede un'effettiva riduzione delle dosi di insulina per evitare frequenti episodi di ipoglicemia. Infine, per quanto si riferisce alla pielonefrite, l'incidenza dell'infezione urinaria ~ molto elevata nei diabetici, specie nelle donne aduhe. Clinicamente prevalgono le forme croniche che talora possono per6 complicarsi con la grave necrosi papillate.
Tema:
La retinopatia diabetica.
Relatore:
B u s T I A. - N o v a r a
La retinopatia rappresenta senza dubbio la pi?J conosciuta, la pig frequente ed anche la pi?l grave manifestazione morbosa condizionata dal diabete a carico dell'occhio: tuttavia, ohre la retina, ahre strutture dell'occhio possono presentare aherazioni morfologiche e funzionali. Frequenti sono i processi infiammatori a carico della paIpebra (blefarite, orzaiolo, calazio, etc.) che possono talora presentare un grave decorso, fino alla gangrena delIe palpebre. Frequente anche la irite: dall'1% a11'8 % secondo le statistiche con tendenza al glaucoma e conseguente cecitK A carico de1 cristallino si notano talora vizi di rifrazione: pig frequente la miopia nei pazienti non trattati con insulina e la presbiopia nei pazienti sottoposti a terapia insulinica. Anche la cataratta ~ complicanza nota: nel diabetico giovane spesso insorge acntamente, dura ore o giomi ed ~ per lo pig reversibile; dopo i 45 anni le lesioni si confondono con quelle della cataratta senile. 414
IL DIABETE:
PREVENZIONE
E CLINICA
Le paralisi dei nervi della muscolatura estrinseca, talora transitorie, possono essere causate da emorragie neI contesto dei Ioro nuclei di origine: pi~ frequente la paralisi dell'abducente, da taluni attribuita alla iperglicorrachia che pu6 determinate sofferenza del nucleo data la sua vicinanza al IV ventricolo. II diabete occupa il 3 ° posto come causa di cecith dovuta ad alterazioni d ei vasi retinici (soprattutto un ispessimento della membrana dei capillari). L'esame elettroretinografico 6 in questa condizione specifico e diversifica la retinopatia diabetica da quella arteriosclerotica. Le alterazioni retiniche sono pih in rapporto con la durata del diabete che con la gravit~ della malattia: anche gli squilibri metabolici e le crisi ipoglicemiche sembrano favorite l'aggravarsi della retinopatia. L'esame del fondo ocuIare permette di distinguere tre stadi della retinopatia in rapporto con la gravit~ delle aIterazioni: 1° stadio: si notano microaneurismi, emorragie puntiformi o a macchia di piccole dimensioni; 2 ° stadio: le emorragie sono pi6 numerose, fitte ed estese, compaiono gli essudati che vengono distinti in m o l l i e duri; 3 ° stadio: (retinopatia proliferante) con emorragie preretiniche che possono aprirsi nel corpo vitreo lasciando residui che si organizzano in trame vasculo-connettivali. La presenza di vasi neoformati e di organizzazioni connettivali delle emorragie 6 seguita da perdita funzionale. La terapia consiste prima di tutto nel normalizzare la condizione diabetica: la fotocoagulazione delle piccole emorragie pu6 svolgere qualche effetto utile. Nel 3 ° stadio l'ipofisectomia e, come pih recentemente si usa, I'infissione di ittrio radioattivo sembrano essere seguiti da risuItati discreti.
Tema:
A t t u a l i t ~ in t e m a di c h i r u r g i a d e l d i a b e t e .
Rdatore:
MAuR>PAoLINI A. - N o v a r a
La terapia insulinica, permettendo una pi6 Iunga sopravvivenza del diabetico, e quindi una pih frequente comparsa delle complicanze, ha portato ad un estendersi deile indicazioni chirurgiche in questi pazienti. L'atto chirurgico e la malattia diabetica si potenziano negativamente: lo stress psichico, il traumatismo d'organo, ii disordine metabolico ed' elettrolitico conseguente all'intervento, l'anestesia generale con la necessit~ di un periodo di digiuno sono tutte condizioni che incidono negativamente sul ricambio. Inoltre per il paziente diabetico, spesso obeso, con frequenti compromissioni vascolari diffuse e dimiuuita resistenza alIe infezioni, iI rischio operatorio ~ aumentato. Se l'esistenza de1 diabete 8 conosciuta avanti l'intervento chirurgico, il rischio operatorio minore: tuttavia il malato necessita di una particolare preparazione e deve essere sottoposto all'atto operatorio quando l'equilibrio metaboIico sia soddisfacente. E' sempre necessario, anche quando il malato sia trattato in precedenza con ipoglicemizzanti oraE, praticare terapia insuEnica. Nel periodo post-operatorio frequenti devono essere i controlli della glicemia e della glicosuria; in base ai risultati ci si regoler~ di conseguenza. Un grave problema ~ rappresentato dal diabetico che deve essere sottoposto ad intervento d'urgenza, talora non differibile. E' sempre indispensabile, tuttavia, un bilancio metabolico, anche se affrettato ed approssimativo, prima dell'intervento, differendo quest'ultimo di quaIche ora.
I1 chirurgo inoltre ha spesso occasione di intervenire di fronte all'instaurarsi di aIcune complicanze. Tra queste si ricordano: 1) Ie infezioni, 2) le arteriopatie periferiche, 3) Ia retinite proliferante. Per quanto riguarda i fenomeni infettivi 6 nota la tendenza alla formazione di grosse raccolte purulente con scarsa sintomatologia doiorosa, temperatura poco elevata, ]eucocitosi modica o assente. Le arteriopatie periferiche si accompagnano a gangrena con frequenti fenomeni suppurativi. I1 chirurgo in questi casi deve eIiminare la suppurazione: la simpaticectomia trova scarsa indicazione, dato che di solito sono compromessi i piccoli vasi. In questi casi ]a simpaticectomia pu6 tuttavia portare un miglioramento della iperidrosi, che faciIita i fenomeni suppurativi. L'ipofisectomia chirurgica o mediante l'infissione di ittrio radioattivo migliora notevolmente la retinite proliferante. La chirurgia ha tentato anche di intervenire nel tentativo di migliorare lo stato diabetico. Si ~ cos~ tentato, senza successo tuttavia, di atrofizzare il pancreas esocrino nella speranza di aumentare la funzionalit~ de1 pancreas endocrino. Si ~ cercato di aumentare iI flusso ematico d d pancreas con interventi sul simpatico, con risultati alquanto deludenti. Si sta impostando il problema dei trapianto de1 pancreas, che tuttavia ~ ancora confinato nel campo dello studio sperimentale. Una maggiore considerazione merita invece l'ipofisectomia neIIe forme di diabete da controregolazione ed insuEno-resistente. Tuttavia lo scopo principale del chirurgo di fronte al diabetico 6 quello di renderlo operabile senza gravi rischi: il che ovviamente richiede le costante collaborazione del medico. 415
IL DIABETE: PREVENZIONE E CLINICA
Tema:
Attualita radiologiche e radiobiologiche nel diabete.
Relatore:
PISANI G . - N o v a r a
Tre sono i campi d'indagine che Ia radiologia offre allo studio della rnalattia diabetica: 1) radiobiologico, 2) radiodiagnostico, 3) rad'ioterapeutico. I radioisotopi hanno portato un contributo irnportante alla conoscenza del rnetabolisrno delI'insulina. A parte il metodo radioirnrnunologico per il dosaggio dell'insulina circolante, la radioinsulina ha permesso di studiare la distribuzione di questo orrnone a livello di vari organi (rnuscolo, legato, rene), Ia sua velocita di eliminazione dall'organismo (nei soggetti diabetici trattati con insulina esiste una prolungata ritenzione plasrnatica del radioelernento coniugato con anticorpi anti-insulina). Attraverso rnodelli matematico-biologici si h anche cercato di quantificare i vari rnomenti del rnetabolismo dell'insulina. La radiologia ha inoltre portato un contributo essenziale alia conoscenza dell'osteoartropatia diabetica nelle due forme di osteopatia porotica di base (rarefazione della spongiosa con aspetto cotonoso simulrnalacico, ispessimento della cuticola, oppure diradamento della spongiosa con ispessimento delle trabecole) e di acropatia osteolitica. Nella patogenesi della osteopatia di base hanno rilievo alterazioni a carico di processi enzimatici, ormonali, vitaminici. L'acropatia osteolitica, che ~ una vera e propria osteopatia neurotrofica, ~ invece condizionata dalla neuropatia diabetica. Le alterazioni vascolari entrano in gioco in un secondo tempo. Dal punto di vista terapeutico si ~ cercato di irradiare il pancreas nell'intento di apportare un miglioramento funzionale con risultati de1 tutto deludenti. Si ~ ancora cercato di inibire con rnezzi radiologici la funzionalith delle surrenali e della ipofisi. La castrazione ipofisaria ottenuta con ittrio radioattivo ~ l'unico trattamento seguito da risultati soddisfacenti, soprattutto nella retinopatia diabetica.
Tema:
Prediabete gravidico.
Relatore:
CUSMANO
L. -
Novara
I1 particolare atteggiamento endocrino delle gravidanze (ipofisi, surrene) condiziona una ipermobilizzazione di idrati di carbonio anche in donne non affette da diabete, con ipertrofia ed iperplasia delle isole pancreatiche. I1 diabete latente 6 quindi con relativa frequenza rivelato dalla gravidanza, talora con iperglicemia transitoria, difficile da docurnentare. Inoltre la glicosuria deve essere distinta dalle ahre melliturie proprie della gravidanza (lattosio). Questo stato di dismetabolismo, anche se non evidenziato sul piano clinico, determina sernpre una sofferenza fetale in una percentuale pressoch6 simile a quella del diabete manifesto. La sofferenza fetale h condizionata da una insufficienza placentare (aumento della secrezione deI liquido arnniotico, aurnento del glucosio, delle sostanze proteiche, etc.). Questa situazione di disrnetabolismo si aggrava nelle gravidanze successive, fino alia comparsa di un veto e proprio diabete. E' dal 1939 che 6 noto come donne diventate poi diabetiche in rnenopausa avessero partorito feti macrosornici, feti con alta rnortalith pre-, in/ra- e post-partum, feti prernaturi. I neonati macrosornici (con peso superiore a kg 5), necessitano di particolari cure ed assistenza. E' necessaria una precisazione diagnostica dello stato di diabete Iatente al fine di intervenire in senso profilattico.
Tema:
Diabete in gravidanza.
Relatore:
FERRARIS G . - N o v a r a
Prima della terapia insulinica il diabete in gravidanza provocava gravi squilibri metabolici, con alte mortalita materne (fino al 50 %): oggi la mortalit~t ~ assai diminuita (0,2 %). La terapia del diabete in gravidanza h particolarrnente delicata e difficile: la nausea, il vornito, etc., irnpediscono una razionale alimentazione; inoltre si assiste a rapide rnodificazioni della richiesta di insulina. Frequenti sono le crisi ipogIicemiche durante i prirni rnesi; dopo il 4o-5° rnese il fabbisogno di insulina cresce. Talora insorge insulino-resistenza. Inoltre la gravidanza peggiora le alterazioni vascolari a livelio dei reni, della retina, etc., che spesso perb sono transitorie. I1 diabete condiziona inoltre un pih grande nurnero di cornplicazioni: rossiernia, poliidramnios, infezioni (cistiti e cistopieliti), macrosomia, rnalforrnazioni, patti prematuri. La rnortalith fetale e perinatale ~ elevata. Esiste sempre una sofferenza placentare (di natura vascolare) non migliorabile con estrogeni e progesterone. Durante la gravidanza la terapia ipoglicemizzante deve essere condotta soltanto con insulina (anche perchh gli ipoglicemizzanti orali sernbrano essere teratogeni). La dieta deve contenere abbondanti idrati di carbonio e proteine, e scarsi lipidi. Trova precisa indicazione un ricovero 416
IL DIABETE: PREVENZIONE E CLINICA precoce per l'interruzione della gravidanza verso la 37 ~ settimana (parto cesareo e vaginale). II parto cesareo ~ tuttavia preferito (65 %). Le diabetiche hanno una scarsa montata lattea ed comunque sconsigliato l'allattamento. Tema:
L'alimentazione e la cura del diabetico.
Relatore:
GAMBIGLIANI-ZoccoLI A. - N o v a r a
L'O., dopo aver brevemente accennato ad alcuni problemi etiopatogenetici deI diabete mellito (fattori ereditari, rapporto del diabete mellito con l'obesit~, errori dietetici, etc.), riferisce suIIa opportunit5 che a livello del pubblico vengano abbandonati alcuni pregiudizi iargamente diffusi ed insiste sulla necessit5 che ogni categoria di individui, non solo i diabetici, acquisisca una coscienza dei problemi relativi aI diabete. Sottolinea i compiti che, anche nel settore dell'informazione, possono e devono svolgere i Centri Antidiabetici, oltre a qnelli di ddpistage e di cura. Insiste sulIa necessit5 per iI diabetico di attenersi alla dieta, oltre che alla terapia, che gli stata assegnata ed auspica che ancbe in Italia, come gi~ avviene in altre pard, si formino le Associazioni tra diabetici nell'ambito delle quali i malati possano discutere i problemi particolari che la malattia diabetica pone. Tema:
Diabete infantile.
Relatore:
SCHIAVINI A. - N o v a r a
A differenza di quanto succede in altri paesi, in Italia il diabete mellito infantile ~ raro (1'O. ne ha osservati soltanto 8 casi nel periodo 1953-1958). E' noto che i neonati di madre diabetica sono tutti macrosomici (la macrosomia talora precede anche di anni la evidenziazione cIinica del diabete materno). Questi neonati abbisognano di particolari cure ed assistenza; frequenti sono le crisi ipoglicemiche: talora presentano malformazioni. La maggior frequenza di insorgenza va dai 4 ai 15 anni: sono tuttavia nod casi al di sotto dei 4 anni. Esiste ancbe un diabete del lattante (dai 2-3 mesi a 1 anno) e un diabete neonatale o congenito, poco studiato sul piano funzionale: questi malati vanno rapidamente incontro alI'exitus e le poche notizie relative a questi casi sono per lo pih di provenienza anatomopatologica. I1 diabete infantile pone particolari problemi diagnostici: Ie crisi convulsive devono essere differenziate da altre crisi similari tanto pi~ che queste, se protratte, possono porrare a glicosuria, con un meccanismo di origine centrale. Inoltre il diabete infantile, con la sua instabilit~, pone anche particolari problemi di ordine terapeutico; dovrebbe essere sempre usata insulina pronta. Le insuline ritardo si mantengono attire per periodi di tempo prolungati e possono essere talora pericolose. Nel diabete infantile difatti sono pi~ frequenti le crisi ipogli. cemiche di quelle iperglicemiche. II quadro clinico del diabete infantile, dopo i 4 anni, ~ sintomatologicamente simile a queUo degli adulti. Nell'infanzia 8 particolarmente importante Ia differenziazione delle meliiturie di altre origini: importanti sono i mezzi di rilevazione. La vaccinazione deI bambino diabetico non pone di solito particolari problemi, anzi consigliabile; qualche precauzione ~ richiesta soltanto dalla vaccinazione antivaiolosa. Tema:
Pneumopatie e diabete.
Relatore:
GIULIANO V . - N o v a r a
I1 problema dell'associazione delle broncopneumopatie (tbc polmonare, broncopatie croniche, micosi, fibrosi polmonari) con il diabete 8 di rilevante importanza in quanto il diabete aggrava sensibilmente la prognosi anche in presenza di una ben condotta terapia combinata per le due affezioni. Infatti la mortalitY, cbe per la tbc polmonare 8 del 18 %0, aumenta di 3-4 volte quando sia associato il diabete. Lo stesso vale anche per ie bronchiti croniche. Inoitre i pazienti affetti da tbc polmonare e diabete rispondono in modo poco soddisfacente alla terapia specifica, con comparsa di abbondante caseosi e caverne precoci: ~ indispensabile che questi pazienti siano tenuti in peffetto equilibr~o metabolico. Questi pazienti sviluppano una pica torbida immunit~t istiogena, come ricercbe sperimentali hanno chiaramente documentato. Ad esempio il dismetabolismo proprio del diabete induce una alterazione sulla capacit~ funzionale delle cellule fagocitanti. Ancbe di fronte a broncopneumopatie aspecifiche assistiamo ad un andamento sfavorevole con frequenti suppurazioni, come del resto 6 noto per qualsiasi processo infettivo, localizzato anche in altri organi. L'O. presenta poi alcuni quadri di associazione diabete-broncopneumopatie specifiche ed aspecifiche capitati alla propria osser, vazione. I1 diabete pone inoltre alcuni particolari problemi di profilassi e di terapia. Non sono 417
IL DIABETE:
PREVENZIONE E CLINICA
pochi gli AA. che consigliano una profilassi isoniazidica in d'iabetici: se poi sono anche tubercolino-negativi 6 da prendere in seria considerazione l'eventualith di una vaccinazione con BCG (nell'eventualit~ che il focolaio indotto assuma un'evolutivit~ troppo spiccata si deve inter. venire con una terapia appropriata). Per quanto riguarda le broncopneumopatie aspecifiche, ed in particolare per Ie micosi, non esistono metodi profilattici sicuri. Una certa attenzione richiede anche Ia scelta dei farmaci evitando quelIi che comportano una pi~t o meno spiccata sofferenza dei parenchimi, giacch6 6 noto che il diabete induce uno stato di sofferenza pi~ o meno larvata (ad esempio va evitata la kanamicina per Ia sua tossicit~ per il rene). Tema:
La neuropatia diabetica.
