I. S. FENYI3 istituto Matematico den'Accad, di Scienze Unghert~e
L E O N A R D O DA V I N C I E LA M A T E M A T I C A (Confe~'enza ~nut, a i l 15 aprile 198,~)
SUNTO. Lo scopo della presente Nota ~ quello di illustrare come Leonardo da Vinci, contrariamente a quanto sostengono molti autori, possedesse un eccezionale talento matematico, una mentalith, tipica dei matematici unita ad u n a sorprendente originalitY. Numerose sue idee furono riprese e realizzate nei secoli successivi. -
-
INTI~DUZIONE.
La letteratura su Leonardo da Vinci (1452-1519) ~ vasta ma relativamente poche sono le pubblicazioni per quanto riguarda la matematica (cfr. ad esempio (1), (2), (3), (4), (5), (6)). In particolare, i suoi manoscritti matematici sono commentati da (5) e (6) secondo punti di vista completamente diversi. Secondo R. Marcolongo [(5)] (lo stesso autore ha scritto la voce r Leonardo da Vinci nelrEnciclopedia Italiana) Leonardo superb i contemporanei, anticipando a d d i r i t t u r a con la sua genialit~ sviluppi successivi; cosi, nel suo libro (citato), ricorrono passi che non possono non apparire esagerati. A1 contrario, il recente libro di Marinoni [(6)] ~ scritto nell'intento di dimostrare che, in f a t t o di matematica, Leonardo fu solo un appassionato dilettante cui mancava la mentalit~ e il talento di un vero matematico. I1 suo libro termina con queste parole: r tutto cib non fa di Leonardo n~ un matematico, n~ un vero scienziato o filosofo... ,. Lo studio della matematica in Leonardo non ~ solo una erudizione culturale (interessante) ma assume un'importanza molto pih generale. Leonardo ~ un rappresentante tipico del suo tempo, in relazione con numerosi uomini di grande valore come Leone Battista Alberti, Paolo Toscanelli, Piero della Francesca e soprattutto Luca
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Pacioli, i quali ebbe tutti - - pih o meno direttamente - - una notevole influenza su Lonardo ((5) p. 32). P e r questo, i manoscritti leonardeschi sulla matematica danno quasi uno specchio della concezione della matematica del '400 e delrinizio del '500 in Toscana e in Lombardia, arrecando informazioni significative alla ricostruzione della storia della matematica in Europa. Lo scopo della presente Nota ~ di motivare l'opinione per cui, contrariamente a quanto sostiene Marinoni, Leonardo da Vinci possedeva, nonostante i molti errori in cui incorse, un eccellente talento matematico e una mentalit~ caratteristica dei matematici, oltre ad un'originalit~ sorprendente. Numerose sue riflessioni furono realizzate nei secoli successivi, e in punti-base per la matematica moderna.
L A STORIA DEI MANOSCRITTI DI LEONARDO.
