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Il trattamento delle cisti ossee aneurismatiche in età evolutiva R. Zorzi1, P.A. Daolio1, S. Bastoni1, A. Parafioriti2, W. Albisetti3, S. Mapelli1 1Unità Operativa Specializzata di Ortopedia Oncologica – C.O.O. Istituto Ortopedico G. Pini, Milano; 2Servizio di Anatomia Patologica, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano; 3Presidente Corso di Laurea in Tecniche Ortopediche, Università degli Studi di Milano DOI 10.1007/s10261-012-0003-4
ABSTRACT The treatment of aneurysmal bone cysts in children The aim of this study is the review of our data obtained from 1960 to 2010 in the Oncological Orthopaedics Unit of G. Pini Institute, evaluating appearance, anatomic site, complications, recurrences and different kinds of treatment of 126 paediatric patients affected by aneurysmal bone cyst. All cases were controlled and confirmed by clinical, histologic and radiographic examination. The average age was 11.8 years. Biopsy was made in every case. The treatment of choice was surgical: simple curettage, curettage and bone grafting, simple resection in expendable bones. Selective embolization was used in difficult or hazardous sites. The recurrence rate was 21% for the cases treated until 1976 and 8.9% for those treated from 1976 to 2010. A literature review about other methods of treatment is presented.
Introduzione La cisti ossea aneurismatica (COA), lesione simil-tumorale osteolitica di tipo iperplasticoiperemico emorragico, è una lesione tipica dell’infanzia e dell’adolescenza (il 75-80% dei casi si ritrova prima dei vent’anni) pur essendo riscontrabile in tutte le età, con prevalenza per il sesso femminile (rapporto di 1,6-2 a 1). L’incidenza è di circa l’1% rispetto ai tumori primitivi dell’osso (0,32 casi per 100.000) [1]. La sua eziologia è discussa: si ritrova prevalentemente come entità a sé stante, ma si può trovare associata ad altre lesioni quali il tumore a cellule giganti (TCG), l’osteoblastoma, il condroblastoma, la displasia fibrosa, il fibroma condromixoide e l’emangioma [2,3]. Alcuni Autori [4-6] supportano la teoria che la COA possa originare da preesistenti lesioni come risultato di una malformazione artero-venosa. Si ipotizza che la COA nasca in seguito a una aumentata pressione venosa che provoca emorragia e quindi osteolisi. Quest’ultima a sua volta può indurre un’ulteriore emorragia amplificando la cisti. È sconosciuto il meccanismo che determina l’insorgere dell’anomalia vascolare. Più recentemente è stato dimostrato che, per quanto riguarda gli aspetti citogenetici, è caratteristico il riarrangiamento del cromosoma 17 con il cromosoma 16. Questa traslocazione sembrerebbe un’aberrazione acquisita da precursori citogeneticamente normali. La conferma di tale aspetto citogenetico dovrebbe indurre a considerare la COA come una proliferazione clonale in cui l’attivazione di 17p oncogene avrebbe un ruolo determinante nella tumorigenesi [7]. La lesione può essere localizzata in tutte le sedi, ma vi è prevalenza per le metafisi delle ossa lunghe [1,8], pur essendo colpiti con relativa frequenza anche le vertebre e il bacino. Le localizzazioni epifisarie sono più frequenti nell’adulto. Nelle vertebre interessa spesso l’arco posteriore ma può coinvolgere contemporaneamen-
te anche il corpo vertebrale. Qualunque sia la sede, la cisti ossea aneurismatica sembra iniziare il più delle volte alla superficie dell’osso, verosimilmente sotto il periostio. Successivamente, espandendosi, può rigonfiare il periostio, talvolta erodendo la corticale e la spongiosa sottostante. Il quadro radiografico è solitamente di un’area radiotrasparente litica a margini ben circoscritti, con aspetto soffiato. La cavità può essere trabecolata (nelle forme inattive) o può estendersi verso le parti molli, conservando però un più o meno sottile guscio osseo che ne delimita il processo espansivo (forme attive). Nei casi a più rapida evoluzione, in cui vi è una scarsa osteogenesi reattiva, può non essere radiologicamente visibile il “guscio” osseo e la lesione può simulare un tumore destruente e maligno (forme aggressive). La TAC è