Relatore:
FRANCHINI C. - N o v a r a
Le complicanze neurologiche del diabete rappresentano un capitolo molto complesso e non ancora sistemato in modo definitivo. Talora Ia neuropatia h associata ed addirittura condizionata da alterazioni vascolari, altre volte sembra essere in diretta dipendenza da turbe metaboliche. Va notato che non tutte le neuropatie deI malato diabetico sono dovute aI diabete: possono associarsi altri fattori, come ad esempio l'alcoolismo. Per arrivare alia diagnosi della neuropatia diabetica sono stati stabiliti dei criteri sintomatologici, suddivisi in minori (disturbi isolati delia sensibilith, dei riflessi, del trofismo), e maggiori (polineurite, disturbi vegetativi, sensitivi, cerebrali, psichici). La diagnosi di neuropatia diabetica si pone in presenza di 1 criterio maggiore o 2 criteri minori. La neuropatia diabetica sembra pRt frequente nelI'efft avanzata (50-70 anni), mentre non esiste una predilezione per un sesso (Ia polinevrite 6 pih frequente tuttavia helle donne). La durata e la gravit~ deI diabete non sembrano svolgere un ruolo importante: infatti sono note complicanze neurologiche anche nel diabete latente. Nell'ambito della neuropatia diabetica (dalla quale vengono esclusi i c o m i e le sofferenze nervose secondarie alle alterazioni vascolari) si distinguono lesioni periferiche e lesioni centrali. Nel primo gruppo sono comprese Ie nevralgie, le mononevriti, le radicoloneuriti (frequenti quelle del plesso lombare), le parestesie ed altri disturbi sensitivi (h noto il senso di bruciore alle estremit~ inferiori specie durante la notte), le paralisi dei nervi cranici (oculomotore, facciale, trigemino). Molto frequenti le polinevriti, sensitivo-motorie, spesso simmetriche con spiccata alterazione della sensibilit~ vibratoria. Lo studio della conduzione nervosa evidenzia alterazioni a carico del nervo avanti il manifestarsi di ogni manifestazione clinica. E' nota anche l'esistenza di una poliradicolonevrite del tipo Guillain-Barr£ Tra le lesioni cerebrali vanno ricordate l'epilessia (generalizzata e di Jackson), la pseudo. tabe, la psicosi. L'epilessia 6 talora dovuta a pregresse gravi crisi ipoglicemiche. La pseud'o-tabe (mielopatia diabetica) si presenta con profonda abolizione dei riflessi e della sensibilita, con fibrillazioni muscolari, etc.; talora con alterazioni a carico del liquor. Di fronte a neuropatie complesse il diabete deve sempre essere preso in considerazione. Le vere psicosi non sono frequenti nel diabetico. Sembra tuttavia che nel diabetico sia presente un certo tipo di sofferenza delle cellule nervose. E' stata anche prospettata l'ipotesi cbe l'insulina metta a riposo le cellule sofferenti e stanche ed attivi quelle che si trovano in condizioni normali. Vanno inoltre ricordate, per la loro frequenza e Ia loro importanza, le visceropatie nervose diabetiche con alquanto varia sintomatologia. La terapia della neuropatia diabetica deve mirare innanzittutto a regolarizzare iI disturbo metabolico; secondariamente verr~t instaurata anche una terapia specifica. Tema:
In/ormazioni generali sulla costituzione degli alimenti.
Relatore:
ARMANDOLA P. - N o v a r a
L'O. passa in rassegna i vari principi alimentari organici ed inorganici (glucidi, lipidi, proteine, sali minerali, vitamine, acqua) e di questi tratta Ia costituzione dal punto di vita chimico. Ricorda Ie principali leggi che governano il metabolismo energetico (legge della isodinamia degli alimenti, legge dei minimi calorici, etc.) e sottolinea la necessit~ che il problema della alimentazione venga considerato su una base razionale. Consiglia di non rifiutare gli apporti che Io sviluppo della moderna tecnologia offre in campo alimentare (conservazione degli alimenti, preparazione degli alimenti, etc.). Viene poi a sottolineare l'importanza, aI fine d] instaurare nn corretto regime alimentare in condizioni fisiologiche e patologiche, della conoscenza della composizione degli alimenti rispetto ai vari principi alimentari. 418
IL DIABETE:
PREVENZIONE E CLINICA
L'Istituto Nazionale della Nutrizione svolge da tempo un prezioso lavoro in questo campo, continuamente aggiornato, e pubblica tabelle di pratica consultazione. Con l'aiuto di numerose tabelle 1'O. illustra le composizioni dei principali alimenti (cereali, farine, olii, grassi animali e vegetali, vari tipi di came, frutta, vegetali vari, etc.) sottolineando nel contempo il valore medio di questi dati.
Tema:
L' alimentazione del diabetico.
Relatore:
GAMBIGLIANI-ZoccoLI A. - N o v a r a
La terapia dietetica rappresenta un cardine fondamentale della cura del malato diabetico e ogni medico deve acquisire la precisa coscienza della sua importanza. La dieta nella malattia diabetica, che deve essere impostata in modo prettamente individuale per ogni singolo malato, deve essere sufficiente dal punto di vista calorico, equilibrata rispetto ai vari principi alimentari, gradita per quanto riguarda il modo della sua confezione. A questo scopo 8 necessaria la conoscenza della composizione dei vari alimenti rispetto ai singoli principi costitutivi, ed il ioro valore calorico. Due nozioni devono essere tenute costantemente presenti: 1) il malato diabetico deve alimentarsi come il soggetto sano e quindi necessita di un quantitativo adeguato di idrafi di carbonio (valutato intorno ai 2-3 g/kg di peso ideale); 2) il diabetico deve ten&re al raggiungimento e al mantenimento del peso ideale con la conseguente necessitk di un aumento delle calorie giornaliere negli individui sottopeso e di una diminuzione degli individui sovrappeso. Tenendo presente questi criteri, la dieta del diabetico dovr~ grosso modo contenere, rispetto alle calorie totali, il 60 % di idrati di carbonio, il 30 % di grassi, il 10 % di lipidi.
Tema:
Terapia medicamentosa.
Re]atore:
MARIGO S. - La Spezia
La terapia del diabete si articola su tre farmaci: l'insulina, le sulfaniluree, le biguanidi. Mentre esistono situazioni diabetiche che non rispondono agli ultimi preparati, si pu6 dire che per quanto riguarda l'insulina non esiste diabete che non risponda positivamente al suo impiego: si tratta semmai di un problema di dosaggio. Tuttavia, soprattutto AA. anglosassoni hanno deplorato l'uso indiscriminato dell'insulina: circa 1'80 % dei diabefici (praticamente i diabetici obesi) possono essere mantenuti in equi. librio metabolico senza ricorrere all'ormone. L'insulina infatti possiede proprietk liposintetiche, aggravando l'obesit~; fa cadere rapida. mentre i livelli glicemici stimolando il senso di fame ed accentuando la polifagia, iI che porta ad un nuovo aumento del peso corporeo, deprime la capacith insulino-poietica del pancreas, secondo una legge che vale per tutte le sostanze ormonali. Anche il diabete grasso tuttavia con l'andar del tempo acquista l'impronta metabolica del diabete magro e pertanto necessita di terapia insulinica: la qual cosa ~ del resto sempre richiesta di Donte ad alcuni eventi particolari (interventi operatori, infezioni, gravidanze, stress, trattamenti cortisonici, acidosi, etc.). Ovviamente l'insulina ~ assolutamente indicata nel diabete magro, insulino-resistente. Negli ulfimi anni si 8 assisfito ad un notevole progresso anche nella preparazione delia insulina usata in terapia (insulina cristallizzata, pesata e non pih dosata biologicamente, etc.) e anche dell'insulina ritardo. Attualmente l'azione ritardante non si ottiene pih attraverso l'addizione di altre sostanze, ma attraverso sospensione di cristalli di insulina di differenti dimensioni. Con questi preparati si pu6 arrivare a mantenere il diabetico sotto l'effetto insulinico per le 24 h. E' per6 necessario che il diabetico cosi trattato tenga un'alimentazione frazionata (4-5 pasti giornalieri). L'insulina ritardo risponde molto bene nel diabete instabile. Nell'instabilit~ del diabete deve essere considerata la responsabilitfi degli anticorpi antiinsulina che talora, attraverso una liberazione di insulina attiva dal complesso con anticorpi, sono causa di ipoglicemia tardiva. L'insulina porcina ~ indicata nei soggetti allergizzanti verso l'insulina bovina. Si sta studiando di sfruttare sul piano industriale l'insulina sintetica. Le sulfaniluree sono molto comode e non danno iperglicemie secondarie: per6 non possono essere usate nel diabete insulino-dipendente, in gravidanza, ed inoltre col tempo perdono la loro efficacia. I1 loro meccanismo d'azione ~ fisiologico (degranulazione delle cellul'e ~) e rappresentano il trattamento ideale del diabete obeso. Le biguanidi, che agiscono con meccanismo antifisiologico (per quanto non deI tutto chiarito) possiedono alcuni effetti collaterali indesiderabili (irritazione dell'apparato gastroenterico, etc.) e la loro indicazione in terapia h molto discutibile. G.C. 419
D. NI. NELL'INFANZIA E I N F L U E N Z E EREDITARIE NEL D . M .
La Sezione Diabetologica della Societ~ Medica Cecoslovacca ~(J. E. Purkyn8~ ha o r g a n i z z a t o s o t t o la P r e s i d e n z a del prof. R. F o i t , nei giorni 2 e 3 m a g g i o 1 9 6 8 nella localit~ climatica di Luha~ovice, u n a r i u n i o n e di d i a b e t o l o g i a sui s e g u e n t i t e m i : a) D i a b e t e m e l l i t o n e l l ' i n f a n z i a e b) I n f l u e n z e e r e d i t a r i e nel d i a b e t e m e l l i t o .
Tema:
Problemi terapeutici nei bambini diabetici in pubert21.
Relatore:
HORX~KOVA M. - P r a g a
All'inizio della pubert~ ~ necessario aumentare sempre, ma in misura diversa, ia dose giornaliera di insulina nei bambini diabetici. Quando Ia crescita rallenta o si interrompe, la dose deve essere di solito ridotta. E' incerto se esistano determinati rapporti tra l'intensit~ della crescita e la dose di insulina giornaliera necessaria. Mediante osservazione protratta dei bambini diabetici ~ stata determinata la quota annuale di accrescimento in cm (nel corso della crescita Ienta, della crescita accelerata nella pubert~ ed aI termine de11'accrescimento ne11'adolescenza); essa ~ stata confrontata con la dose giornaliera di insulina nell'et~ corrispondente. E' stata accertata una dipendenza della dose di insulina dal tipo di accrescimento. Se la crescita ~ breve e rapida la dose giornaliera deve venire spesso aumentata e di nuovo ridotta dopo la cessazione dell'accrescimento. In caso di diabete pifi lieve ~ sufficiente soltanto un aumento transitorio della dose. In caso di diabete labile e di crescita rapida si giunge ad uno scompenso ed alla chetosi e si devono aumentare nettamente le dosi di insulina, talvolta fino alIa soglia della cosiddetta insulino-resistenza. A1 cessare della crescita si verificano ipoglicemie, che costringono a ridurre la dose. Poich8 1'O. ha osservato un forte aumento delle dosi di insulina soprattutto in ragazzi molto alti, ha costruito delle curve d'altezza individuali in dieci dei ragazzi pifi alti (altezza finale superiore a cm 180) ed in dieci dei pih piccoli (con altezza finale inferiore a cm 160). Queste curve sono state confrontate con le dosi di insulina necessarie. I risultati hanno indicato che l'aumento delle dosi di insulina necessario all'equilibrio metabolico dipende dalla velocit~ di crescita nella pubert~ e non daU'altezza assoluta. La ragione 6 molto probabilmente dovuta al fatto che la concentrazione ematica di diversi fattori ormonali ~ aumentata, in particolare quella dell'ormone somatotropo. Un peggioramento del metabolismo nei bambini diabetici pu6 essere dovuto nella pubert~ ancbe a ragioni psichiche. Talvolta possono manifestarsi anche conflitti nella sfera psicosessuale. Una pih marcata labilit~ di fronte alle emozioni pub causare la chetosi ed anche ipoglicemie. R.F. Tema:
Neonati di madre diabe~ica.
Relatore:
P~IBYLOV~ H . - P r a g a
I neonati di madre diabetica sono caratterizzati da alcune deviazioni rispetto agli altri neonati. Essi sono principalmente macrosomici, presentano marcata ffagilit~ dei tessuti e tendenza all'emor ragia, pih frequenti malformazioni congenite e frequente sindrome asfittica. I principi del trattamento delle donne diabetiche durante la gravidanza ed il travaglio, che sono staff elaborati nell'Istituto per la Cura della Madre e deI Bambino da Vedra, si nossono riassumere nei seguenti punti: 1) perfetto compenso del diabete durante la gravidanza ottenuto con ripetuti ricoveri ospedalieri. Le madri ben compensate hanno migIiori probabilit~ di partorire bambini sani; 2) si deve fare ogni sforzo per mantenere la gravidanza fino alla 37 '~ settimana e l'induzione del travaglio deve essere effettuata soltanto dopo la 38 ~ settimana di gravidanza. La sindrome ipossica si riscontra con maggiore frequenza nei bambini immaturi di madre diabetica; 3) una vigile osservazione del travaglio. Tenendo conto dell'aumentata tendenza emorragica e della fragilitg tessutale, l'estrattore a vuoto ~ controindicato. Non ~ stata riscontrata alcuna differenza tra i neonati partoriti con taglio cesareo e quelli per via naturale. 420
D.M. NELL'INFANZIA E INFLUENZE EREDITARIE NEL D.M.
E' stata osservata una marcata ipoglicemia (inferiore a 20 nag %) durante le prime h dopo la nascita nei neonati di madre diabetica, che sono notevolmente pih grossi dei neonati normali, e questo fatto si pu6 spiegare con l'aumento della secrezione insulinica riferibile al sovraccarico del feto da parte del glucosio materno. Questa caduta acuta della glicemia si osserva anche nei bambini con scarso peso alla nascita le cui madri sono sane. L'ipoglicemia dei bambini con basso peso alla nascita ~ dovuta al fatto che in essi il livello dei metaboliti acidi dei glucidi nel sangue aumentato, principalmente quello del lattato. Invece nell'ipoglicemia di bambini di madre diabetica questi metaboliti diminuiscono progressivamente in maniera simile a quella che si osserva nei neonati di madre normale ed anche nei neonati di madre diabetica senza fenomeni ipoglicemici. I1 consumo d'ossigeno ~ invece significativamente pi~t basso nei neonati ipoglicemici con basso peso alla nascita rispetto ai bambini di controllo e non aumenta neppure dopo 24 h, mentre nei neonati ipoglicemici di madre diabetica aumenta dopo 24 h, Si suppone che nei bambini con scarse riserve energetiche i bassi valori glicemici siano legati al diminuito consumo di ossigeno, che pu6 essere una manifestazione della scarsa mobilizzazione delle fonti energetiche, e quindi siano espressione dell'aumentata glicolisi. Nei bambini di madre diabetica la bassa glicemia ~ una manifestazione di aumento dell'utilizzazione del glucosio e non di un vero disturbo metabolico: l'ipoglicemia pu6 essere controllata con successo per mezzo di una buona assistenza prenatale e post-natale. L'aspirazione del nasofaringe immediatamente dopo la fuoriuscita del capo 6 raccomandata come misura post-natale. I1 neonato deve essere messo in incubatrice riscaldata a 32-33 °C ed in tal modo viene salvaguardato il suo fabbisogno energetico. Gih nella prima h di vita deve essere iniziata l'alimentazione con piccole dosi di glucosio al 10 % o fruttosio per impedire l'ipoglicemia; la terapia infusiva viene praticata secondo le necessit~ cosl come la correzione con bicarbonato, la terapia di inibizione, la somministrazione di vitamine K, C, B e di antibiotici. Dal 1960 sono stati trattati complessivamente 200 neonati di madre diabetica e seguendo queste direttive negli ultimi tre anni 6 stata ottenuta una riduzione del 12,4 % della percentuale di mortalitfi perinatale. (autoriassunto) Tema:
Controllo a lunga distanza dei bambini di madre diabetica.