P r i m a di t r a t t a r e l ' a t t i v i ~ matematica di Leonardo, ~ opportuno accennare brevemente ad alcune notizie che ci saranno utili. Leonardo inizi6 a scrivere abbastanza tardi: aveva oltre 30 anni quando redasse le prime note, poi conservate attentamente per il resto della vita. Scrisse quasi sempre appunti momentanei, spesso di poche righe e quasi mai pih lunghi di una pagina. Moltissimi appunti non furono scritti per un lettore ma costituiscono un semplice p r o m e m o r i a che Lonardo fiss5 per se stesso. Inoltre egli altern5 pensieri originali a trascrizioni di brani di vari libri. Cosi diverse pagine contengono semplicemente citazioni o riassunti di libri letti, su cui voleva meglio riflettere (magari per un successivo loro sviluppo). In altri manoscritti c'~ forse il progetto di un f u t u r o trattato e qualche nota di una teoria piil elaborata. Altri scritti, infine, documentano invece riflessioni pii~ profonde. Leonardo non segui nessuna scuola - - solo p e r qualche mese, prima di e n t r a r e come apprendista nella bottega del Verrocchio, frequent5 una scuola di abaco - - tanto che egli stesso dichiarava di essere r omo sensa lettere 9 (forse questo r complesso 9 ~ una delle motivazioni che spiegano la scrittura da destra a sinistra e dal basso verso l'alto). I manoscritti di Leonardo hanno diversi formati e sono pieni di figure, disegni e schizzi. F r a loro ci sono grandi fogli e piccoli quaderni tascabili che Leonardo tenne fino alla morte. Successivamente, essi furono ereditati e trasportati in Italia dall'allievo e fedele amico
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Francesco Melzi, che li custodi nella sua villa di Vaprio d'Adda (non lontano da Milano) con grande c u r a ; li ordinb e li contraddistinse con lettere alfabetiche, aggiungendovi qualche osservazione sul numero dei fogli presenti oppure mancanti. (Fu in questo periodo che si formb il famoso r t r a t t a t o della pittura ~ che un amanuense estraeva dai manoscritti di Leonardo). Dopo la morte di Francesco Melzi (1570) cominci5 la dispersione dei manoscritti leonardeschi che passarono per le mani di molti collezionisti. Non vogliamo ora descrivere la loro storia abbastanza avventurosa e ci limitiamo a menzionare il nome dello scultore Pompeo Leoni, grande collezionista di opere d'arte, che ebbe il merito di raccogliere e ricomprare una cinquantina di manoscritti, provvedendo a catalogare il materiale (ordinato per formato). U n a notevole p a r t e dei manoscritti vinciniani sono andati perduti. (Per una loro storia completa vedi (7)). I manoscritti leonardeschi si trovano oggi in Italia, Francia, Inghilterra, Spagna, Austria, Svizzera, Germania, Olanda, U.S.A. e Ungheria. A Milano, la Biblioteca Ambrosiana accoglie la grande raccolta di oltre 1200 fogli del cosiddetto Codice Atlantico (Cod. Atl.); sempre a Milano, nella Biblioteca Trivulziana, si trova il Codice Trivulziano. La Biblioteca Reale di Torino ospita il codice sul r Volo degli Uccelli , ; a Venezia, nella Galleria dell'Accademia, si possono vedere alcuni fogli con disegni. Importanti sono i manoscritti conservati in Inghilterra: il Codice Leicester (Lord Leicester fu il proprietario di questi manoscritti che t r a t t a n o un solo argomento: l'acqua) che si trova nel castello di W i n d s o r ; il codice Arundel (Cod. Arund. ; il conte Arundel ne fu il primo possessore) oggi al British Museum; tre quaderni nella raccolta Victoria ed Albert di L o n d r a ; i cosiddetti Codici Forster (Cod. F o r s t e r I, II, III), due dei quali sono tascabili. P e r quanto riguarda la matematica di assoluto rilievo sono i tredici quaderni conservati a Parigi nella biblioteca dell'Institut de F r a n c e e denominati come Cod. A, Cod. B . . . . Cod. M. Essi furono trasferiti a Parigi nel 1796 da Napoleone assieme con il Cod. Atl. ma, mentre questo fu poi restituito alla Biblioteca Ambrosiana dopo il Congresso di Vienna, i quaderni rimasero a Parigi. Altri due importanti manoscritti sono stati scoperti nel 1966 alla Biblioteca Nacional de Madrid: pubblicati nel 1974, vengono oggi indicati come Cod. Madrid I e II.
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I.s.
~YO
In conclusione, oggi i manoscritti leonardeschi conosciuti ammontano a quasi 2000 fogli. Si stima che un migliaio di pagine sia andato perduto. Gi~ un primo sguardo sui manoscritti superstiti indica il loro significato per la matematica. Essi sono pieni di formule, calcoli aritmetici e disegni geometrici molto interessanti a dispetto della educazione scolastica di Leonardo oltremodo lacunosa. Abbiamo gi~ menzionato che, prima di e n t r a r e nella bottega del Verrocchio, il giovane Leonardo frequentb - - ma solo per pochi mesi - - la scuola d'abaco. Su questo periodo, Giorgio Vasari scrisse (8): r Egli si mise ad imparare molte cose, e cominciate poi l'abbandonava. Ecco nell'abaco egli in pochi mesi che v'attese, fece tanta acquisto che movendo di continuo dubbi e difficulth al maestro che gl'insegnava, bene spesso lo confondeva ~.