importante per delineare l’estensione della lesione ed evidenziarne la trabecolatura; la RMN mostra i livelli “fluido-fluido” e la scintigrafia indica l’aumento della captazione periferica con un’area fredda centrale. Il quadro macroscopico anatomopatologico è caratteristico, costituito da una cavità centrale spesso concamerata contenente sangue fluido o coagulato. Il possibile sanguinamento a nappo origina dal rivestimento interno del guscio osseo, costituito da tessuto bruno-rossastro che si stacca dalla parete ossea con facilità. L’emorragia si esaurisce dopo la rimozione del rivestimento interno pseudocapsulare. Il guscio osseo reattivo che riveste la cavità è sottile, spesso di colorito bluastro per la trasparenza del contenuto della cavità. Il liquido cistico ha alti livelli di sostanze fibrinolitiche e basso contenuto di fibrinogeno e plasminogeno. L’aspetto microscopico è costituito da aree cistiche delimitate da setti di proliferazione stromale ricca in cellule giganti; si trova una focale deposizione di tipica matrice osteoide (“blue osteoid”). È possibile la presenza di aree solide simili a TCG [9-11]. La diagnosi differenziale con osteoblastoma (sedi vertebrali),
cisti ossea, fibroma condromixoide, tumore a cellule giganti, osteosarcoma teleangectasico va effettuata considerando l’età del soggetto, il quadro radiologico, la sede, il quadro macroscopico e lo studio istologico della lesione. Si presenta con dolore e tumefazione per rigonfiamento dell’osso e la durata dei sintomi è in relazione al grado di aggressività della cisti. Le fratture patologiche non sono frequenti. Può causare sintomatologia mielo-radicolare nelle localizzazioni vertebrali. Il decorso della lesione è variabile con possibilità di crescita lenta, ma più spesso l’accrescimento è abbastanza rapido. Può talvolta arrestarsi, con guarigione spontanea della lesione nell’arco di 23 anni, anche in caso di recidiva. La chirurgia rappresenta il trattamento di elezione delle COA. Fanno eccezione le sedi più difficilmente operabili (bacino e vertebre) dove altre tecniche possono precedere o sostituire la chirurgia: embolizzazione pre-operatoria o alternativa alla chirurgia [4], radioterapia [6], infiltrazioni con Ethibloc [7], crioterapia [9], “bone marrow” [5] ecc.
Materiali e metodi Tra il 1960 e il 2010 abbiamo trattato, presso l’Unità Operativa Specializzata di Ortopedia Oncologica dell’Istituto Ortopedico G. Pini di Milano, 200 pazienti affetti da COA; di questi, 126 erano in età pediatrica (63%). Abbiamo controllato mediante valutazione clinica, radiografica e istologica tutti i pazienti in età pediatrica. Il tipo di trattamento da noi prevalentemente utilizzato è consistito in un “curettage” intralesionale con o senza zeppaggio. In alcuni casi, in ossa spendibili, abbiamo effettuato una exeresi della lesione. Siamo ricorsi all’embolizzazione come unico trattamento o come trattamento preventivo alla chirurgia. Per i 28 casi trattati prima del 1976 ci siamo basati sui dati di una precedente revisione da noi effettuata nel 1985. Dal 1976 (data di fondazione dell’Unità Operativa di Ortopedia Oncologica dell’Istituto Ortopedico G. Pini) tutti i pazienti sono stati trattati dalla stessa équipe. Per ogni caso si sono valutati l’età alla diagnosi, il sesso, la sede della lesione, lo
R. Zorzi “staging” radiografico, il tipo di trattamento, le complicanze, le recidive e i risultati clinici. La stadiazione radiografica utilizzata è stata quella proposta da Campanacci [2] che comprende: • COA inattive (guscio periostale completo a limiti ben definiti) • COA attive (si estendono verso i tessuti molli mantenendo comunque un guscio sottile di periostio) • COA aggressive (si estendono verso i tessuti molli interrompendo il periostio, senza mostrare segni riparativi osteogenici). È stata considerata anche la classificazione radiologica [12], che suddivide le COA in 5 tipi in base alla localizzazione nell’osso. I controlli sono stati effettuati semestralmente per i tre anni successivi al trattamento e quindi annualmente per altri due anni. Il follow-up minimo è stato di un anno per gli ultimi pazienti trattati.