Relatore:
Z~ZUL~KOVA J. - P r a g a
I1 problema della gravidanza di madri diabetiche, de1 loro parto e delle condizioni dei neonati dopo la nascita, 6 stato studiato ormai da parecchio tempo da parte di ostetrici e pediatri dell'Istituto ove lavora 1'O. Questi bambini sono stati seguiti con uno studio di lunga durata per acquisire un quadro delle condizioni di salute e dello stato psichico dei bambini di madre diabetica. Un gruppo di bambini nati nel periodo 1952-1960 ~ stato esaminato una sola volta, mentre i bambini nati nel 1961-1964 sono stati visitati ad intervalli regolari. Attualmente il gruppo dei bambini pi~ giovani viene controllato regolarmente 4 volte nel primo anno di v i t a e quindi ogni 6 mesi fino all'et~ di 3 anni. Sulla base delle informazioni preliminari ottenute sulla base di un questionario e dopo esami neurologici e clinici e prove di laboratorio, i bambini sono stati classificati come segue: 1) sani, 2) con lievi alterazioni, 3) gravemente ammalati. I risultati ottenuti dall'esame di 118 bambini di entrambi i gruppi hanno dimostrato che vi erano 58 (49,2 %) bambini sani di madre diabetica, 43 (36,4 %) con alterazioni lievi e 17 (14,4 %) gravemente ammalati. Malformazioni congenite sono state riscontrate in 5 casi, disturbi endocrini in 3 casi, encefalopatia perinatale in 2 casi, astenia in 3 casi, ritardo psicomotorio, encefalite sclerosante subacuta e glicosuria ripetuta in 6 casi. La gravit~ del diabete materno, la sua durata, le dosi di insulina, il possibile scompenso durante la gravidanza, i decessi perinatali ed il termine de1 parto sono staff valutati nei bambini gravemente affetti. Lo stato dei neonati subito dopo la nascita e durante i primi giorni di vita non corrispondevano al futuro sviluppo di questi bambini. Nonostante il fatto che i ~ dei bambini fossero nati prima del termine (prematuramente), non sembra probabile che questa sia la sola causa della loro grave affezione. Gli esami hanno dimostrato quali alterazioni ci si potevano attendere nei figli di madre diabetica. E' stato elaborato uno schema di lavoro per il controllo a lunga distanza che comprendeva l'esame clinico, neurologico, antropometrico, genetico, sociologico, psicologico e di laboratorio. Nel primo anno di vita i bambini sono stati ricoverati in ospedale per una settimana. Sono stati seguiti strettamente i principi di assistenza delle diabetiche gravide e dei loro neonati. Anche in queste condizioni 6 necessario dedicare una maggiore attenzione al destino di bambini nei quali il corso dell'ontogenesi prenatale si ~ svolto in un ambiente anormale e la cui famiglia molto spesso dominata dalla malattia della madre. Quale probabilit~ esista per i bambini di madre diabetica di sviluppare pih tardi un diabete rappresenta un problema di non minore importanza. (autoriassunto) 421
D.M. NELL'INFANZIA E INFLUENZE EREDITARIE NEL D.M.
Tema:
Edema cerebrale come complicazione del coma diabetico.
Relatore:
VfCH V . - V y s k o v n a M o r
Esistono poche segnalazioni relative alla comparsa di edema cerebrale come complicazione del coma diabetico, mentre all'autopsia si riscontrano sempre alterazioni ipossiemiche. Nel coma diabetico classico l'edema cerebrale pu6 risultare in soggetti predisposti come conseguenza di un esaurimento metabolico con ipoelettrolitemia da disidratazione e per anossia ed ischemia del sistema nervoso centrale. Nel coma iperosmolare con iperglicemia e senza chetosi esso risulta principalmente causato da anossia ed ischemia del sistema nervoso centrale. Sia nel coma diabetico classico cbe nel coma iperosmolare, 1'edema cerebrale pu6 essere potenziato in via iatrogena. L'O. descrive il caso di una bambina di 3 anni ed otto mesi, con diabete non trattato, in coma diabetico (glicemia 1100 mg %, glicosuria 7 %) con grave ipoelettrolitemia da disidratazione senza chetoacidosi con netta sindrome pseudomeningea. La paziente, trattata come di consueto, moil dopo 23 h, quando il coma diabetico era stato superato, a causa di un edema cerebrale c h e v e n n e confermato alla autopsia. La sindrome pseudomeningea ha dimostrato che i'edema cerebrale era presente gi~ fin dall'inizio de1 coma. Patognomonico per la diagnosi di edema cerebrale era il segno di Edelmann. Occorre instaurare il trattamento della reidratazione, che deve venir completato dal trattamento anti-edematoso. L'O. consiglia specialmente l'albumina umana aI 20 %, con aggiunta di procaina, MgSO4, sintofillina, corticoidi e ossigeno. R.F.
Tema:
Importanza pratica di un'analisi genetica in diabetologia.
Relatore:
SI(AMENOV~ B. - P r a g a
Con lo studio anamnestico di 4068 diabetici ~ stata accertata la probabilit~ della presenza di diabete nei genitori dei probandi. I soggetti in esame sono staff suddivisi per sesso ed et~ in diversi gruppi. Nei diabetici dell'uno o dell'altro sesso, in cui il diabete si era manifestato dall'infanzia al 19° anno, la presenza di diabete nei genitori era rata, mentre era notevolmente pih frequente nei nonni e negli altri parenti. Praticamente tutti i diabetici di questo gruppo erano trattati con l'insulina ed iI decorso della malattia era grave o di media gravitY. Analoghe correlazioni sono state accertate nei diabetici maschi la cui et~t di manifestazione della malattia si trovava compresa fra 20 e 29 anni. Nelle donne diabetiche con et~ di manifestazione tra i 30 ed i 39 anni ~ stata riscontrata la pih elevata frequenza di diabete dei genitori, mentre la frequenza della malattia nei nonni molto pi{x scarsa. Nelle diabetiche di questo gruppo, nelle quali la malattia aveva un decorso lieve, la madre ~ pih spesso diabetica, mentre nelle diabetiche affette da una forma grave, labile, ~ il padre che viene colpito di solito dal diabete. Nelle donne con et~ di manifestazione dell'affezione tra i 20 ed i 29 anni, si ha la presenza di diabete in un genitore su quattro, negli uomini con et~t di manifestazione tra i 30 e i 39 anni la si ha in u n caso su sei. Fra i diabetici con et~ della manifestazione ancora pig elevata diminuisce il numero di genitori diabetici, mentre il numero di diabetici tra fratelli, sorelle e figli aumenta. In considerazione d d fatto che i diabetici giovani sono i pig adatti per l'analisi genetica, ~ indicata la collaborazione con ogni Centro che si occupi di diabetici giovanili. R.F.
Tema:
Test di tolleranza al glucosio ( G T T ) in discendenti giovani di genitori diabetici.
R e l a t o r i : FABIAN D., KMOC~ J., SVOBODA Z. - P r a g a Gli OO. hanno studiato I'andamento del test al glucosio (GTT) e Ia comparsa di zucchero helle urine in discendenti giovani di famiglie helle quali uno dei genitori era stato trattato presso il 1° Centro Diabetologico di Praga. Nella prima fase (1962-63) sono staff esaminati 36 soggetti affetti da diabete giovanile e 26 di questi sono staff sottoposti ad una visita di controllo negli anni 1967-68. I risultati ottenuti si possono dividere in 3 gruppi: 1) il GTT era patologico in entrambe Ie fasi di ricerca (5 persone); 2) il GTT era una volta normale ed una volta patologico (11 persone); 3) il GTT era costantemente normale (10 persone). In nessun caso ~ stato osservato un diabete manifesto. 422
D . M . NELL'INFANZIA E I NFLUENZE EREDITARIE NEL D . M .
Sulla base dei criteri vigenti le persone del primo gruppo potrebbero essere considerate come affette da diabete latente. Gli OO. hanno adottato misure profilattiche e terapeutiche in queste persone, cbe presentavano una lieve alterazione del metabolismo dei carboidrati, consistenti nel mantenere il peso corporeo ideale, nell'evitare pasti con carboidrati altamente concentrati e nel praticare regolarmente l'esercizio fisico. La somministrazione preventiva di antidiabetici orali non h ancora, secondo gli OO., sufficientemente dimostrata. R.F. Tema:
Capacita di legame delle proteine plasmatiche per gli ormoni tiroidei nel diabete mellito nell'in/anzia.
Relatori:
STRaKOVti M., STRA~EK J. - P r a g a
Mediante una particolare metodica elettroforetica che si basa sulla capacitor delle proteine plasmatiche di legarsi agli ormoni tiroidei, gli OO. hanno studiato 20 diabetici giovanili e hanno confrontato i valori rispettivi con quelli riscontrati con gli stessi metodi in soggetti normali. Nei diabetici giovanili la capacit~ di legame delle frazioni T4BG e T3BG era ridotta, mentre contemporaneamente erano aumentati i valori delle frazioni T4BPA, T4BA e T3BA. Dopo somministrazione di insulina, tutte le capacit~ di legame aumentavano a carico della T4BG e T3BG. La spiegazione pu6 essere ricercata nel fatto che nel diabetico la permeabilitfi della membrana cellulare viene ridotta anche per gli ormoni tiroidei a causa della minore insulinemia. Questi cos~ non vengono utilizzati alia periferia e rimangono legati nel plasma. Nel gruppo di diabetici giovani stata valutata anche l'et~ secondo l'altezza e secondo le ossa. L'et~ media secondo l'altezza non dimostrava alcuna differenza rispetto alia popolazione normale ed aveva lo stesso numero di deviazioni in pi{l o in meno (da - - 1,2 sigma a + 0,9 sigma). L'et~ media secondo le ossa corrispondeva a - - 4 mesi rispetto al gruppo di controllo. Nella discussione gli OO. hanno ricordato l'ipofunzione tiroidea che spesso viene riscontrata nei diabetici. R.F. Tema:
Capacit~ di legame delle proteine plasmatiche per gli ormoni tiroidei in vitro nel diabete mellito.
Relatori:
STI~agEK J., STRAKOVX M. - P r a g a
Gli OO. discutono l'influsso dell'insulina sulla capacitfi di legame delle proteine plasmatiche, che legano in vitro gli ormoni tiroidei. Vengono descritti i singoli pazienti studiati dal punto di vista dinamico. In una paziente con glicosuria e glicemia di 180 mg % dopo somministrazione di 40 U di insulina si h verificato un aumento del valore originale T4BG del 49,3 % (valore ridotto rispetto al normale di circa il 60 %), giunto al 66,9 % dopo 30 rain. Dopo di ci6 si giunti ad una riduzione graduale che in certo modo pu6 essere considerata come rapporto tra concentrazione insulinica ed ormoni tiroidei. La concentrazione ematica della T4 endogena si abbassata in blocco alla periferia, il che corrisponde all'aumento della permeabilith cellulare dovuto all'insulina. Anche il valore di partenza della T3BG aumentava dal 51,5 % al 59,7 % in 30 rain dopo somministrazione di insulina. Contemporaneamente si giungeva ad un aumento della frazione T4BPA dal 5,7 % al 7,3 %. Sembra c h e l a capacit~ di legame delle proteine plasmatiche con gli ormoni tiroidei sia un indice sensibile della rapida azione dell'insulina. Ci6 potrebbe costituire un utile presidio per la diagnosi ed il controllo della terapia del diabete. R.F. Tema:
Rapporti tra lipidi plasmatici e/egato nel diabete.
R e l a t o r i : KOLESKR P., B~IXOVX E., W e l s z
P. - Bratislava
I1 numero di diabetici latenti e manifesti 6 particolarmente frequente nei soggetti con peso eorporeo eccessivo e steatosi epatica. La caratteristica biochimica fondamentale di queste steatosi epatiche ~ data dall'aumento del contenuto in trigliceridi delle cellule epatiche. Nelle ricerche cliniche sulla steatosi epatica gli OO. si sono posti il compito di accertare i valori a digiuno dei singoli lipidi plasmatici in diverse forme di diabete e contemporaneamente di studiare il fegato dal punto di vista biochimico e morfologico. Gli OO. hanno determinato i NEFA, il colesterolo, gli acidi grassi esterificati, il fosforo lipidico ed i trigliceridi. Gli OO. nell'ambito delle determinazioni biochimiche hanno studiato la bilirubinemia, il test di flocculazione, la ritenzione della bromosulfonftaleina, l'attivit~t delle transaminasi GOT e GPT nel siero e lo spettro proteico. La biopsia epatica ~ stata eseguita mediante l'ago di Menghini ed ~ stato studiato il materiale bioptico istologicamente per quanto riguarda i grassi ed il glicogeno. I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi: 423
D.M. NELL'INFANZIA E INFLUENZE EREDITARIE NEL D.M.
1) soggetti con uno dei genitori con diabete manifesto; 2) soggetti con diabete latente; 3) soggetti con diabete giovanile; 4) soggetti con complicazioni diabetiche, in particolare retinopatia o nefropatia diabetica. I lipidi plasmatici erano aumentati particolarmente nel gruppo con complicazioni diabetiche In questo caso si riscontrava per lo pifi una steatosi diffusa a piccole e grosse gocce (68 %) con presenza di grossi ammassi di grasso nel 49 % dei casi. I valori pifi bassi dei trigliceridi sono stati accertati nei diabetici giovanili (72 mg go). In questi pazienti non si 8 mai osservata una steatosi epatica diffusa. I valori lipemici ripetuti, in particolare degli acidi grassi liberi, forniscono ottime informazioni sulla peggiorata tolleranza ai glucidi, o sopra una chetoacidosi iniziale. Relativamente spesso gli OO. hanno riscontrato una steatosi epatica a piccole e grosse gocce in caso di diabete latente (60 %). Questo reperto necessita di ulteriori indagini. Con gli esami biochimici epatici nei casi di diabete latente e di diabete senza complicazioni, nei quali si giunge molto spesso ad una steatosi epatica diffusa, gli OO. hanno potuto accertare soltanto una moderata ritenzione della bromosulfonftaleina (nel diabete latente in media 8,3 % e nel diabete con complicazioni 9,2 %). L'attivit~ delle transaminasi GOT e GPT era invariata in questi pazienti contrariamente a quanto si pub vedere nella steatosi epatica diffusa in malati affetti da alcoolismo cronico. R.F. Tema:
Screening per l'accertamento dei diabetici nel distretto di Kladno.
R e l a t o r i : NEJEDLq B., SOYKA O., DRNKOVA g . - K l a d n o 46.000 persone sono state sottoposte ad esame per la ricerca del diabete. Si sono presentate 21.255 persone delle quali sono state esaminate le urine delle 24 h mediante la reazione della glucosoossidasi per la ricerca del glucosio. Sono stati ottenuti reperti positivi in 316 uomini (3,69 %) ed in 171 donne (1,35 %). In questi pazienti ~ stata poi eseguita la determinazione della glicemia e del test al glucosio (1 g/kg). Con questi esami sono staff esclusi 21 uomini e 13 donne che sono risultati negativi. In 46 uomini e 13 donne i risultati erano incerti e sono staff completati con altre prove (test alla tolbutamide e GTT-prednisone). R.F. Tema:
Disturbi latenti della glicoregolazione nelle coronariopatie.
Relatore:
PANO~ J. - P r a g a
si sa che l'esistenza di una pregressa coronariopatia ~ pifi frequente in diabetici, mentre meno noti sono i disturbi della glicoregolazione in pazienti con affezioni delle arterie coronarie. Ci6 vale specialmente per i disturbi latenti della glicoregolazione. L' O. ha studiato 65 soggetti non diabetici di entrambi i sessi, affetti da cbiara coronariopatia. In 16 di quesfi ~ stata riscontrata anche una ipertensione arteriosa. L'et~ media era di 63 anni. Da questo gruppo sono state escluse tutte le persone obese, tutti i pazienti con tara diabetica ed inoltre le persone nelle quali si doveva presupporre per altre ragioni un disturbo della glicoregolazione. In ogni malato 8 stato praticato un test al glucosio della durata d i 3 h con prelievo di sangue ogni 30 rain. I1 gruppo di controllo consisteva in 50 persone con reperto cardiaco normale, pressione normale ed appartenenti alia stessa categoria d'et~. L'analisi ha indicato in molti malati, specialmente negli ipertesi, un decorso da anormale a patologico delle curve glicemiche, tale da far pensare ad una riduzione delia tolleranza al glucosio. Le curve glicemiche medie nei tre gruppi sono le seguenti: normotesi: 110-178-199-187-168-141-120 mg %; ipertesi: 114-197-203-202-190-164-135 mg %; controlli: 105-173-174-158-137-113-100 mg %. Le differenze dei valori glicemici al 120 ° min sono statisticamente molto significative in entrambi i gruppi di malati in confronto ai controlii. Uguahnente significative sono anche le differenze tra normo- ed ipertesi. La spiegazione di questa alterata tolleranza al glucosio nei coronariopatici e negli ipertesi 6 difficile in quanto scarse sono le nostre conoscenze sui rapporti tra diabete e aterosclerosi ed ipertensione. R.F. S e m p r e in L u h a e o v i c e nei giorni 5 e 6 m a g g i o si 6 svoIto u n c o n v e g n o dei diabetici cecoslovacchi al q u a l e h a n n o preso p a r t e i principali d i a b e t o l o g i del Paese. Q u e s t o i n c o n t r o degli a m m a l a t i con gii specialisti si ~ r i v e l a t o m o l t o utile per ent r a m b e le patti. 424
3 ° CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA
N e i g i o r n i 7 e 8 g i u g n o 1 9 6 8 si 6 s v o l t o i n G~Sttingen, s o t t o la p r e s i d e n z a del p r o f . W . C r e u t z f e l d t il 3 ° Congresso della Societa Tedesca di Diabetologia. Tema:
Teorie e /atti nell'evoluzione della ricerca scientifica nel diabete.