IL CONTENUTO MATEMATICO DEI MANOSCRITTI DEL GIOVANE LEONARDO.
Il giovane Leonardo eseguiva con passione molti calcoli e, in particolare, la moltiplicazione anche con humeri elevati e frazioni. In un foglio del Cod. Atl. (foglio 83 verso) si vede, per esempio, il calcolo delle potenze di 20 e l'intenzione di calcolare 2(F :~. (Torneremo pifi avanti su questo foglio). Applicava poi la r regola del tre per risolvere vari problemi aritmetici e geometrici, con alcuni tentativi p e r generalizzare le operazioni aritmetiche che imparava nella scuola di abaco. Queste note sono piene di errori di calcolo che mostrano come il giovane loro autore non fosse certamente un calcolatore abile e sicuro; oltre tutto egli accetta, in un'osservazione stranissima, due risultati diversi di una medesima operazione razionale! Tutto ci5 perb permette solo di confermare la mancanza di una serie istruzione giovanile, assieme comunque ad un grande interesse per il mondo dei numeri. Pifi significative sono le osservazioni geometriche contenute nel Cod. B. I1 problema centrale qui considerato riguarda la costruzione di poligoni regolari, che spesso si riduce alla divisione della circonferenza circoscritta in parti uguali. Leonardo descrive la costruzione di un quadrato e di un ottagono, partendo da un segmento assegnato che serve come diametro oppure come raggio per tracciare archi e cerchi entro cui cadono le misure dei lati dei poligoni. I due esempi descritti nei dettagli portano a costruzioni diverse da quelle
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indicate da Euclide (cfr. Cod. B, f. 12 v.; nel f. 17 r. figura anche un procedimento per la costruzione di un ottagono regolare). In generale, mancano le dimostrazioni, anche se ~ facile verificare la correttezza delle descrizioni. La costruzione del pentagono ~ esposta in due maniere (Cod. B, f. 13 v, 14 r) di cui la prima ~ ancora data senza dimostrazione mentre la seconda - - pifl semplice - - ~ accompagnata da una spiegazione; non ~ perb d i f f i c i h vedere che questa traduce soltanto un procedimento approssimativo (di un'approssimazione comunque abbastanza buona). Pifl avanti si trova la divisione della circonferenza in 3, 5, 6, 30 parti uguali. Lo stesso f r a m m e n t o contiene anche il procedimento per spezzare la circonferenza in 9 parti uguali, sottolineando un tema che sar~ ripreso pifl avanti in altri manoscritti di Leonardo (Cod. B) sotto forma di divisione della circonferenza in 3, 6, 8, 24 parti congruenti. Anche i problemi geometrici trattati nel Cod. A sono interessanti. F r a gli altri si trova la costruzione della radice quadrata di un numero positivo arbitrario (Cod. A, f. 5 v) e l'osservazione che l'area di un poligono qualsiasi ~ la somma delle aree dei triangoli nei quali il poligono ~ diviso. N e l f . 13 v del Cod. A, Leonardo ritorna sulla costruzione di un pentagono descrivendo un nuovo metodo. Un'altra parte dello stesso codice contiene procedimenti per trovare il punto medio di un segmento, il centro di un triangolo equilatero, il modo di suddividere un segmento in parti uguali, di individuare il centro di una circonferenza, etc.. Anche se non possibile qui enumerare tutti gli argomenti trattati nel Cod. A, possiamo osservare che ancora una volta parte di questi procedimenti risulta diversa da quelli euclidei. Anche il Codice F o r s t e r III (1490-1493) contiene qualche appunto di geometria. Applicando il teorema di Pitagora, Leonardo risolve il problema seguente: (( voglio fare un quadrato di due vari quadri )>. Pifi avanti a f f r o n t a il calcolo dell'area di un quadrante di un cerchio, la cui superficie totale ~ nora. La soluzione di questo problema sembra banale, bastando dividere per 4 l'area data, ma Leonardo osserva che questo risultato si ottiene anche moltiplicando la 9 m i s u r a , delrarco considerato per il raggio e dividendo per 2. Altri computi del genere si trovano in altri punti dello stesso codice. Leonardo, dopo l'arrivo a Milano (1482), si sforzb di recuperare lo svantaggio di essere r omo senza lettere ,. Impar5 il latino la lingua delle scienze delrepoca - - e studib g r a m m a t i c a e mu-