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Tabella 1. Linee guida per il trattamento chirurgico tradizionale delle COA, basate sulle classificazioni morfologiche e sul grado di aggressività della lesione
Risultati Il “range” di età dei pazienti trattati varia da 11 mesi a 18 anni (età media 11,8 anni) (Fig. 1) Non abbiamo notato una significativa prevalenza di sesso (64 maschi e 62 femmine). Alla diagnosi 93 pazienti (74%) accusavano dolore da meno di sei mesi; 73 pazienti presentavano tumefazione (58%); 11 pazienti (8,7%) presentavano frattura all’esordio. Pur confermando una localizzazione ubiquitaria della lesione, abbiamo riscontrato una maggior frequenza nelle ossa lunghe (73%). Tra queste la sede preferenziale è stato il femore, seguito dalla tibia, mentre le localizzazioni al bacino rappresentano l’11% del totale e quelle vertebrali il 3%. Abbiamo trattato 14 COA “inattive” (11%), 78 “attive” (62%) e 34 “aggressive” (27%) che, in base alla classificazione nei cinque tipi radiologici descritti da CampanacciCapanna, abbiamo ulteriormente classificato in: 14 lesioni tipo I (11,1%), 37 tipo II (29,4%), 30 tipo III (23,8%), 3 tipo IV (2,4%) e 42 tipo V (33,3 %) (Fig. 2). La biopsia, indispensabile per la diagnosi, è stata effettuata in tutti i casi. Le linee guida che abbiamo seguito nel trattamento chirurgico tradizionale delle COA sono riassunte in una tabella basata sulle classificazioni morfologiche e sul grado di aggressività della lesione (Tab. 1). Nelle Tabelle 2-4
Tabella 2. Distribuzione per sede e tipo di trattamento di 34 casi di COA aggressive
indichiamo il trattamento da noi effettuato sui 126 pazienti oggetto della nostra revisione, secondo
Trattamento
Clavicola Omero
“Curettage” “Curettage” + trapianto autologo “Curettage” + trapianto eterologo “Curettage” + trapianto autologo + allograft Embolizzazione Embolizzazione + chirurgia Resezione Radioterapia
1 2
Mano
1 1 3
Vertebra Bacino
Femore
Tibia
Perone
Piede
7 1
2 3
1 1
1
1 1
1 4 1 1 1
Tabella 3. Distribuzione per sede e tipo di trattamento di 78 casi di COA attive Trattamento
Clavicola Omero
Ulna
“Curettage” “Curettage” + trapianto autologo “Curettage” + trapianto eterologo “Curettage” + trapianto autologo + allograft Embolizzazione Embolizzazione + chirurgia Resezione Radioterapia
2 2 2
1
1 1
Radio 1 1
Mano
Bacino
Vertebra Femore
Rotula
Tibia
Perone
Piede
1
1 1
6 8 4
2 1 1
1 5
1 11
2 1 1 1
4
1
2
1 1
2
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Tabella 4. Distribuzione per sede e tipo di trattamento di 14 casi di COA attive Trattamento
Clavicola Omero
“Curettage” “Curettage” + trapianto autologo “Curettage” + trapianto eterologo “Curettage” + trapianto autologo + allograft Embolizzazione Embolizzazione + chirurgia Resezione Radioterapia
le sedi e secondo il grado di aggressività della lesione. Il trattamento per noi considerato di elezione, mediante asportazione di un’ampia area di parete cistica che consenta lo svuotamento della cavità e l’accurato “curettage” delle pareti residue, è
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Ulna
Vertebra Bacino
1
Femore
1
Tibia 4 1
Perone
Piede 1
1 1
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stato applicato nel 16% delle COA attive e aggressive e nel 70% di quelle inattive. Nel 69% delle COA attive e aggressive è stato necessario, dopo il “curettage” della lesione, rimediare al difetto osseo residuo me-
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diante utilizzo di innesti ossei autologhi (spongiosi, cortico-spongiosi o corticali) (Fig. 3) o mediante utilizzo di “allograft” o sostituti dell’osso. Secondo la necessità sono stati utilizzati mezzi di sintesi per la stabilizzazione
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degli innesti o come supporto meccanico. Il trattamento con resezione del segmento osseo affetto da malattia è stato effettuato in 10 casi (9%) di lesioni su segmenti ossei ritenuti spendibili. La radioterapia è stata il trattamento di scelta in 4 casi (tre lesioni di bacino e una vertebrale). In uno di questi (branca ileo-pubica), recidivato a distanza di due anni, è stato necessario un ulteriore trattamento radiante che ha portato a guarigione la lesione. Tutti i casi trattati con radioterapia sono antecedenti al 1991. Non abbiamo successivamente più utilizzato questo metodo per il rischio di degenerazione sarcomatosa nelle sedi trattate e di danni alle cartilagini di accrescimento.