Relatore:
GOLDNER M . G . - N e w Y o r k
<~Teorie senza fatti sono fantasie, fatti senza teorie sono caos ~>. La storia delI'evoluzione della ricerca scientifica nel diabete, con il suo avvicendarsi di nuovi orientamenti conferma ancora una volta la verith d~ questo principio fondamentale. Teorie apparentemente ben fondate vennero scosse da nuovi risultati; nuove osservazioni portarono a nuove ipotesi che permisero il coordinamento di daft apparentemente caotici. La stessa <~osservazione casuale ~> assume un sign,~ficato solo attraverso l'interpretazione del pensiero creativo: solo allora essa potrh contribuire al progresso scientifico. La storia del diabete sperimentale e della scoperta dell'insulina ci offre esempi classici di questo processo. Lo si pu6 riconoscere anche dall'incessante evoluzione, provocata dal continuo accumularsi di daft sperimentali, del concerto di coma, di chetosi, di eziologia d d diabete nei suoi rapporti con ]'obesit~ e l'angiopatia, della funzione dell'insulina, del glucagone e di altri fattori ormonali e non ormonali che contribuiscono alla omeostasi della glicemia. L'O. ha concluso affermando che se viene a cessare il dialogo f r a i l pensiero teorico e i daft sperimentali allora giunge a proposito la frase di Goethe: <~Grigia ~ ogni teoria ~>. Tema:
Differenze nell'azione della secretina nei soggetti normali e nei diabetici.
Relatori:
RAPTIS S., SCHRODeR K. E., FAULHABER J. D., P F E I F F E R E . F. - U l m
In 9 soggetti normali e in 9 diabetici adulti, non trattati e di recente scoperta, ~ stato studiato il comportamento de1 coefficiente K di assimilazione periferica del glucosio, dell'insulina del siero (IMI), degli acidi grassi non esterificati (NEFA), del glicerolo dopo infusione di secretina, con e senza glucosio. Nei soggetfi normali Ia secretina ha determinato un aumento dell'IMI, una diminuzione dei NEFA e del glicerolo e un miglioramento de1 coefficiente K di assimilazione periferica del glucosio. Un diverso comportamento 6 stato osservato nei soggetti diabetici nei quali l'iniezione di secretina ha provocato una caduta della glicemia e un aumento dell'insulina, senza modificazioni significative a carico dei NEFA e del glicerolo. Come gih nei soggetti normali anche nei soggetti diabetici ~ stato osservato un miglioramento dell'assimilazione periferica del glucosio. Tema:
Tolleranza al glucosio e insulina plasmatica nei soggetti obesi prima e dopo trattamento con buformina.
Relatori:
PLISCHKE U., BIRO G . , WEINGES K. F. - H o m b u r g - S a a r
In soggetti obesi di eta compresa fra i 2l e 65 anni e con sovrappeso corporeo del 30-100 % 6 stato studiato il comportamento della curva da carico di glucosio per via orale (g 100), dell'insulina plasmatica e degli acidi grassi non esterificati, prima e dopo trattamento con buformina. La maggior parte dei soggetti esaminati presentava una diminuzione della tolleranza al glucosio associata ad un aumento dei NEFA e ad una secrezione insulinica notevolmente al di sopra della norma. Dopo trattamento con il derivato biguanidinico ad azione protratta (rag 2 x 100 al giorno per 4 settimane) associato a una dieta ipocalorica (circa 100 calorie al giorno) 6 stato osservato un miglioramento della curva da carico di glucosio e una diminuzione dei valori plasmatici dei NEFA e dell'insulina. Secondo gli OO. questi risultati parlano a favore di un'inibizione periferica dell'attivitfi insulinica nei soggetti obesi. I1 miglioramento della tolleranza al glucosio osservato dopo trattamento con Buformin ~ stato discusso sotto questo aspetto. Tema:
A proposito dell'effetto del dimetilisoxazolo sul metabolismo degli acidi grassi e del glucosio e sulla chetosi diabetica.
Relatori:
BERINGER A., TRAGL K. H . , M()SSLACHER H . , SOKOPPO B., GEYER G . , WALDHAUSL. - W i e n 425
3 ° CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA
Gli OO. hanno studiato l'azione del 3,5-dimetilisoxazolo (DMIO), un inibitore della lipolisi, sulla glicemia e sugli acidi grassi non esterificati (NEFA) del plasma. Dopo somministrazione per via venosa di D M I O h stata osservata, tanto nei soggetti normali che nei diabetici, una rapida caduta dei NEFA a carico della glicemia. Sotto l'azione del D M I O 6 stato inoltre osservato iI miglioramento del coefficiente K di assimilazione periferica del glucosio. Nonostante la diminuzione dei NEFA non sembra che l'azione antHipolitica del D M I O influisca notevolmente sulla cheto-acidosi diabetica. Tanto nei ratti in chetosi diabetica dopo trattamen_to con allossana quanto in diabetici giovanili in cheto-acidosi Ia somministrazione del D M I O non ha determinato alcun miglioramento dello stato acidosico. Un abbassamento dei NEFA e un miglioramento della chetonemia sono stati invece osservati nella cheto-acidosi del diabete dell'adulto.
Tema: Indagini sull'epidemiologia del diabete nella citt~ di Berna. Relatori: TEUSCHER R., AUCKENTHALER R., GASSER M . , RICHTERICH R. - B e r n La presenza o meno di un diabete asintomatico viene generalmente stabilita sulla base dei risuhati ottenuti con Ia curva da carico di glucosio per via orale (GTT). Tuttavia manca ancora oggi una definizione precisa sul concetto di normale tolleranza al glucosio. Per la loro indagine epidemiologica gli OO. hanno fatto riferimento alle direttive stabilite dal Comitato europeo per lo studio della epidemiologia del diabete, valutando i risultati della curva glicemica da carico di glucosio sulla base di tre Iimiti: valore normale, valore Iimite, valore patologico. Tanto la glicemia a digiuno, quanto il valore glicemico massimo (peak) e la glicemia alla seconda h (tail), sono stati riferiti al valore normale (y( + 2 s), al valore limite (X + 2 - - 3 s) e al valore patologico ( ~ + 3 s). La glicemia ~ stata determinata per mezzo dell'autoanalyzer Technicon con il metodo della O-toluidina. Gii OO. hanno fatto rilevare the una delle cause di errore che influenza sensibilmente il concetto di valore normale, valore limite e valore patologico, ~ la tecnica di determinazione della glicemia. Con iI metodo enzimatico della ossidasi h stata determinata la glicemia nel sangue venoso e nel sangue capillare in persone definite normali. Sono stati ottenuti i seguenti risultati: 1) sangue venoso: autoanalyzer: 88,2 i 16,6 mg %; sangue intero: 69,9 _+_ 13,6 m g % ; plasma deproteinizzato: 63,6 i 12,9 r a g % ; plasma non deproteinizzato: 62,7 ± 13,5 mg %; 2) sangue capillare: sangue intero: 78,6 i 17,0 mg %; plasma deproteinizzato 87,6 _+ 18,1 m g % ; plasma non deproteinizzato 77,7 i 12,8 mg %. I valori glicemici a digiuno (,~ + 1 s) presentano pertanto delle variazioni molto alte (50,7--105,7 mg %). Oltre ad una precisa definizione del concetto ~ normale e patologica tolleranza al glucosio ~> 6 necessario definire con esattezza il concetto di ~ glucosio vero ~ e di ~ glucosio-ossidasi ~>. Secondo gli OO. i valori pi6 attendibili sono quelli ottenuti con il metodo enzimatico diretto, determinato su plasma non deproteinizzato, poichh con l'impiego di sangue intero la possibili@ di errare 6 maggiore.
Tema: Tolleranza al glucosio e insulina plasmatica nei soggetti con ipokaliemia di
diversa genesi Re!atori: WEINGES K. F., BIRO G. - Homburg-Saar Corm e Coll. osservarono nel 1966 alterazioni della tolleranza ai glucosio e della secrezione insulinica in soggetti con ipokaliemia e iperaldosteronismo attribuito ad un difetto biochimico a livello delle cellule I~, secondario a deficienza di potassio intracellulare. Gli OO. hanno condotto un'indagine sull'effetto delI'ipokaliemia sulla secrezione insulinica. Allo scopo 8 stato studiato il comportamento delI'insulina plasmatica dopo carico di glucosio per via venosa e per via orale in soggetti con ipokaliemia e iperaldosteronismo da abuso di Iassativi e di saluretici. Nei soggetti con ipokaliemia ma senza iperaldosteronismo secondario sono stati osservati dopo carico di glucosio per via venosa una diminuzione deI coefficiente K di assimilazione periferica del glucosio associato ad una secrezione insulinica nei limiti della norma, e dopo carico di glucosio per via orale un andamento patologico della curva glicemica con aumento protratto dell'insulinemia simile a quanto si osserva nel diabetico obeso. Nei soggetti con ipokaliemia e con iperaldosteronismo la secrezione di insulina, dopo carico di glucosio per via venosa e per via orale, ~ risultata significativamente diminuita. Secondo gli OO. il decorso patologico della curva glicemica da carico di glucosio nei soggetti con ipokaliemia ma senza iperaldosteronismo non pu6 essere attribuita ad una diminuzione della secrezione insulinica ma piuttosto ad un effetto periferico sull'utilizzazione deI glucosio o ad un ritardo nell'assorbimento del glucosio a livello intestinale.
426
3 ° CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOG1A
Il comportamento dell'insulina nel siero dopo ripetute in/usioni di glucosio.
Tema: Rdatori:
OTTO H . , SOELDNER J. S. - M f i n s t e r
L'infusione di glucosio (0,5 g/kg) determina, come 8 noto, un rapido aumento dell'insulina nel siero nei primi min, con un ritorno ai valori di base in 1 h circa. Una successiva infusione di glucosio alia distanza di 60 min determina un nuovo aumento insulinemico che non si differenzia sostanzialmente dal primo. Se iI secondo carico di glucosJo viene somministrato alla distanza di 30 min il secondo picco di insulina 6 significativamente inferiore e di minor durata. Ovviamente le cellule ~ non sono in grado, nello spazio di 30 rain, di rispondere con la stessa intensitfi ad un secondo stimolo glucidico. Tuttavia corrispondenti indagini condotte con la tolbutamide non sembrano avvalorare l'ipotesi di un esaurimento delle capacit~ funzionali delle cellule ~. I1 coefficiente K di assimilazione periferica di glucosio 6 risuitato dopo il secondo carico generalmente pih elevato. Tuttavia in alcuni soggetti, nonostante il notevole aumento dell'insulinemia, provocato dal primo carico di glucosio, non h stato osservato un miglioramento del coefficiente K. Le cause di questo comportamento non sono note. Molto probabilmente fattori di contro-regolazione, quali le catecolamine, possono contribuire a neutralizzare I'effetto biologico dell'insuiina liberata dallo stimolo glucidico.
Tema:
La secrezione dell'insulina e del somatotropo nella sindrome di Turner.
Relatori:
NEUBAU~R M . , MELANI F., SCH6FFLINa K., PFEIFFER E. F. - U l m
In 10 soggetti con sindrome di Turner, di etfi compresa fra i 16 ed i 44 anni (corredo cromosomico: 45-XO in 5 casi, 46 XXiq in 2 casi, 45-XO/46-XXiq in 2 casi, 45-XO/46XXq-p in 1 caso) 6 stata studiata la secrezione dell'insulina e dell'ormone somatotropo. 3 soggetti presentavano un'anamnesi positiva per il diabete e 7 una diminuzione deI coefficiente K di assimilazione periferica del glucosio. Una paziente aveva un diabete clinicamente manifesto. Nei soggetti con alterata tolleranza al glucosio l'aumento dell'insuIina nel siero dopo carico di glucosio per via venosa ~ risultato inferiore alia norma (aumento dell'insulinemla: 12-37 !~U/ml; nei soggetti normali: 50-110 I~U/mI). La secrezione deI somatotropo durante l'ipoglicemia insulinica (0,1 U/kg) ~ stata studiata in 8 soggetti. 6 di essi hanno messo in evidenza un aumento deII'STH come nei soggetti normall, in 2 casi l'aumento reattivo allo stimolo ipoglicemico 8 mancato. GIi OO. concIudono che l'ipoevolutismo somatico nelIa sindrome di Turner non ~ dovuto ad una deficienza di ormone somatotropo. Tema:
Tolleranza al glucosio, A C T H e insulina plasmatica nell'insufficienza corticosurrenale.
Relatori:
BOTTERMANN
P.,
DIETERLE
P.,
SCHWARZ
K.,
SCRIBA P. C. -
Mfincben
L'aumento della tolleranza al glucosio nell'insufficienza corticosurrenale viene generalmente attribuito ad una diminuita gliconeogenesi per deficienza di corticosteroidi e ad aumento della secrezione insulinica per eccesso & ACTH. In soggetti con malattia di Addison con e senza terapia sostitutiva e in soggetti adrenalectomizzati gli OO. hanno determinato la tolleranza a] glucosio, la concentrazione plasmatica del cortisolo, dell'ACTH (metodo biologico) e l'insulinemia (metodo radioimmunologico). In presenza di valori bassi di ll-OHCS e di alti valori di ACTH h stato osservato un aumento della tolleranza glucidica put con valori di insulinemia nell'ambito della norma. Gli OO. concludono che l'aumento delI'ACTH endogeno non determina un aumento della secrezione insulinica e che pertanto I'aumento della tolleranza al glucosio nell'insufficienza corticosurrenale non pu6 essere attribuito ad un aumento dell'insulina endogena.
Tema:
Tolleranza al glucosio, acidi grassi non esterificati e insulina serica nello stato febbrile.
Relatori:
BEYER
J.,
I-IAPP
J.,
BOHLE E., SCHRODER K.
E.,
RAPTIS S. - U l m
I n 15 soggetti affetti da malattie infettive acute con stato febbrile h stato studiato il comportamento del coefficiente K di assimilazione periferica del glucosio, dell'insulinemia e degli acidi grassi non esterificati (NEFA) durante il periodo febbrile e nella fase di convalescenza. Nello stato febbrile acuto non sono state messe in evidenza modificazioni a carico del coefficiente K e delI'insulinemia, mentre i valori plasmatici dei NEFA erano superiori alla norma. 427
3°
CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA
Negli stati febbrili cronici, oltre all'aumento dei NEFA h stata osservata una diminuzione della tolleranza aI glucosio, con valori K significativamente diminuiti e aumento dell'insulinemia. Tema:
Modificazioni a carico del metabolismo glucidico e lipidico durante il trattamento con un anticoncezionale.
Relatori:
H I L L M E R T., FRERICHS H . , H A L L E R J . , CREUTZFELDT W . - G i S t t i n g e n
In 18 studentesse, in normopeso e con un'anamnesi familiare per diabete mellito negativa, stata studiata la tolleranza al glucosio prima, durante e dopo somministrazione di un anticoncezionale (mg 0,5 Norgestrel + mg 0,005 etinilestrodiolo). Durante il carico di glucosio, per via venosa e per via orale, sono state determinate l'insulinemia e gli acidi grassi non estenficati (NEFA) del plasma e inoltre i valori a digiuno dei lipidi totali, delia colesterolemia totale, dei trigliceridi e dei fosfatidi. I risultati possono essere cosi riassunti: 1) in 8 dei 18 soggetti esaminati durante il trattamento anticoncezionale ~ stata osservata, nei confronti di prima e dopo il trattamento, una diminuzione dell'assimilazione periferica del glucosio nonostante i valori dell'insulinemia fossero al di sopra della norma; 2) la curva da carico di glucosio per via orale ~ risultata patologica in 12 casi e soltanto in 3 casi i valori insulinemici dopo carico di glucosio erano superiori alia norma; 3) diminuzione dei valori basali della colesterolemia totale dei fosfatidi e dei lipidi totali e lieve aumento a carico dei trigliceridi. Gli OO. concludono che una diminuzione della tolleranza al glucosio con relativa insulinoresistenza durante iI trattamento con anticoncezionali non ~ un fenomeno costante e scompare prontamente con la sospensione del medicamento. E' tuttavia da raccomandare un controllo del metabolismo glucidico in quei soggetti che presentano una predisposizione ereditaria aI diabete mellito. Tema:
Primi risultati del trattamento prolungato del diabete latente asintomatico con tolbutamide.