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I. 8. P ~ Y ~
sica. P e r quanto riguarda la matematica, rimase un dilettante molto entusiasta, ma niente di pi~. La situazione cambib verso il 1492 con lo studio delle successioni aritmetiche denominate r p r o p o r z i o n a l i ~ aritmetica continua 9 ; 2
2
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2
2
nel Cod. F o r s t e r II, f. 38v, si trova l'esempio di 1 3 5 7 9 11. U n a r proporzionalit~ aritmetica d i s c o n t i n u a , ~ invece una successione non aritmetica, dove la differenza tra due elementi non rimane costante. Qui vogliamo anche menzionare la dimostrazione molto elegante data da Leonardo alla formula della somma di una r s e r i e , aritmetica (r progressione , ; Cod. Arundel, f. 27). Data per semplicit~ la r progressione 9 1 + 2 ~- 3 + ... -~ n, Leonardo considera il triangolo isoscele rettangolare A B C (fig. 1) dove la lunghezza dei lati
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Fig.
1.
A B e BC ~ uguale a n. La somma 1 ~- 2 + . . . ~ ovviamente uguale all'area del triangolo ABC pih l'area dei piccoli triangoli al, a~ .... , a~. Poich~ l'area del triangolo ~ n2/2 m e n t r e r a r e a di ciascuno dei triangoli a,, a~ .... , a~ ~ 1/2, la somma delle superfici dei triangoli piccoli data da hi2. Ne segue pertanto l'uguaglianza 1 + 2 + ... + n ~--n2/2 + hi2. L'inizio dello studio approfondito e sistematico della matematica da p a r t e di Leonardo avviene con il 1494, quando a Venezia fu pubblicato il libro di Luca Pacioli intitolato r Summa de arithmetica geometria proportioni et proportionalita ,. Leonardo ne comprb una copia e n e studib in modo particolare i capitoli dedicati alla teoria delle proporzioni (di cui riassumeva gli argomenti principali). In conclusione di questo paragrafo, menzioniamo una f i g u r a e la didascalia del Cod. F o r s t e r II (f. 4 v) dove per la p r i m a volta tro-
LEONARDO DA VINCI E LA MATEMATICA
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viamo un problema geometrico di cui Leonardo si occuper~ per tutto il resto della vita: il calcolo delle aree delle lunule. Nella fig. 2 il triangolo rettangolo isoscele OBC ha la stessa superficie del dominio F, che ~ esattamente la cosiddetta prima lunula di Ippocrate: viene cosi stabilita l'equivalenza tra un poligono e una superficie curvilinea, secondo un metodo applicato poi spesso.
Fig. 2.
LEONARDO DA V I N C I E L U C A
PACIOLI.
I1 momento cruciale nella formazione matematica di Leonardo fu dunque la sua conoscenza con Luca Pacioli (1498). Leonardo ne divenne un assiduo studente quando questi fu invitato dal duca di Milano per insegnare la matematica. L'argomento delle lezioni era costituito dagli Elementi di Euclide; cosi tra le pagine di Leonardo di questo periodo dedicate alla matematica, troviamo continui riferimenti e trascrizioni dai 10 libri di Euclide: il disegno relativo all'albero genealogico del trattato di proporzionalit~, la tavola pitagorica della <~Summa >>, disegni sulla spiegazione della definizione di linea tetra secondo Euclide, riassunti di teoremi imparati dagli Elementi, etc., con frequenti titoli del genere: <>.