a
b Fig. 1. Distribuzione della casistica in base all’età di presentazione
b
a
c
c
d Fig. 2. Distribuzione della casistica in base alla classificazione radiologica
e
f
Fig. 3. D.M., 8 anni. a,b Rx pre-operatoria nelle proiezioni antero-posteriore e laterale. c,d RMN preoperatoria. e,f Rx post-operatoria dopo intervento di “curettage” e zeppaggio con osso cortico-spongioso autologo (stecca di tibia) e sostituti dell’osso
Fig. 4. P.A., 14 anni. a TAC pre-embolizzazione. b Arteriografia selettiva 3D pre-embolizzazione. c TAC post-embolizzazione (eseguita con soluzione alcolica e Gelfoam). Evidente riduzione dell’estensione della COA a 3 mesi
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Ortopedia e Reumatologia L’embolizzazione è stata utilizzata in 6 casi di COA di bacino (5 aggressive e 1 attiva) (Fig. 4). In 4 casi il trattamento è stato alternativo alla chirurgia e uno di questi è giunto a guarigione dopo 3 embolizzazioni. In 2 casi il trattamento è stato preparatorio alla chirurgia. Abbiamo avuto 6 recidive tra i 28 casi trattati dal 1960 al 1976 (21%); 4 di questi erano rappresentati da COA attive e 2 da COA aggressive. Tra i 98 casi trattati dal 1977 al 2010 abbiamo avuto 8 recidive (8,1%) (4 di tibia prossimale, 3 di bacino, 1 di femore prossimale, tutte trattate con tecnica classica di “curettage” e innesti). Tutte le recidive si sono avute entro 18 mesi dall’intervento: 11 sono guarite dopo un ulteriore intervento di “curettage” più estensivo, 1 dopo embolizzazione preparatoria e successivo intervento di “curettage” e innesti ossei e 2 sono guarite spontaneamente. Abbiamo riscontrato una sola complicanza settica, guarita dopo trattamento antibiotico, e una frattura di clavicola, dopo 30 giorni dal trattamento effettuato con il solo “curettage”. Non abbiamo evidenziato ai controlli dismetrie o deviazioni assiali significative e non abbiamo avuto casi di trasformazione maligna. Tutti i casi trattati sono giunti a guarigione.
autogeno [15]. Il trattamento chirurgico da noi utilizzato nelle COA in età evolutiva richiede spesso ampie vie di accesso e, se necessario, anche il coinvolgimento di altri distretti quali sedi di prelievo di osso autologo. Un’ampia esposizione della camera della lesione ci permette di ottenere una sicura diagnosi istologica ed è presupposto necessario per un completo “curettage” della lesione stessa. Una tecnica accurata, con rispetto delle cartilagini di accrescimento, ci ha consentito di portare a guarigione il 100% dei pazienti trattati, con percentuali di recidiva che si allineano ai dati in letteratura e che sono comunque al di sotto di essi se si considerano solo i casi da noi trattati dal 1976 a oggi. Negli ultimi anni abbiamo comunque dato più spazio all’embolizzazione selettiva, utilizzata nelle sedi idonee come trattamento pre-operatorio o alternativo alla chirurgia, con risultati sicuramente soddisfacenti.
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Conclusioni La COA è una rara lesione dell’osso con picco di incidenza nella seconda decade di vita. Sono state formulate numerose ipotesi circa l’eziologia di questa lesione. I vari tipi di trattamento proposti trovano la loro indicazione in base a sede, estensione e aggressività della malattia; tutti sono comunque gravati da un elevato tasso di recidiva. Un numero rilevante di Autori indica come tecnica più indicata il “curettage” con o senza zeppaggio [4,5,8]. In letteratura il tasso di recidiva varia dal 18 al 34% con il solo “curettage” con o senza zeppaggio [46,11,13]. L’utilizzo di adiuvanti (cauterizzazione chimica, crioterapia) viene suggerito da alcuni Autori, con significativa riduzione delle recidive, ma con rischio aumentato di sofferenza delle cartilagini di accrescimento e conseguenti deviazioni assiali o dismetrie. Sono descritte, con queste tecniche, anche osteonecrosi o fratture nel post-operatorio [1416]. Dal 1982 [17] l’embolizzazione arteriosa selettiva è stata proposta come unico trattamento. Successivamente è stata indicata come pre-operatoria per limitare il sanguinamento intra-operatorio [4]. Il trattamento con infiltrazioni di soluzione alcolica di “zein” (Ethibloc), dotata di proprietà trombogenetiche e fibrogenetiche tali da poter portare a guarigione la cisti, è stato sempre meno usato negli ultimi anni per l’alto tasso di complicanze locali e generali [15,18]. Trova inoltre indicazione nel trattamento delle COA l’uso combinato di matrice ossea demineralizzata e di “bone marrow”
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