Relatori:
SCHILLING W . D0sseIdorf
H . , LIEBERMEISTER H . , GRUNEKLEE D., DAWEKE H . -
In 30 pazienti (19 uomini e 11 donne) con diabete latente asintomatico ~ stato seguito il comportamento della tolleranza glucidica durante un periodo di controllo di circa 4 anni. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a regime dietetico e la met~ di essi ~ stata sottoposta a trattamento con tolbutamide (g 0,5 al giorno per un periodo variabile da 6 a 44 mesi). In 8 dei 15 pazienti trattati con tolbutamide ~ stato osservato un miglioramento della tolleranza aI carico di glucosio per via orale, in 4 un peggioramento e in 2 nessun cambiamento; 1 soggetto si trova tuttora sotto controllo. Dei soggetti trattati con la sola dieta in 4 ~ stato osservato un miglioramento, in 3 un peggioramento e in 8 nessuna modificazione significativa. Gli OO. concludono che i primi risultati di questa indagine sono incoraggianti e giustificano iI trattamento profiIattico del diabete asintomatico con tolbutamide. Tema:
Sul significato dell'attivita insulino-simile cellulare non soppressibile con antisiero.
Relatori:
HEPP D., WILLIAMS H. - Washington
In precedenti indagini gli OO. avevano osservato che perfondendo il legato di ratto isolato con instilina l'attivit~ insulino-simile non soppressibile con antisiero (NSILA) che compariva nel perfusato non era correlata nel tempo con Ia scomparsa dell'insulina, e inoltre che da diversi tessuti del ratto potevano essere estratte delle sensibili quantit~ di NSILA. Sulle basi di queste precedenti osservazioni gli OO. si sono posti la domanda se questa NSILA non rappresenti una particolare forma di attivit~ insulinica intracellulare. Allo scopo di studiare la validitk di questa ipotesi gli OO. hanno incubato per 90 min tessuto grasso epididimale di ratto con crescenti concentrazioni di insulina e, previo Iavaggio con NaCI (0,9 %), hanno proceduto all'estrazione secondo il metodo di Scott-Fisher. Con la determinazione dell'ILA ~ stato osservato che la parte soppressibile aumentava corrispondentemente alla concentrazione delI'insulina nel mezzo di incubazione, mentre la non soppressibile (NSILA) si manteneva costante ad una concentrazione di circa 35 I~U/g di tessuto grasso. 428
3 ° CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA
Sulla base di questi risultati gli OO. hanno concluso che: 1) l'insulina viene fissata dal tessuto grasso in proporzione alla sua concentrazione nel mezzo di incubazione, 2) l'insulina non viene trasformata dalle cellule in NSILA, 3) la NSILA non rappresenta una forma di attivit,h insulinica ultracellulare. T e m a : Regolazione specie-specifica del ricambio glucidico nel /egato. Relatori: SOLING H . D., KLEINEKE J., JELLINGHAUS M., WILLMS ]3. - GiSttingen Secondo le vedute attuali, il glucosio entra, indipendentemente dall'insulina, nelle cellule epatiche, viene fosforilato per mezzo della glicochinasi e quindi dal pool del glucosio-6-fosfato introdotto nelle diverse vie metaboliche. I fattori pifi importanti per la regolazione dell'utilizzazione deI glucosio nel fegato sarebbero la concentrazione del glucosio, la attivit~t glicochinasica e l'ossidazione del piruvato. Con indagini condotte su legato isolato perfuso di ratto gli OO. hanno potuto confermare questi principi. Tuttavia il legato di animali con bassa attivifft glicochinasica utilizza il glucosio, in rapporto alla concentrazione del glucosio, allo stesso modo del legato di ratto. Inoltre nel legato isolato di cavia l'aumento dell'ossidazione degli acidi grassi non stimola la gluconeogenesi sebbene la chetogenesi e i l CoA-S-Ac aumentino come nel legato di ratto. L'aumento dell'ossidazione degli acidi grassi determina un'inibizione dell'ossidazione del piruvato nel fegato di ratto ma non in quello di cavia. Secondo gli OO. questi risultati costringono a rivedere quelle teorie sull'utilizzazione deI glucosio neI legato fino ad oggi ritenute valide. T e m a : Indagini a proposito di una lipasi lisosomiale nel /egato di ratto. Relatori: W E I S S L., GUD~R W . , WIELAND O. - M i i n c h e n Dalla letteratura ~ noto cbe la glicodiazina, che 8 un ipoglicemizzante orale, blocca in vitro Ia formazione di corpi chetonici dal tessuto epatico di ratto. Questa osservazione era stata interpretata da Hasselblatt quale espressione di una influenza diretta d'ella Iiberazione degli acidi grassi dagli acidi grassi esterificati endogeni. Gli OO., con un'indagine condotta sul sistema lipolitico de1 fegato di ratto, hanno osservato un'alta attivit~ specifica per la lipasi trigliceridica nella frazione Iisosomiale. Sull'attivith di questo enzima la glicodiazina (10 -3 M) ha rivelato un notevole effetto inibitore (circa 1'80 %) mentre l'azione sull'attivith lipolitica di altre frazioni cellulari h risultata assai scarsa. Questi risultati lasciano supporre c h e l a lipasi trigliceridica lisosomiale sia responsabile per la demolizione dei trigliceridi epatici endogeni. T e m a : Effetti dell'inibizione della lipolisi per mezzo del 3,5-dimetilisoxazolo sulla
gluconeogenesi epatica. Relatore:
HASSELBLATT A. - GtSttingen
I1 legame eterociclico de1 3,5-dimetilisoxazolo inibisce la lipolisi he1 tessuto adiposo. Esso impedisce in ratti a digiuno protratto la mobilizzazione dei lipidi dai loro depositi, per cui risulta un blocco nella Iiberazione degli acidi grassi non esterificati e dei corpi chetonici, indispensabili fonti di energia per I'organismo. In tall condizioni sperimentali ~ stato osservato, nel tessuto epatico di ratto, tanto in vivo quanto in vitro, un aumento della neoglucogenesi dalle proteine, accompagnato da una maggiore secrezione di corticosterone. Nei ratti adrenalectomizzati tale effetto ipoglicemizzante h soltanto di lieve entitY. T e m a : A proposito dell'azione antilipolitica dell'insulina sul tessuto adiposo umano
in vitro. Relatori: 3ERGER M., I-IERBERGER L., GRIES F. A., OBERDISSE K. - Dtisseldorf L'insulina alia concentrazione di 0,1 ltU/ml inibisce la lipolisi nel tessuto adiposo di ratto
in vitro. Poichh a concentrazioni fisiologiche l'insulina si h rivelata senza effetto sul tessuto adiposo umano in vitro, gli OO. hanno studiato l'azione dell'ormone insulare sul tessuto adiposo umano dopo stimolazione con catecolamine. La liberazione di glicerina e di acidi grassi h stata determinata dopo 2 h di incubazione in tampone senza glucosio e le relative concentrazioni riferite al contenuto in acidi grassi esterificati (FFS) deI tessuto adiposo. In 25 soggetti normali sono staff ottenuti i seguenti valori: 0,67 ± 0,3 I~M glicerina/mM EFS/2 h; 3,3-1,3 lxAeq acidi grassi liberi/mM EFS/2 h. Con 0,1-1,0 ~g/ml di adrenalina stato osservato un aumento della lipolisi di circa il doppio e con 33 [tU/ml di insulina una inibizione di circa un terzo dei valori basali. E' stata inoltre osservata una relazione fra dose di
429
3 ° CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA
insulina ed effetto inibitorio dello stimolo lipolitico da parte delle catecolamine: alla dose di 1,0 ~U/ml l'azione antilipolitica dell'insulina era gi~ evidenziabile mentre la dose di 100 !~U/ml inibiva l'effetto lipolitico di 1,0 t~g/ml di catecolamine, Gli OO. concludono affermando che l'insulina in vivo, anche in condizioni fisiologiche, regola Ia mobilizzazione dei grassi indipendentemente dal metabolismo del glucosio. Tema:
Indagini sulla resistenza all'insulina.
Relatori:
FELBER J. P., RIVlER D., BuB~R V., ZARAGOZA N. - L a u s a n n e
Curve glicemiche, di tipo diabetico, dopo carico di glucosio, possono essere associate a valori di insulinemia normali o addirittura elevati. Apparentemente siamo di fronte ad una insuIinoresistenza. Questa situazione pu6 essere riprodotta anche in soggetti normali aumentando, pe~ mezzo di infusione di grassi neutri, la concentrazione ematica degli acidi grassi non esterificati. In condizioni sperimentali opposte, diminuendo cio~ i valori plasmatici degE acidi grassi liberi con infusione di B-piridil-carbonolo, si osserva un miglioramento della tolleranza glucidica nonostante una diminuita insulinemia. In questo caso si potrebbe parlare di una ipersensibilit~ all'insuHna. Indagini sperimentali hanno messo in evidenza che prendendo come parametro la produzione di J4CO~ da glucosio 1~C l'aggiunta di palmitato al mezzo di incubazione determina una diminuzione de1 metabolismo de! glucosio nel diaframma di ratto. Questi risuhati confermano i precedenti studi di Randle e Co11. A1 contrario nel tessuto adiposo di ratto l'aggiunta di palmitato aumenta l'ossidazione del glucosio in CO~ e la sua trasformazione in glicerina e acidi grassi Iiberi dei trigliceridi. Ahre indagini sperimentali in vitro hanno dimostrato che l'insulina stimola la sintesi del glicogeno dal glucosio e assai meno il metabolismo del glucosio in CO2 nel diaframma di ratto e inoItre che in assenza di insulina una non indifferente quantit~ di glucosio viene ossidata da parte del tessuto muscolare. Sulla base di questi risultati si pu6 dedurre che la funzione principale dell'insulina, di procurare cio~ con la sintesi del glicogeno nel tessuto muscolare e dei trigliceridi nel tessuto adiposo le forme di deposito dell'energia, non viene inibita da un aumento della concentrazione degli acidi grassi liberi. Inohre la glicolisi nel tessuto muscolare, che viene scarsamente influenzata dall'insulina, ~ sensibilmente diminuita dall'aumento degli acidi grassi liberi. Esiste quindi una via del metabolismo del glucosio dipendente dall'insulina ma non dalla concentrazione degli acidi grassi e un'altra via insensibile all'insulina ma notevolmente influenzata dalla ossidazione degli acidi grassi non esterificati. L'insulino-resistenza che si osserva 6 quindi solo apparente. Tema:
Rapporti /ra corpi chetonici e metabolismo degli idrati di carbonio nel tessuto grasso peritesticolare di ratto.
Relatori:
ZAHLTEN R., W I L L M S
B.,
REIMOND W . , SOLING ]7t. D. -
GiSttingen
In precedenti indagini gli OO. avevano osservato un aumento della chetolisi periferica per mezzo di infusione di glucosio. Allo scopo di localizzare questo effetto ~ stato studiato il metabolismo dei corpi chetonici neI tessuto adiposo. E' stato osservato: 1) aumento dell'assun. zione dell'acetoacetato e del betaidrossibutirrato per mezzo del glucosio e del glucosio pih insulina, 2) inibizione dell'ossidazione dei 3-14C- corpi chetonici e stimolazione dell'incorporazione in acidi grassi e nella frazione trigliceridica, 3) stimolazione da parte dei corpi chetonici delia assunzione di glucosio nel tessuto adiposo, 4) stimolazione da parte dei corpi chetonici con e senza insulina alla formazione di I4CO2 dal 1-14C- glucosio. Gli OO. concludono affermando che iI metabolismo dei corpi chetonici nel tessuto adiposo, al contrario di quanto avviene nel tessuto muscolare, viene regolato dal metabolismo degli idrati di carbonio. T e m a : Mobilizzazione dei grassi per mezzo di farmaci nei topi adiposi e iperglicemici.
Relatori:
SCHWABE U., MENGEL
K.,
EBERT R. -
GtSttingen
Topi iperglicemici e adiposi (Bar Harbor) all'eta di uno o due mesi sviluppano un'adiposita con aumento del peso corporeo fino al doppio degli animali normali. Ci6 ~ dovuto ad una aumentata sintesi d eI tessuto adiposo e ad una diminuita mobilizzazione dei grassi dai tessuti di deposito. Gli OO. hanno studiato in cellule adipose isolate la lipolisi da farmaci determinando la quantith di acidi grassi non esterificati e di glicerina liberatisi nel mezzo di incubazione. In animali obesi l'effetto lipolitico della noradrenalina e delI'ACTH, che agiscono a Iivello della adenilciclasi, h notevolmente diminuito. L'azione lipolitica della teofillina, the stimola Ie lipasi del tessuto adiposo bloccando la 3,5-AMP-fosfodiesterasi, 6 risultata identica nei ratti normali e nei 430
3o CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA ratti adiposi. Secondo gli 0 0 . l'adenilciclasi di topi obesi h notevolmente insensibile ai pig importanti ormoni lipolitici e l'effetto positivo, ottenuto con teofillina, h una prova che anche nei topi obesi il sistema lipolitico del tessuto adiposo pu6 essere stimolato.
Tema: Ulteriori indagini sulla caratterizzazione e sull'identificazione della sostanza ad azione lipogenetica ed antilipolitica contenuta nella sinalbumina. Relatori: DITSCHUNEIT H., FAULHABER J. D., I)ETRUZZI E. N. - Ulm L'azione della sinalbumina, estratta secondo la tecnica di Vallance-Owen, e del suo estratto alcool-acido 6 stata studiata su cellule adipose di ratto e umane. Sulla base dei risultati ottenuti gli OO. affermano che nel sangue h presente una sostanza con alta attivifft lipogenetica e antilipolitica, non identica all'insulina determinabile con il metodo radioimmunologico e che molto probabilmente 6 identificabile con la sinalbumina.
Tema: Sintesi e metabolismo dei mucopolisaccaridi sol/orati nei ratti resi diabetici con allossana. R e l a t o r i : H A u s s W . H . , JUNGE-HuLSING G., KUCKULIS I., OTTO H . , RAWYTSCH J., WAGNER H . - M f i n s t e r In 96 ratti resi diabetici con allossana 6 stata condotta una indagine sulla sintesi e sul metabolismo dei mucopolisaccaridi solforati per mezzo deI solfato 35S. Nei ratti diabetici h stata osservata una diminuzione della sintesi dei mucopolisaccaridi in tutti gli organi controllati (cuore, aorta, rene, pelle) e soprattutto un aumento del tempo di dimezzamemo biologico di circa tre volte nei confronti dei ratti di controllo. Da ci6 risulta un accumulo di mucopolisaccaridi solforati in tutti gli organi dei ratti diabetici.
Tema: I1 ciclo dell'acido glicuronico nel tessuto arterioso. Relatori: SANWALD R., RITZ E. - Heidelberg Nell'aorta di diverse specie ~ stata determinata la velocith della decarbossilazione dell'acido glicuronico 6-14C. Nessuna differenza 8 stata osservata tra gli animali diabetici e quelli non diabetici. Gli OO. non confermano, almeno per quanto riguarda l'aorta, le osservazioni di Winegrad che hanno messo in evidenza, tanto nel diabete sperimentale da allossana quanto nel diabete dell'uomo, un aumento del metabolismo dell'acido glicuronico.
Tema: Caratterizzazione di un inibitore del sistema enzimatico per la degradazione dell'insulina presente nel siero di conigli uremici. Relatori: WOENCKHAUS J. W . , SCHNELLER U., KERP L. - Freiburg Indagini cliniche e sperimentali hanno messo in evidenza che negli staff uremici l'insulina viene degradata molto pifi Ientamente. In precedenti Iavori gli OO. avevano avanzato I'ipotesi che iI siero di conigli uremici inibisse il sistema enzimatico responsabile della degradazione dell'ormone insulate a livello dei reni. L'esistenza di un inibitore serico h stata negata da altri OO. (O'Brien e Coll., 1967) che spiegano la diminuita degradazione dell'insulina negli staff uremici con la perdita del tessuto renale, che, in condizioni normali, h l'organo che pi~ d'ogni altro presiede all'inattivazione dell'ormone insulare. Con la presente indagine gli OO. confermano la loro precedente ipotesi affermando di essere riusciti ad isolate dal siero di conigli, affetti da uremia, un fattore inibitore il cui peso molecolare h di circa 12.000.