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I. 8. F~NYO
E' noto come il decimo libro di Euclide tratti la teoria dei solidi regolari e come esso abbia fornito lo spunto per i capitoli pih importanti del 9 De Divina Proportione >> di Pacioli. Leonardo assistette alla nascita di questo libro, cui collaborb, con l'aiuto del r maestro Luca ,, con i disegni. Le figure 3, 4, 5, 6, 7 rappresentano alcune di queste illustrazioni.
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Fig. 3.
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L E O N A R D O DA VINCI E LA MATEMATICA
Da Pacioli, Leonardo non imparava solo la geometria ma anche (sia direttamente seguendo le lezioni, sia indirettamente consultando la 9 Summa , ) le regole per sommare, dividere, sottrarre e moltiplicare frazioni e applicare correttamente la regola del tre. E' molto
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Fig. 4.
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L S. FInnY5
interessante seguire i manoscritti su questi argomenti (che si ritrovano soprattutto nel Cod. Atl.) perch~ il calcolo frazionario appare complicato dalla mancanza della simbologia matematica conveniente. Per la divisione, ad esempio, esistevano diverse r regole ) che in-
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F i g . 5.
LEONARDO
D A VINCI E L A M A T E M A T I C A
III
vece, con la s c r i t t u r a moderna, a v r e b b e r o p o r t a t o allo stesso calcolo. La m a n c a n z a di simboli moderni rende anche la p a r t e p u r a m e n t e algebrica molto difficile. L'incognita era designata come <>, secondo la notazione di Pacioli che la t r a e v a dalla parola r cosa >>.
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Fig. 6.
I . S . FENYO
112
Cosi, ad esempio, la soluzione dell'equazione (con la scrittura attuale) ([6] p. 135): 10--x
C
Fig. 7.
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L E O N A R D O DA VINCI E LA M A T E M A T I C A
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veniva scritta nel seguente modo: lit
10
CO
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CO
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10
8
che permette, tra l'altro, di vedere come in quel periodo mancasse il segno di uguaglianza e come Leonardo non concludesse questo problema con valore r co 9 = 10/8. A b b i a m o gi~t visto che, nelle successioni aritmetiche, rarco sopra le cifre veniva usato per indicare la ragione della successione. Nel Cod. Madrid, Io stesso arco serve anche per rappresentare la divisione: 2 4 significa 4/2. Leonardo imparava da Pacioli anche le nozioni di radice quadrata e cubica e le operazioni con tall radici. Nella sua biblioteca privata si trova il libro di Giorgio Valla r De expendis et fugendis r e b u s , che t r a t t a la famosa questione geometrica d e l l ' a n t i c h i ~ : il problema di Delo. Leonardo ne lesse la traduzione in volgare, anche se a quel tempo aveva gi/t ovviato, almeno parzialmente, alla mancanza della sua conoscenza del latino. Leonardo si interess6 molto a questo problema e nel Cod. Atl. compaiono riprodotte due soluzioni, di cui una ~ quella a t t r i b u i t a a Erone, r a l t r a a Apollonio. La fig. 8, sempre riprodotta nel Cod. Atl. e nella quale si vedono due cubi di cui il maggiore ha il volume doppio del minore, serve come soluzione del problema. Sotto la figura, Leonardo scrisse: r se la linia i e fussi 4, la linia a e sarebbe 5 . . . ,. In r e a l ~ , se il volume del cubo minore fosse 64, quello maggiore sarebbe stato 128 con spigoIo dunque dato da I/ 128 ~ 5 , 0 3 9 6 . . . (invece che 5). Leonardo per5 si accorge che la soluzione non esatta e aggiunge: r la linia a e sarebbe 5 e, oltre di questo, una certa minuzia i n d i c a b i l e . . . ,. Interessante ~ la didascalia: r De due cubi i quali son doppi l'uno alraltro, come si prova nel quarto delli 8~qzinario K a t ~ m a t ~ o
9 F ~
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8. YlD(YO
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Elementi Macchinali da me composto 9 ([6] p. 122). (Osserviamo che il libro citato come sua opera e intitolato r Elementi Macchinali ) ~ oggi irreperibile).