Tema: Anticorpi anti-insulina. Relatori:
KALLEE E., W I L M S K. -
Ttibingen
Gli OO. hanno descritto una nuova tecnica per la determinazione della capacit~ di legame degli anticorpi anti-insulina presenti nei soggetti diabefici trattafi con insulina. La separazione dell'insulina ~31j legata agli anticorpi ~ stata ottenuta per mezzo dell'elettroforesi su agar. I risultaft ottenuti sono staff discussi in rapporto ai daft clinici.
431
~o CONGRESSO SOC. TEDESCA DI DIABETOLOGIA
Tema: Indagini comparative sulla capacit~ degli anticorpi di legare l'insulina di
maiale e l'insulina di bue. Relatori:
KASEMIR H . , PAULUS U., STEINHILBER S., KERP
L. - Freiburg
Sieri di soggetti diabetici trattati con insulina possiedono una diversa capacith c~i legame ne~ confronti dell'insulina di maiale e dell'insulina di bue. Negli stessi sieri vi sono a disposizione per l'insulina di bue pih punti di legame del tipo AM che per l'insulina di maiale. Lo stesso comportamento lo si osserva anche per le zone di legame di tipo Ak2 che notoriamente hanno meno affinith per la molecola insulinica di quelli deI tipo Akj. Queste osservazioni coincidono con l'esperienza clinica di una maggior efficacia dell'insulina di maiale nei confronti di quella di bue nei diabetici che presentano anticorpi anti-insulina.
Tema: Esperienze cliniche sull'influenza degli ipoglicemizzanti orali sull'insulino-
resistenza. Relatori:
DEHMEL K. H., KRAUS ]3., KUHLMANN H . ,
MEHNERT H .
- Mtinchen
In un periodo di tempo di circa tre anni gli OO. hanno studiato in 800 diabetici le variazioni nel fabbisogno insulinico prima e dopo un periodo di degenza in clinica. E' stato osservato che iI fabbisogno di insulina, sebbene al momento del ricovero fosse molto maggiore, in nessun caso aveva superato al momento del rilascio le 100 unith giornaliere. Fra Ie possibilit~ terapeutiche dell'insulino-resistenza gli OO. hanno ricordato l'impiego degli ipoglicemizzanti orali. I derivati biguanidici infatti, da soli o associafi alle sulfaniluree, hanno determinato in mohi casi una diminuzione del fabbisogno insulinico.
Tema: Effetto antidiuretico delle sulJaniluree nel diabete insipido di origine centrale.
Relatori:
WIGGER, STEGEMANN, SCHLER, CREUTZFELDT W . -
GiSttingen
E' noto c h e l a clorpropamide, accanto all'azione ipoglicemizzante, possiede un'azione antidiuretica. Gli OO. hanno riferito sui risultati ottenuti in 6 soggetti affetti da diabete insipido dopo trattamento con clorpropamide. AID dose di g 0,50-0,75 ~ stata osservata una netta diminuzione della diuresi (in media da 1 11 a 3,7 nelle 24 h) e una tendenza alla normalizzazione della concentrazione delle urine e della clearance dell'acqua. Con l'impiego della glicodiazina (g 1-2,5) e della tolbutamide (g 2,0) non 6 stato osservato alcun effetto antidiuretico.
Tema: Indagini sull'azione del trattamento protratto con tolbutamide e derivati
biguanidinici sul ricambio glucidico e sui lipidi del siero nel diabete dell'adulto. Relatori: HUBRICH K., KATTERMANN R., APPELS A. - Gbttingen E' noto che la somministrazione di derivati biguanidinici determina una diminuzione del peso corporeo. In 58 soggetti diabetici trattati con biguanidinici per 13 settimane gli OO. hanno potuto confermare tale effetto. Inoltre sono staff osservati una diminuzione della colesteroiemia e dell'insulinemia, un aumento degli acidi grassi non esterificati e dei corpi chetonici senza modificazioni significative a carico dei trigliceridi. Sulla base di questi risultati viene avanzata l'ipotesi c h e l a riduzione del peso corporeo durante il trattamento con biguanidinici sia da attribuirsi non solo ad una diminuzione della lipogenesi ma anche ad un aumento della Iipolisi. In ulteriori indagini h stato studiato l'effetto sulla glicemia, acidi grassi non esterificati, trigliceridi, colesterina e sul peso corporeo del trattamento con derivati biguanidinici combinato con tolbutamide e del trattamento dietetico. Gli OO. hanno fatto osservare che mentre un aumento degli acidi grassi non esterificati nei soggetti in trattamento con biguanidinici deve essere considerato un effetto terapeutico, lo stesso rilievo nei soggetti trattati con toIbutamide rappresenta il segno di un errore dietetico, in ogni caso di un peggioramento del ricambio glucictico.
Tema: La dinamica della secrezione insulinica in vitro. Relatori: TELIB M., PFEIFFER E. F. - Ulm Sul tessuto pancreatico isolato di coniglio h stata studiata l'azione del glucosio, della tolbutamide, della secretina e della pancreozimina sulla secrezione insulinica. GIi OO. hanno osservato c h e l a quantit~ di insulina liberata con le varie sostanze durante la prima h rimane sotto
432
3 ° CONGRESSO SOC. TEDESCA 9I DIABETOLOGIA l'azione dello stesso stimolo costante per un periodo di circa 6 h e che l'effetto di due o tre sostanze combinate h maggiore, senza tuttavia conseguire un effetto additivo.
Tema: Indagini sulle variazioni di 02 indotte dalle su/aniluree nelle isole di Langerhans isolate in vitro. Relatori:
STORK ~-I., HELLERSTROM C., SCHMIDT ]2.
H.
- Mannheim
E' noto c h e l a respirazione delle isole di Langerhans isolate in vitro pu6 essere aumentata con aggiunta al mezzo di incubazione di glucosio. Nelle stesse condizioni sperimentali gli OO. hanno studiato l'effetto delle sulfaniluree ipoglicemizzanti. Dal pancreas di topi Jackson, con sindrome obesit~-iperglicemia, le isole di Langerhans sono state isolate per microdissezione secondo HellerstriSm e quindi incubate in tampone Krebs-Ringer-fosfato a pH 7,2. Gli OO. hanno osservato che la tolbutamide alla concentrazione fisiologica di 0,1 mg/ml determina un aumento del consumo di ossigeno di circa il 20 % nei confronti del consumo di base.
Tema: Attivit~ enzimatiche del metabolismo glucidico epatico nell'uomo e in animali di specie diversa. Relatori: WILLMS B., BEN-AMI P., SOLING H. D. - Gbttingen Nel legato di diversi animali di laboratorio e dell'uomo gli OO. hanno determinato le attivit~ enzimatiche pih importanti del metabolismo glucidico. E' stato osservato che il topo ha soltanto 2/3, il goldhamster e la cavia 1/3 e l'uomo 1/10 dell'attivith glicochinasica del fegato di ratto. Dopo un periodo di digiuno di 72 h la glicochinasi diminuisce in tutte le spec{e esaminate. Le modificazioni nei ratti resi diabetici con streptozotocina corrispondono a quelle osservate nei ratti diabetici da aUossana e cioh caduta della glicochinasi, fosfofruttochinasi, chinasi piruvica e aumento degli enzimi della gluconeogenesi. Nei topolini obesi e nei ratti del deserto non sono state osservate variazioni caratteristiche.
Tema: Modfficazioni del metabolismo enzimatico del /egato nei ratti diabetici da allossana e nell'uomo. Relatori: SCHMIDINGERH., OLDERSHAUSEN H. F., MuscH E., SINN D. - Tiibingen Gli OO. hanno condotto un'indagine sui metabolismo enzimatico del legato in ratti alIossanizzati in rapporto a diverse condizioni dietetiche. E' stato osservato: 1) un aumento della gluconeogenesi dalle proteine nei ratti resi diabetici con allossana, nonostante la diminuzione della tolleranza al glucosio e l'elevata glicemia; 2) una diminuzione della glicochinasi nel puntato bioptico epatico di soggetti con diabete clinicamente asintomatico o manifesto, del tutto simile a quanto osservato nei ratti allossanizzati. L'attiviffi glicochinasica presentava tuttavia delle sensibili variazioni, molto probabilmente in conseguenza delle diverse condizioni dietetiche prima della biopsia. Gli OO. hanno affermato che, in conseguenza delle ampie oscillazioni dei valori, non 6 sempre facile una netta distinzione con soggetti diabetiei e soprattutto con soggetti che presentano danni epatici.
Tema: L'insulina del siero nell'acromegalia. Determinazione comparativa con metodo radioimmunologico e con metodi biologici sul tessuto muscolare e sul tessuto adiposo. R e l a t o r i : GRONEKLEE D., LIEBERMEISTER IvI., SCHILLING W . H., SOLBACH H . G., HERBERG L., D A W E K E H . - Dtisseldorf In 23 soggetti affettl da acromegalia ~ stato studiato il comportamento dell'insulina nel siero, determinata con metodo radioimmunologico (IRI) e con metodo biologico sul tessuto muscolare (MILA) e sul tessuto adiposo (FILA) dopo carico d'i glucosio per via orale. I n 8 soggetti l'acromegalia era in fase attiva, in 15 in fase inattiva. I valori insulinemici, al di sopra della norma in tutti i pazienti, sono risultati pifi elevafi in quelli in cui la malattia era in fase atfiva. I n rapporto alla presenza o meno di alterazione a carico del metabolismo glucidico non sono state osservate differenze significative. In 4 soggetti dopo ipofisectomia la secrezione insulinica dopo stimolo glucidico ~ risultata nettamente diminuita. Gli OO. hanno concluso affermando che lo studio della secrezione insulinica negli acromegalici
433
8 I M P O S I O SUL DIABETE M E L L I T O
pu6 daze utili indicazioni sull'attivith della malattia e suI successo o meno del trattamento chirurgico. Con le tre diverse metodiche impiegate per la determinazione dell'insulina nel siero sono staff ottenuti risultati corrispondenti. Tema:
Calcificazioni calcaree sottocutanee dopo iniezione di insulina.
R e l a t o r i : B o o s R., SALFELD K. - Bad O e y n h a u s e n E' stato descritto ii caso di un paziente (et~ 27 anni), affetto da diabete mellito da oltre 6 anni, in cui l'iniezione di insulina nel tessuto sottocutaneo del braccio e della coscia ha portato alia formazione di zone di calcificazione di consistenza ossea. La sclerosi e la calcificazione deI tessuto sottocutaneo sono state documentate istologicamente. Tema:
Enteropatia da glutine nel diabete mellito.
Relatori:
RIECKEN E. O., MARTINI G. A., SAUER H . - M a r b u r g
Sulla base di due osservazioni personali sono state discusse le difficolth nella diagnosi differenziale fra la steatorrea idiopatica con diabete mellito e la steatorrea diabetica. Tema:
Esperienze con un nuovo test colorimetrico su carta per la determinazione della glicemia.
Relatori:
HOFFMANN H . H., LIEBERMEISTER DAWEKE H . - D t i s s e l d o r f
H.,
SCHMITT •.,
GRUNEKLF, E D . ,
In 1.000 soggetti diabetici, in parte in trattamento ambulatoriale ed in parte zicoverati in Clinica, sono state controllate la precisione e la sensibilit~t di un nuovo test colorimetrico su carta per Ia determinazione della glicemia. I risultati sono staff confrontati con quelli ottenuti con l'autoanalyzer secondo la tecnica di Hoffmann. Nell'ambito di 60-120 mg % l'errore medio 6 risultato di +_ 16,6 rag%, fra 120-180 rag% di ! 18,4 mg°/o e fra 180-240 rag% di ± 16,8 mg %, Anche i valori che nell'autoanalyzer erano al di sotto di 60 mg % e al di sopra di 240 mg % venivano rilevati senza eccezioni anche con il test colorimetrico. F.M.
I1 9 g i u g n o 1968 si ~ s v o l t o in E s t e ( P a d o v a ) un Simposio sul diabete mellito o r g a n i z z a t o dalla Societ~ M e d i c o - C h i r u r g i c a di P a d o v a , p r e s i e d u t a da! prof. E. Fiaschi, e dal C e n t r o A n t i d i a b e t i c o di Este, d i r e t t o daI prof. M. N i n n i . M o d e r a t o r e del S i m p o s i o 6 stato ii prof. Fiaschi. Tema:
Aspetti genetici del diabete mellito.
Relatore:
I~RACCARO M. - P a v i a
L'O. esordisce richiamando l'attenzione sui risultati degli studi eseguifi con i gemelli, che parlano in modo inequivocabile per una genesi eredkaria del diabete mellito. Ma la difficolt~ nasce allorch8 si deve stabilize il tipo di ereditariet~, anche perch~ ~ difficile circoscrivere la malattia diabete, che presenta cosl elevata difformit~, tra Ia forma acidosica e la semplice intoIleranza agli idrati di carbonio di dubbia interpretazione. L'ipotesi di un autosoma recessivo con ridotta penetranza ~ stata avanzata da molti. Secondo questa ipotesi il 30-40 % della popolazione sarebbe interessato dalla tara diabetica. Un'aItra ipotesi 6 quella di una ereditariet~ poligenica: le differenti combinazioni dei geni tra di loro spiegherebbero i diversi tempi di insorgenza ed i diversi gradi di gravit~ della malattia. Un altro problema rimasto finora senza soluzione 6 quello del punto di attacco del gene diabetico, cio8 del livello al quale esso esprime la sua patogenicit~. Recentemente ~ stata avanzata l'ipotesi c h e l a malattia sia riferibile ad un dffetto nella formazione di insulina: verrebbe secreta insulina in parte alterata e quindi inattiva ed il difetto genetico potrebbe esseme responsabile. Ma Ie ipotesi patogenetiche odieme sono ancora troppo confuse perch~ possa esssere accettata questa spiegazione. Potrebbe trattarsi anche di un disturbo nel meccanismo di Eberazione deIl'insulina, o di una sostanza antagonista che impedisce all'insulina la sua attivit~ 434
SIMPOSIO SUL DIABETE M E L L I T O
biologica. A quest'uItima ipotesi si riallacciano gli studi di Vallance-Owen sulla sinalbumina. La sinalbumina sarebbe trasmessa ereditariamente come fattore monomero dominante, ma l'ipotesi richiede ulteriori conferme. II genetista si pone il quesito dell'elevata percentuale di diabetici nelle popolazioni di ogni paese: essendo fino a pochi decenni orsono il diabete una malattia frequentemente letale, avrebbe dovuto verificarsi la scomparsa del gene o comunque una sua forte diminuzione. Ci6 non avvenuto perch6 probabilmente il gene del diabete costituisce un gene positivo in periodi di carenza alimentare: ci6 ha portato ad una maggiore sopravvivenza di soggetti tarati per un vantaggio selettivo. Terminati i tempi di carestia il gene si h dimostrato patogeno in presenza di alimentazione abbondante. A ci6 aggiungasi l'aumento della fertilith nei diabetici dacchh la terapia insulinica ha permesso la sopravvivenza delle forme giovanili e il compimento della gravidanza helle diabetiche. Un problema molto pratico 6 quello del rischio che incombe sui soggetti che abbiano parenti diabetici: esso ~ del 4 % se i genitori non sono diabetici, dell'll % se uno dei genitori diabetico, del 16 % se ambedue i genitori sono diabetici. Naturalmente su queste cifre giocano la bassa penetranza del gene o dell'insieme dei geni responsabili e la esistenza o meno di fattori esterni o interni capaci di favorire la penetranza. Tema:
Meccanismi biochimici della chetosi.
Relatore:
SILIPRANDI N. - P a d o v a
I1 diabete mellito ~ una tipica malattia biochimica dovuta ad alterato ricambio glucidico con ripercussioni sul metabolismo lipidico. La formazione di corpi chetonici pub essere spiegata solo conoscendo i rapporti tra metabolismo glucidico e metabolismo lipidico. Entrambi i metabolismi giungono alia formazione di acetil-CoA, ma, mentre il piruvato d~l origine all'ossalacetato che introduce l'acetil-CoA nel ciclo ossidativo di Krebs, le vie metaboliche dei lipidi sono prive di un simile meccanismo. Ci6 spiega come senza apporto di piruvato che proviene dal glucosio l'acetil-CoA d'i provenienza lipidica si accumuli senza alcuna possibi[itfi di utilizzazione. I corpi chetonici si formano nel legato. La loro genesi 8 assai controversa ma pub esser spiegata con tre ipotesi: 1) la pill vecchia ~ quella della ossidazione &lie catene degli acidi grassi: quando essa avviene in modo incompleto si formerebbe acetoacetato; 2) i frammenti bicarboniosi derivanti dagli acidi grassi si condensano due a due secondo la reazione: 2 acetil CoA ---> acetoacetil-CoA -+ acetoacetato. Questa ipotesi spiegherebbe anche l'aumento della sintesi colesterolitica che si verifica per effetto della chetosi; 3) l'acetoacetato si forma per deacilazione dell'acetil-CoA. E' probabile che queste tre ipotesi corrispondano effettivamente a tre differenti processi chetogenetici: 6 certo per6 che il secondo di essi 6 prevalente. I corpi chetonici per6 non sono delle scorie senza significato energetico, in quanto il muscolo ~ in grado di utilizzarli normalmente second'o quattro vie: ci6 6 possibile per6 solo quando la funzione del ciclo di Krebs 6 normale e quando v'~ una normale disponibilifft di ATP e di CoA. I1 legato 6 l'unico tessuto che non 6 in grado di utilizzare i corpi chetonici. Le attuali conoscenze in fatto di topografia enzimatica a livello delle strutture cellulari ci spiegano perchh normalmente non si formano corpi chetonici dai glucidi. Infatti l'acetil-CoA proveniente dai grassi si forma in un compartimento cellulare diverso da quello ove si forma l'acetilCoA dai glucidi: la carnetina costituirebbe un fattore importante per l'intercomunicazione dei due pools di acetil~CoA. Nel complesso ci sono buoni motivi per affermare che il ricambio glucidico influisce sul ricambio lipidico principalmente sotto tre punti di vista: 1) fornisce glicerofosfato indispensabile nelle sintesi dei trigliceridi; 2) forma NaDPH2 che d~ l'energia necessaria per la sintesi delle catene degli acidi grassi; 3) fornisce ossalacetato indispensabile per l'introduzione dell'acetil-CoA nel ciclo ossidativo di Krebs. Questi elementi spiegano nel diabetico quanto avviene nel diabete scompensato. La steatosi epatica si spiega come risultante dello squilibrio tra un'elevata formazione di acidi grassi e la bassa disponibilit~ di glicerolo. Poich~ il legato possiede un enzima che permette la formazione in loco di trigliceridi essi si accumulano nell'organo. L'accumulo di corpi chetonici si spiega con il rallentamento dei cicli ossidativi e quindi con una minore disponibilit~ di ossalacetato. A questo si aggiunga un difetto di CoA che viene
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SIMPOSIO SUL DIABETE M E L L I T O
sequestrato dagli acidi grassi di cui v'h grande eccedenza. I1 difetto di ossalacetato e la scarsa disponibilith di CoA portano all'accumulo di corpi chetonici. Si pu6 quindi concludere che Io stato di chetosi 8 riferibile ad un alterato metabolismo lipidico secondario ad un'insufficienza del metabolismo glucidico. Tema:
La microangiopatia diabetica.
Relatore:
NACCARATO R. - P a d o v a
L'O. esordisce facendo una distinzione tra la macroangiopatia diabetica e la microangiopatia, non solo sotto il profilo del distretto vascolare colpito ma anche sotto quello della maggiore o minore specificit~ della lesione. L'O. presenta uno studio microscopico e ultra-microscopico attuato in 58 diabetici sopra materiale bioptico (da biopsia renale, biopsia muscolare, biopsia gengivale, biopsia congiuntivale). Nel rene la microscopia ottica ha confermato quanto da tempo si conosce a proposito della glomerulosclerosi di Kimmelstiel-Wilson: esistono due tipi di lesioni, una a grossi noduli di materiale PAS-positivo, l'altra diffusa. L'ultramicroscopia metre in evidenza un aumento delle cellule del mesangio con accumulo di materiale monomorfo sia nell'interno degli elementi mesangiali sia nella membrana basale. Quest'ultima appare inspessita fino a 4 volte il normale. Con particolari colorazioni si pu6 notare che il materiale si depone sotto la membrana basale distruggendo il tessuto mesangiale e sporgendo fino ad occludere il fume vasale. Si formano cos~ dei noduli alla cui organizzazione partecipa anche un tessuto collagene. Nella casistica queste lesioni sono molto frequenti e molto precoci s1 da essere presenti fin dalle prime battute della malattia: naturalmente il procedere del diabete fa evolvere la lesione. Nel muscolo il quadro microscopico rileva la presenza di materiale PAS-positivo nella parete vasale, mentre la microscopia elettronica rileva un notevole ispessimento della mambrana basale. Nella gengiva e nella congiuntiva lesioni del tutto simili a quelle rilevate nel muscolo. L'O. conclude asserendo c h e l a microangiopatia diabetica ~ costituita da un interessamento diffuso di tutti i piccoli vasi di ogni tessuto caratterizzato da: 1) ispessimento della membrana basale; 2) aumento del tessuto mesangiale; 3) formazione di noduli di materiale sovrapposto con partecipazione dei collagene. Quanto alia patogenesi di queste lesioni due sono le ipotesi pih probabili: o si tratta di accumulo di materiale derivante da una deviazione genica, oppure di conseguenze di un processo autoimmunitario. Tema:
Significato clinico dell'alterata fibrinolisi nel diabete mellito.
Relatore:
BARBUI T. - P a d o v a
L'O. esordisce facendo una sintesi &lie attuali vedute in tema di fibrinogenesi e fibrinolisi, processo dinamico che da un lato protegge i vasi, dall'aItro impedisce fenomeni di eccessiva deposizione di fibrina. I1 processo della fibrinolisi ~ stato studiato in 73 soggetti di et~ compresa tra i 13 ed i 73 anni, presentanti una forma di diabete mellito di differente gravith. La fibrinolisi h risultata essere anormale nel 78 % dei casi studiati. Allo scopo di chiarire il significato di questa alterata fibrinolisi, 1'O. ha studiato un gruppo di soggetti normoglicemici con alterazioni ecgrafiche con analoga tecnica. Dallo studio 6 emersa una chiara correlazione tra gravit~ della lesione ecgrafica e allungamento della fibrinolisi. Poich8 si pu6 presumere che un ecg alterato esprima uno stato di aterosclerosi, 1'O. ritiene che Io studio della fibrinolisi nel diabetico sia un'utile spia del processo aterosclerotico. L'O. infine ha studiato gli effetti delle sulfaniluree e delle biguanidi sopra l'alterata fibrinolisi presente nel diabetico. Tema:
Moderni orientamenti nella terapia del diabete mellito.
Relatore:
BENEDETTI A. - P a d o v a
Prima di considerare nei dettagli i presidi terapeutici del diabete mellito h necessario distinguere iI diabete giovanile acidosico dal diabete dell'et~ adulta, e chiarire gli obbiettivi di una corretta terapia. Questi ultimi non possono esser che tre: 1) evitare l'acidosi, 2) correggere 436
SIMPOSIO SUL DIABETE M E L L I T O
lo stato di nutrizione, 3) prevenire Ie complicanze (metaboliche, infettive, cardiovascolari e neurologiche). La prevenzione delle complicanze costituisce indubbiamente il punto pih importante e pi~ dii:ficile ad essere attuato. Essa pub essere ottenuta solo con una diagnosi precoce del diabete latente o potenziale e con un perfetto equilibrio glicemico. Per quanto riguarda quest'ultimo, 1'O. cosi riassume Ie sue caratteristiche: 1) eliminare il sovrappeso; 2) eliminate Ia glicosuria; 3) mantenere la normoglicemia a digiuno; 4) eliminare l'eccessiva ipergIicemia postprandiale; 5) evitare l'ipoglicemia; 6) normalizzare la curva glicemica da carico. Cib pub essere ottenuto scegliendo ed utilizzando i mezzi terapeutici pi0 idonei, caso per caso. Tra questi 1'O. ricorda la dieta, che deve essere calibrata non solo sul peso attuale ma anche snlla curva anamnestica ponderale. E' bene inohre essere molto sempIici e chiari con ii diabetico, parlando di alimenti e non di calorie. Accanto alla dieta 8 di grande importanza l'esercizio muscolare. La terapia insulinica ha subito in questi ultimi anni criteri pih restrittivi restando indispensabile presidio terapeutico solo nel 25 % dei casi, laddove l'organismo non produce insulina. L'insulina ~ disponibile in varie preparazioni aventi differenti caratteristiche di assorbimento. E' certo perb che i vari preparati insulinici non riusciranno mai ad attuare una terapia sostitutiva: infatti l'insulina animale differisce sempre da quella umana, ed inoltre Ia sua somministrazione parenterale non segue la via portale ma quella del grande circolo. Inoltre l'assorbimento di un'insulina deposito avviene secondo modalit5 che non hanno nulla a c h e vedere con il fisiologico meccanismo di Iiberazione dell'ormone da parte delle cellule /~. Scendendo nei dettagli della terapia insulinica, I'O. rileva come l'insulina pronta sia ancora preziosa soprattutto nei momenti di emergenza, laddove le richieste metaboliche sono aumentate e variano di continuo. Diversamente 8 solito somministrare un'unica dose di Jnsulina lenta al mattino accompagnandola, se essa non ~ suNciente, con due dosi di insulina pronta ai due pasti principali. Quando vi siano iperglicemie notturne 8 consigliabile somministrare alla sera una dose di insulina ritardo. Ma nel diabetico obeso, ove esiste iperinsulinismo, la terapia insulinica ~ controindicata, mentre sono molto utili gli ipoglicemizzanti orali: le sulfaniluree e le biguanidi. Per quanto riguarda le sulfaniluree ipoglicemizzanti 1'O. ricorda che 15 anni di esperienza in tutto il mondo danno a questi prodotti una garanzia di efficacia e di buona tolleranza. Esistono numerosi preparati in commercio: essi agiscono con Io stesso meccanismo ma alcuni hanno un'azione rapida, altri un'azione lenta. L'O. suggerisce di iniziare la terapia con una sulfanilurea rapida passando poi ad una lenta. Esse agiscono stimolando Ia liberazione di insulina e quindi trovano indicazione nei soggetti che hanno ancora un'attivit~ secretoria delle celIule i$. Le biguanidi invece agiscono con un meccanismo non ancora noto: di esse 1'O. ricorda i buoni risultati ottenuti in associazione con le sulfaniluree. Terminando, I'O. getta uno sguardo agli sviluppi futuri della terapia deI diabete mellito facendo cenno alI'insulina sintetica ed al trapianto di pancreas.
Tema:
II diabete mellito come malattia sociale.
Relatore:
LOVlNO M . - P a d o v a
I1 diabete ~ malattia della civilizzazione e percib malattia in continuo incremento: per questo motivo il diabete sta assumendo proporzioni di malattia sociale. Non ~ possibile dare una risposta precisa al quesito riguardante !a sua incidenza in quanto iI diabete non 8 soggetto a denuncia. Certamente essa varia da regione a regione. Per 1'Italia abbiamo le percentuali relative agli assistiti INAM: esse parIano di un'incidenza intorno al 2 %. Sulla base di questi dati 1'O. ritiene che nella sola provincia di Padova debbano esservi circa 7.000 diabetici. Altri dati statistici parlano per una maggior frequenza nelI'et~ matura e nel sesso femmb nile. La durata della malattia ~ aumentata con la terapia insulinica. Nei soggetti diabetici la causa di decesso pi0 frequente ~ costituita dalle vasculopatie mentre gli accidenti metabolici risultano assai raramente quali cause di decesso. L'O. passa poi a considerare gli aspetti organizzativi della lotta al diabete mellito che in Italia si fonda soprattutto sopra una rete di Centri Antidiabetici ai quali il Ministero della Sanit~ fornisce contributi. E' auspicabile che presso ogni Ospedale sorga un Centro Antidia~ betico, ma anche che questi Centri siano coordinati fra loro nelI'ambito deli'organizzazione regionale e nazionale degli Ospedali. 437
SIMPOSIO SUL DIABETE M E L L I T O
Tema:
Primi risultati dell'ipofisectomia ultrasonica nella terapia della retinopatia diabetica.
Relatore:
R m c ~ V. - P a d o v a
L'O. esordisce ricordando come numerosi AA. abbiano presentato contributi che parlano di benefici effetti della ipofisectomia chirurgica nella retinopatia diabetica. L'ipofisectomia h per6 un intervento chirurgico di notevole gravith che comporta gravi rischi. Si ~ cosl pensato di raggiungere gli stessi risultati con tecniche meno rischiose. Tra queste 1'O. ha considerato I'ultrasuonoterapia dell'ipofisi i cui risultati sono molto vicini a quelli dell'ipofisectomia chirurgica. La casistica personale 8 Iimitata a 12 casi di retinopatia diabetica. In essi la terapia con ultrasuoni ha determinato variazioni ormonali paragonabili a quelle dell'ipofisectomia chirurgica. La terapia ha determinato talora un notevole miglioramento della funzione visiva, in altri casi risultati meno evidenti. Data la gravit~ dei casi trattati, 1'O. ritiene che i risuitati ottenuti con la terapia con ultrasuoni sull'ipofisi siano incoraggianti e che essa possa costituire un utile presidio in un campo ove praticamente non esiste trattamento in grado di far regredire o di fermare l'evoluzione della lesione retinica.
Tema:
Con/ronto tra curve glicemiche da carico orale e venoso di glucosio nell' obesit?~ giovanile.
Relatore:
BUSONERA G . - P a d o v a
L'O. riferisce i risultati di un'indagine eseguita sopra 15 donne obese in et~ giovanile (et~ media: 23 anni) con eccesso ponderale superiore al 60 % del peso ideale (media: + 73 %), ed anamnesi familiare negativa per il diabete. Esse furono sottoposte ad una curva da carico con g 100 di glucosio per os e quindi, a distanza di qualche giorno, ad una prova da carico per e.v. eseguita iniettando g 30 di gIucosio in soluzione al 40 % neI tempo di 3 rain. La prova per via venosa 6 stata valutata mediante iI calcoIo del valore K, che esprime ia velocit~ di scomparsa de1 glucosio dal sangue, e quindi l'assimiIazione periferica dello zucchero. In un gruppo di giovani soggetti normali precedentemente studiato, iI valore K risult6 in media 2,08 + 0,22, essendo compreso tra 1,8 e 2,48. Nel gruppo dei soggetti obesi la curva glicemica da carico orale risuit6 di tipo diabetico in 4 casi su 15; alla prova per via venosa il valore K risult6 in zona diabetica, cio~ < di 1,2 in 9 casi. In uno solo ad una curva orale di tipo diabetico corrispose un valore K normale. I1 valore K nel gruppo degli obesi risult6 in media 1,3 + 0,35, essendo i singoli valori compresi tra 0,89 e 2,77. L'O. ritiene di poter concludere che nell'obesit~ giovanile la prova da carico per via venosa denota pit~ di frequente della prova per via orale una diminuita tolIeranza al glucosio. Ci6 attribuito ad una maggiore risposta insulinogenica neI corso dell'assorbimento intestinale per stimoli diversi dell'aumento glicemico che invece ~ maggiore nella prova per via venosa.
Tema:
Nuovo procedimento per la reazione all'orto-toluidina nella determinazione della glicemia.
Relatore:
CE~IOTTI G . - P a d o v a
Allo scopo di eIiminare gli inconvenienti presentati dalla reazione all'orto-toluidina e cio~ l'uso ddl'acido acetico glaciale, la non eccessiva stabilit~ deI colore e le variazioni di risposta con diversi lotti di reagenti, sono stati studiati gli effetti dell'aggiunta a1 reattivo cromogeno di varie quantit~ di acqua, di tracce di metalli e di sostanze chelanti. Si ~ cos~ potuto stabilire che la concentrazione dell'acido acetico pu6 essere ridotta aI 50 % con l'aggiunta de1 35 % di acqua e del 15 % di orto-toluidina, in presenza di tiourea e di EDTA. In tall condizioni viene diminuita modicamente la velocit~ di reazione; ci6 determina una perfetta stabilit~ del colore per aImeno 24 h. L'EDTA elimina le differenze fra i vari Iotti di reagenti. II reattivo idrato ~ pit~ stabile di quello anidro.
Tema:
Microangiopatia diabetica e permeabilita capillare studiata mediante albumina marcata.
Relatore: 438
FEDERSPIL G . - P a d o v a
S I M P O S I O S U L DIABETE M E L L I T O
Partendo dalla considerazione che nel diabete mellito esistono costantemente gravi alterazioni morfologiche dei capillari, 1'O. ha inteso indagare le conseguenze della microangiopatia diabetica. A tale scopo in 12 soggetti normali ed in 25 soggetti diabetici di vario tipo sono state studiate la permeabilit~ capillare mediante l'iniezione endovenosa di albumina marcata con iodio radioattivo e la velocith di caduta delia radioattivit5 plasmatica. La metodologia adottata ha permesso di studiare i seguenti parametri: 1) volume plasmatico, 2) pool dell'albumina intravascolare, 3) percentuale deI pool albuminico che oltrepassa la barriera capillare nell'unith di tempo, 4) quantit~ totale di albumina che oltrepassa i capillari nell'unit~ di tempo. I risultati ottenuti hanno permesso di osservare una diminuzione statisticamente significativa della permeabilit5 capillare nei diabetici rispetto ai controlli. Non 8 stata osservata alcuna correlazione fra riduzione della permeabilit~ capillare e durata riconosciuta del diabete. L'O. ha discusso il significato ed il valore dei risultati ottenuti.