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Fig.
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8.
A proposito del problema di Delo, Leonardo eseguiva il calcolo riapettivamente con la costruzione delle radici quadrate e cubiche.
LEONARDO DA VINCI E LA MATEMATICA
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Su questo argomento non possiamo descrivere tutte le sue note e pertanto ci limitiamo a menzionare gli aspetti pi~ interessanti. In particolare, vogliamo ricordare che nel Cod. Atl. (f. 595) compare un disegno p e r costruire, t r a m i t e il teorema di Pitagora, le radici quadrate dei humeri compresi f r a 2 e 15. Ci sono poi anche numerosi tentativi di determinare le radici cubiche, sia con procedimenti numerici che con costruzioni geometriche, che quasi sempre perb rimangono a livello di semplici tentativi. La determinazione dei baricentri dei solidi era un altro tema di cui Leonardo si occupava con grande cura. P e r risolvere problemi di questo genere aveva bisogno di determinare le radici ed ~ questo uno dei motivi per cui, sotto la guida di Pacioli, studiava con grande entusiasmo il libro decimo di Euclide. Lo studio diligente e approfondito della matematica euclidea non aveva quindi solo lo scopo di soddisfare determinate curiositY. Leonardo studiava la matematica euclidea (nel '400 questa era considerata la r matematica >>) per avere uno strumento con cui descrivere i fenomeni meccanici e soprattutto p e r i m p a r a r e un metodo con cui caratterizzare i movimenti. E' ben noto il suo interesse in questo senso: egli osservava con la massima attenzione il movio mento dell'acqua, dell'aria, il volo degli ucceUi, i movimenti del corpo umano. Possiamo allora immaginare, a questo riguardo, come il concetto euclideo risultasse per Leonardo deludente: il mondo dei dieci libri di Euclide r a p p r e s e n t a v a un punto di vista troppo stabile, troppo invariante e poco adatto ad essere applicato ai movimenti e al cambiamento. Anche la teoria dei solidi regolari, che pure amava molto per la sua bellezza e che capiva p r o f o n d a m e n t e (lo testimoniano le bellissime illustrazioni per il libro di Pacioli), gli procurb lo stesso sentimento. E' probabile che in questa delusione si rifletta gi~ la mentalit~ del tempo che esige una <~nuova matematica 9 (come sar~ quella di Newton e Leibniz) adatta a descrivere le nuove scoperte e quindi i movimenti e la dinamica. Emblematico di questo atteggiamento ~ il problema centrale della matematica di Leonardo (e di quasi tutti i matematici dopo di lui): il calcolo di aree di superfici circondate da curve. Egli voleva t r o v a r e un metodo generale per stabilire l'area di un tale dominio, muovendosi dalle idee di Euclide a quelle di Archimede. Cosi assistiamo ad un tentativo caratteristico di definire la linea e i l solido in modo diverso da Euclide: r I1 punto ~ quello del qual nessuna cosa po essere m i n o r e . . , la linia ~ f a t t a dal moto del punto. I1 corpo ~ fatto dal moto della s u p e r f i c i e . . . >>. Vale la pena
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I . S . FINNY6
di confrontare questa definizione con quella che dar~. Newton oltre un secolo dopo (citato in [6] p. 116): r Considero qui le quantit~ matematiche, non come costanti di parti i n f i n i t e s i m e . . , m a come descritte con moto continuo. Le linie s o n o . . , generate non per apposizioni di parti, ma per moto continuo di punti; le superfici per moto di linee; i solidi per moto di superfici ,. LA QUADRATURA DI SUPERFICI CURVILINEE.
Su questo tema, centrale nelle sue considerazioni matematiche, Leonardo raccoglie le idee nel r De ludo geometrico 9 ([5] p. 50). Qui si trova la definizione precisa: r Quella superficie ~ sempre quadrabile in se medesima, alla quale si d~ un quadrato equale a lei 9 (Cod. Atl., f. 84). In realt~ Leonardo pensava di elaborare e scrivere un libro con il titolo 9 Libro d'equation 9 (Cod. Atl., f. 353 v) sulla teoria della q u a d r a t u r a di superfici curvilinee t r a m i t e le trasformazioni geometriche che portano una f i g u r a limitata da curve in un poligono (triangolo, quadrato). Alcune delle idee del r Libro d'equation 9 si trovano in diversi punti del Codice Atlantico. Si pus dire cosi che era sua intenzione elaborare questa teoria tenendo come modello Euclide e dunque donendo all'inizio le cosiddette r petizioni 9 (le operazioni geometriche) e i 9 conceptioni 9 (che corrispondono ai postulati) (Cod. Atl., f. 107 v). Ecco qualche esempio di 9 petizioni ~ e r conceptioni ~. r Petizioni -
-
Tagliare, da una superficie maggiore, una parte equale e simile a una data superfitie minore. Aggiungere a una superfitie un'altra superfitie. Sopraporre a una superfitie un'altra superfitie. Torre una parte di superfitie da un de' sua lati e renderla da un altro lato. Conceptioni 9
U n a cosa che si move acquista tanto di spazio quanto ella ne lascia. -
-
-
-
S e a due superfie equali io aggiungo due superfitie equali, li avvenimenti saranno equali. Se da due superfitie equali io levo due parti equali, le rimanenti saranno equali.
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E
LA
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MATEMATICA
Ancora ~ da notare - - perch~ si nota la mancanza di espressioni a s t r a t t e ~ il modo in cui Leonardo formula gli assiomi. Ad esempio, leggiamo: 9 Come 8 e 4, ch'~ disequale leva 6 allo 8 e leva 2 al 4, che 6 e 2 son parte disequali, rester~ 2 e 2 ,. Degno di menzione ~ anche il suo pensiero sulla r q u a d r a t u r a ovale >), cio~ sulla q u a d r a t u r a delle ellissi, molto vicino alle moderne idee del calcolo infinitesimale (Cod. Atl. f. 369 v). Leonardo, dapprima, genera un'ellisse da un cerchio, in modo che l'asse maggiore sia doppio del minore (uguale al raggio del cerchio). La costruzione, riprodotta nella figura 9, porta esattamente all'equazione ben nota dell'ellisse! Poi aggiunge: r La f i g u r a ovale essere doppia del circolo posto nel medesimo parallelo di tal figura o v a l e . . , e questa tal f i g u r a ~ doppia al circolo; . . . e questa tal prova resta .
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................................. | - . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Fig.
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....
......
,
9.
persuasiva immaginando esser diviso il circolo in istrettissimi paralleli, a modo di sottilissimi capelli in continuo contatto f r a loro e che il moto di ciascun parallelo sia rectamente duplicato nel medesimo p a r a l l e l o . . . >>. Questa idea - - propria del calcolo infnitesimale - - fu applicata in modo originale e significativo per la q u a d r a t u r a del cerchio (Cod. Arundel) che costituiva un problema geometrico centrale dell'epoca. Leonardo considera un settore di un cerchio con un raggio molto maggiore - - in rapporto 14/1 - - del raggio del cerchio originale da quadrare, in modo che il settore abbia l'area di un centonovanta-
118
L S. ~ v r