Tema:
La senescenza come/attore diabetogeno.
Relatore:
MAR~CO S. - L a Spezia
L'O. parte dalla constatazione, pi~ volte confermata dai risultati di indagini di massa e da una propria casistica, che ii diabete meIIito incide con una percentuale cos~ elevata nell'et~ senile da poter essere considerato una malattia della senilith. Talune indagini hanno dimostrato infatti che sopra i 60 anni la frequenza de1 diabete raggiunge percentuali superiori al 10 %. Sulla scorta di osservazioni personali I'O. afferma che il diabete senile incide maggiormente nel sesso femminile e che i diabetici d'et~ senile sono molto di frequente in sovrappeso corporeo. Alla ricerca di una spiegazione di questo fenomeno, I'O. richiama l'attenzione sopra gli studi riguardanti il ricambio glucidico in soggetti ultrasessantenni normoglicemici e aglicosurici. 1) La curva glicemica da carico orale 6 molto spesso di tipo francamente diabetico; 2) il coefficiente K di assimilazione del glucosio 8 diminuito e v'8 una chiara correlazione tra avanzare dell'et~ e diminuzione del K; 3) il test alla tolbutamide risulta alterato per un ritardo nella risposta glicemica aI farmaco: iI coefficiente d diminuisce progressivamente con l'et~; 4) studi sull'ILA e sull'IRI hanno dimostrato, anche se non univocamente, che nell'et~ senile esiste una diminuita insulinopoiesi; 5) lo studio delle isole con la microscopia a fluorescenza ha dimostrato che nell'et~ senile frequentissima una degenerazione amiloide; 6) la sensibilit~ all'insuIina decresce con l'et~ e ci6 potrebbe spiegare tutti i fenomeni sopra menzionati tra i quali il 4 ° ed il 5 ° potrebbero rappresentare uno stato di esaurimento insulare. L'O. cerca di collegare l'aumento dell'incidenza del diabete nelI'et~ senile con la fenomeno. logia sopra riportata ed in proposito avanza due ipotesi: 1) le condizioni metaboIiche della senilit~ potrebbero esaltare la penetranza del gene in soggetti ereditariamente predisposti; 2) oppure la senescenza potrebbe da sola costituire un fattore diabetogeno al di fuori di una tara genetica. Quest'ultima ipotesi potrebbe trovare conferma nella constatazione che nei diabetici ammalatisi in tarda et~ la familiarit~ diabetica incide con frequenza inferiore a queIla rilevata neIle precedent/ decadi di vita.
II ddpistage mirato per la diagnosi precoce del diabete mellito. Relatore: PADOVAN D. ~ Padova
Tema:
I1 problema della diagnosi precoce del diabete mellito h fondamentalmente basato sulla diflicolth di eseguire indagini di massa con risultati attendibili, pur usando metodiche n o n troppo complicate n6 costose: secondo le raccomandazioni del Comitato di Esperti per il diabete della W H O 6 preferibile limitare il campo di ricerca e usare una metodica il pi~ possibile specifica. Per questa indagine I'O. ha scelto la familiarit~ come criterio indicativo e come criterio diagnostico i valori delia glicemia 60 rain dopo l'ingestione di g 50 di glucosio per os, considerando ~ diabetici ~? valori superiori ai 180 mg % (su sangue capillare, metodo della glucosio, ossidasi): questa metodica, confrontata con la curva completa da carico, ha una sensibilita del 94,2 % ed una specificit~ del 93,8 %. 439
SIMPOSIO SUL DIABETE MELLITO Su 2200 diabetici in cura presso il Centro Antidiabetico dell'Ospedale Civile di Padova, 223 hanno almeno un consanguineo diabetico: sono staff sottoposti al test tutti i componenti reperibili in questi nuclei familiari. Su 555 esaminati ~ stata trovata una diminuita tolleranza ai carboidrati in 127 (22,8 %): di questi, 20 (ii 15,7 % e il 3,6 % del totale dei probandi) avevano un nero e proprio diabete ignorato con iperglicemia a digiuno e glicosuria sempre presente nelle urine emesse in 24 h. Inoltre, mentre nei diabetici noti vi h una preponderanza di femmine (in questo caso i! 62,7 % su 2200 casi), il diabete latente scoperto usando questo screening ~ pih frequente nei maschi (58,8 % su 127) specie fino ai 40 anni. In conclusione, questo sistema di ddpistage mirato si 6 dimostrato di esecuzione relativamente semplice e in grado di dare buone indicazioni per individuare i soggetti a maggior rischio.
T e m a : L'indagine reografica nelle arteriopatie degli arti in soggetti diabetici. Relatore: CASTELLETTAL. - E s t e Considerata l'alta frequenza delle angiopatie nel diabete mellito, 1'O. ha studiato, mediante !'indagine reografica, la funzionalith dei distretti vascolari periferici allo scopo di evidenziare la presenza di situazioni vasculopatiche, per altro asintomatiche, anche 1addove l'oscillogramma non evidenziava alterazioni delI'attivit~t sfigmica. A questo scopo sono staff esaminati, mediante l'oscillografia e la reografia, 32 soggetti diabetici di et~ compresa tra i 30 e i 65 anni. Tra i pazienti esaminati, 18 presentavano manifestazioni cliniche su base arteriopatica (ulcere distrofiche distali, iniziali gangrene, claudicatio intermittens) mentre i rimanenti 12 casi erano esenti da manifestazioni cliniche evidenti di vasculopatia. Tra i pazienti con oscillogramma patologico, l'indagine reografica ha permesso di stabilire che nei segmenti degli arti dove l'indice oscilIografico h ridotto a zero il flusso ematico a tale livello pu6 persistere ancora ritmicamente, sia pure con carattere patologico delI'onda reografica. In questi pazienti, inoltre, la reografia ~ risultata sufficientemente alterata, espressione di una situazione arteriopatica distrettuale, anche nei segmenti di arto dove l'oscillogramma non era alterato. Tra i soggetti diabetici, che clinieamente non presentavano segni di vasculopatia periferica in atto e con oscillografia deI tutto normale, 1'O. ha potuto documentare la presenza di alterazioni delI'onda reografica consistenti, a seconda dei casi, in riduzione d'ampiezza, diminuzione della celerit~ sfigmica, arrotondamento dell'apice, attenuazione o scomparsa del fenomeno dicroto, livellamento degli incidenti catacroti e prolungamento della fase discendente dell'onda. L'O. ritiene di poter concludere c h e l a reografia 6 metodica d'indagine valida a documentare la compromissione vascolare di un distretto arterioso nel quale una situazione di equilibrio irrorativo pub anche non dare luogo a manifestazioni cliniche apparenti. I daft esposti rappresentano !e prime risultanze di una indagine tuttora in corso su pih vasta casistica di pazienti diabetici.
Tema: Relatore:
Le in/ezioni delle vie urinarie in corso di diabete mellito. ZANGAGLIA O . - E s t e
L'O. riferisce i risultati di un'indagine durante la quale sono state esaminate le urine di
224 diabetici, di cui 144 di sesso maschile e 80 di sesso femminile, di et5 compresa fra i 20 ed i 75 anni. Su queste urine sono staff eseguiti, subito dopo la raccolta, i seguenti esami: batteriuria per ml; leucocituria oraria; determinazione dell'attivith ~-glucuronidasica. Le urine sono state raccolte mediante la tecnica del mitto intermedio nelI'uomo e con cateterismo nella donna. Sono stati considerati patologici i seguenti valori: batteriuria oltre 100.000 germi/mI; leucocituria oltre 400.000 cellule/h; ~-glucuronidasi oltre 35 U. Dai dati raccolti nel corso dell'indagine risulta che valori patoIogici di batteriuria sono stati riscentrati da un minimo di 21,5 % nei maschi di et~ compresa fra i 21 e i 40 anni, ad un massimo di 49,7 % nelIe donne di et~t compresa fra i 61 e gli 80 anni. Una leucocituria patologica h stata riscontrata da un minimo deI 17,3 % nei maschi di eth fra i 21 ed i 40 anni ad un massimo del 3 5 , 1 % fra i maschi di et~ fra i 6I e gli 80 anni. Infine un'elevata attivit~ /~-glucu. ronidasica ~ stata rilevata da un minimo del 4,2 % fra le feminine di et~t fra i 21 ed i 40 anni, ad un massimo del 31,2 % fra gli uomini di eth compresa fra i 61 e gli 80 anni. Dopo aver discusso il valore ed il significato di ciascun indice urinario preso in considerazione, 1'O. richiama l'attenzione sull'utilith di queste indagini ai fini di una efficace profilassi e di una precoce diagnosi di infezione, anche silente, delle vie urinarie nel diabetico, il quale, come tale, va sorvegIiato e protetto da qualunque rischio infettivo, e particolarmente da quello ascendente delle vie urinarie. S.M. 440
TAVOLA ROTONDA SUL DIABETE M E L L I T O
I1 g i o r n o 23 g i u g n o 1 9 6 8 si ~ s v o l t a i n F a n o ( P e s a r o ) u n a Tavola rotonda suI o r g a n i z z a t a d a l l ' A c c a d e m i a M e d i c o - C h i r u r g i c a del P i c e n o , d a l l ' O r d i n e dei M e d i c i di P e s a r o e dal C e n t r o S t u d i M e d i c i d e l l ' O s p e d a l e S. C r o c e di F a n o M o d e r a t o r e del C o n g r e s s o h s t a t o il p r o f . C a m p a n a c c i .
diabete mellito,
Tema:
Fisiopatologia del diabete.
Relatore:
BUTTURINI U. - P a r m a
L'O. esordisce ricordando le tappe attraverso le quali sono passate le conoscenze sul diabete mellito, malattia che non si identifica con l'iperglicemia ma con una diminuita assunzione del glucosio. Prende in considerazione quindi iI difetto metabolico del ricambio glucidico che si ripercuote sopra gli altri metabolismi in quanto interessa da vicino il ricambio intermedio. Tutti i metabolismi sono controllati dalIa secrezione endocrina ed in essa vanno ricercate le cause della deviazione metabolica caratteristica del diabete mellito. Prendendo in considerazione i vari increti, 1'O. si sofferma particolarmente suI glucagone facendo presente che tale ormone non pu6 essere considerato in antagonismo con l'insulina in quanto esso, e la vicinanza delle cellule ~* alle cellule [3 non senza significato, fiancheggia l'azione insulinica fornendo materiale glucidico da metabolizzare e stimolando la stessa secrezione insulinica. Per quanto riguarda i'insulina, accennato al rapido declino dell'ipotesi sinalbuminica, ricorda come non vi siano dubbi che l'ormone circoli sotto due forme di cui una completamente attiva, l'altra parzialmente attiva. Che il difetto insulate nel diabetico possa essere legato a queste varie forme di insulina circolante, costituisce un'interessante ipotesi che richiede ancora conferma. Una Iarga considerazione viene poi accordata ai meccanismi ipotalamici nella regolazione del ricambio glucidico e quindi aI possibile ruolo del diencefalo e della corteccia cerebrale nel determinismo della deviazione metabolica del diabete. L'O. si sofferma a considerare i rapporti tra obesit~ e diabete soprattutto sotto il profilo dell'aherata dinamica insulinica presente tanto nell'obeso non diabetico quanto nell'obeso diabetico. Che l'obesith abbia un sicuro ruolo diabetogeno 6 confermato dal fatto che quando il diabetico obeso dimagrisce con opportuno trattamento dietetico, si verifica una normalizzazione della curva glicemica, della risposta insulinica allo stimolo glucidico e del comportamento dei NEFA dopo glucosio. Termina asserendo che a suo avviso il diabete idiopatico costituisce un'unica entit~ nosologica a dispetto delle notevoli differenze cliniche tra le varie forme. Queste differenze possono essere spiegate con il grado, la rapidita e la precocith dell'insufficienza insulinopoietica. Tema:
La vasculopatia diabetica.
Relatore:
BERETTA ANGUISSOLA A. - T o r i n o
Anche se la gangrena diabetica ~ conosciuta da secoli, la patologia vascolare del diabete manifestazione nuova in quanto di osservazione recente e con conoscenze patogenetiche ancora approssimative. L'O., dopo questa premessa, traccia a grandi linee la distinzione tra macrovasculopatia diabetica e microvasculopatia. I1 diabetico rive e muore nell'area della vasculopatia tanto che si potrebbe, seppur impropriamente, dividere il decorso del diabete in due fasi, una prevasculopatica, l'altra schiettamente vasculopatica. La macrovasculopatia non differisce daI quadro clinico delI'aterosclerosi del soggetto non diabetico: nel diabetico essa ~ pi6 frequente, pih precoce e pi6 grave, ma i suoi aspetti clinici e la sua distribuzione distrettuale sono identici alla comune aterosclerosi. La questione se esistano delIe differenze qualitative della lesione delia parete arteriosa 6 ancora oggetto di discussione, cosi come non si sa perch6 il diabete ne favorisca l'insorgenza: forse le alterazioni del ricambio lipidico cosi caratteristiche nel soggetto diabetico potrebbero dare una risposta a quest'ultimo quesito. La microvasculopatia invece pu6 considerarsi molto caratteristica del diabete mellito tanto da far nascere il dubbio che essa possa essere una manifestazione della malattia stessa e non una sua complicanza, come espressione di un unico difetto genetico. L'ipotesi anche se affascinante per6 smentita dalla presenza di manifestazioni microvasculopatiche nel corso di forme non genefiche di diabete mellito e nel diabete sperimentale. I suoi rapporti col diabete sono inoltre stretti, ma non obbligatori, cosicch6 6 possibile vedere forme gravi e protratte senza manifestazioni microvasculopatiche. La microvasculopatia si fonda sul trinomio retinopatia, glomerulosclerosi, neuropatia: questa ultima viene interpretata dall'O, come una conseguenza di Iesioni ai microvasi dei nervi e del sistema nervoso centrale. 441
TAVOLA ROTONDA SUL DIABETE M E L L I T O
Che cosa determina l'insorgenza delia microvasculopatia? I1 problema ~ ancora aperto. Si parla di una conseguenza della turba del ricambio glucidico o lipidico. Si parla ancora di una deposizione di mucopolisaccaridi nella parete vasale come conseguenza di un loro alterato metabolismo. Infine si parla di un'ipotesi autoimmune secondo la quale nella parete vasale si depone del materiale composto da immunoglobuline anti-insulina. Con l'aiuto di numerose illustrazioni 1'0. mostra le immagini al microscopio ottico della retinopatia e della nefropatia diabetica, dimostrando la somiglianza delle lesioni della parete vasale nei vari distretti. Si tratta quindi di un'unica lesione eguale in tutti i distretti e diffusa a tutti i tessuti. Infine parlando di terapia della microvasculopatia, 1'0. ha citato i risultati ottenuti personalmente in 7 casi di grave retinopatia con distmzione dell'ipofisi con ittrio radioattivo. Tema:
La terapia del diabete mellito.
Relatore:
M A ~ m o S. - La Spezia
L'O. premette gli scopi di una corretta terapia del diabete mellito. Essi possono essere perseguiti soltanto con quattro presidi: la dieta, il ]avoro muscolare, l'insulina, gli ipoglicemizzanti orali. La dieta ~ la base indispensabile di ogni terapia. Essa deve essere ipocalorica laddove esista un sovrappeso. L'esercizio muscolare costituisce un validissimo mezzo terapeutico che troppo spesso viene dimenticato. L'insulina va somministrata solo nei casi insulino-privi fin dall'esordio ed in quelli divenuti col tempo insulino-privi. E' un grosso errore trattare il diabetico obeso con l'insulina a meno ch~ esso non si trovi in periodo di emergenza. Nel campo della terapia insulinica vi sono alcune novitfi consistenti nella reperibilit~ di insuline di deposito prive di antigenicitfi, di insulina di origine porcina e negli studi per ottenere un'insulina sintetica. Tra gli ipoglicemizzanti orali le sulfaniluree sono ormai cosl ampiamente collaudate da poter essere sicuramente considerate un valido presidio terapeutico. Non cos] le biguanidi dalla tolleranza non perfetta e dall'oscuro meccanismo di azione. L'O. ritiene che laddove sia indicata una terapia con ipoglicemizzanti orali, essa debba essere attuata con le sulfaniluree riservando l'uso delle biguanidi ai casi resistenti o divenuti successivamente resistenti alle sulfaniluree. S.M.
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