seiesimo ( 1 4 : ~ 196) del suo cerchio. A r r i v a poi ad una superficie uguale all'intero cerchio originale, osservando che il settore in questione ~ r lungo e s t r e t t o , e pub essere assimilato ad un triangolo togliendogli un piccolo segmento circolare (detto r porzione ,). La q u a d r a t u r a del cerchio ~ cosi r quasi risoluto ,. I1 concetto di limite si pub intuire quando Leonardo la nozione d i r punto v i s i b i l e , e d i r punto m a t e m a t i c o , (Cod. Atl. f. 325 v) scrivendo" r io quadro il cerchio meno una porzione tanto minima quanto lo intelletto possa immaginare - - cio~ quanto il punto visib i l e , (Cod. Windsor f. 12280). Se il raggio del cerchio maggiore aumenta, il r punto v i s i b i l e , diventa r punto matematico ,. Molto probabilmente Leonardo non aveva letto Archimede, perch~ non ne conosceva l'idea fondamentale di approssimare la circonferenza con una doppia aerie di poligoni inscritti e circoscritti. Sapeva soltanto che Archimede era riuscito ad inscrivere nella circonferenza un poligono regolare di 96 lati, arrivando cosl al valore a p 1
prossimativo 3, -7- di quanto noi oggi indichiamo con a. Nel Cod. Atl. f. 230 r, si leggono le seguenti parole: r La q u a d r a t u r a del cerchio d'Archimede ~ ben detta e male data. E' ben detta dove lui disse il cerchio essere equale a uno ortogonio fatto dalla linia circunferenziale e dal semidiamitro d'un cerchio dato. Ed ~ mal data dove lui quadra una f i g u r a laterata di 96 lati, alla quale viene a mancare 96 porzioni spiccate d'essi 96 lati. E questa in nessun modo da essere detta q u a d r a t u r a di cerchio; ma invero per tall regole impossibile a fare altrimenti ,. Anche il Marinoni ([6] p. 156) riconosce che r n e s s u n o . . , era arrivato cosi vicino al concerto di limite, a un passo del calcolo infinitesimale prima di Leibniz e Newton che Leonardo da Vinci ,. Un problema analogo alla q u a d r a t u r a del cerchio ~ costitutito dalla q u a d r a t u r a delle lunule di Ippocrate da Chio, di cui Leonardo s'interessb intensamente per tutto il resto della vita. (Abbiamo gi~ menzionato il problema della cosiddetta p r i m a lunule). Lo spunto per accostarsi a questa tematica gli era stato suggerito dalla lettura del libro di Giorgio Valla r De expendis et fugendis rebus 9 (1501). Nel '600 alcuni matematici si occuparono del seguente teorema attribuito ad Ippocrate: siano costruiti sui lati di un triangolo rettangolo le lunule a e b (fig. 10) di area rispettivamente A e B ; allora A + B ~ uguale all'area del triangolo (10 p. 357-395). Pih tardi ([17]), alla fine dell'800, venne alla luce che questo teorema era stato dimostrato per la prima volta dal matematico arabo medievale Ibn Alhaitam. Questo teorema si trova per5 anche nel Co-
LF.~NARDO DA VINCI E /.,A MATEMATICA
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dice Atlantico, anche se owiamente Leonardo non conosceva l'opera di Ibn Alhaitam. Possiamo perci5 affermare che Leonardo ha riscoperto, originahnente, questo teorema.
F i g . 10.
Un'altra proposizione di Leonardo, dal carattere simile, ~ la seguente. Dato (come nella figura 11) un triangolo rettangolare ed equilaterale tracciamo le lunule tramite la circonferenza cir-
Fig. 11.
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L s.
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conscritta. Allora l'area della lunula c ~ uguale alla s o m m a delle aree delle lunule a e b. Altri (numerosi) teoremi trovati da Leonardo e simili ai precedenti potrebbero essere citati. In essi, oltre alrespressione r lunula ~, si trovano i termini r lunule falcate 9 oppure r bisangoli 9 ([5] p. 57). Determinando le loro aree, Leonardo non si limitava ad applicare soltanto il procedimento della quadratura nel senso da lui definito m a utilizzava anche roperazione del riflesso e del giro. La fig. 12, ad esempio, rappresenta 12 circonferenze tangenti internamente, che formano 11 lunule di uguale superficie. Purtroppo non A possibile riprodurre qui tutti i numerosi e bellissimi disegni
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L E O N A R D O DA VINCI E LA M A T E M A T I C A
GLI
STRUMENTI
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MATEMATICI.
Gli strumenti impiegati da Leonardo hanno un estremo interesse. Nel campo della meccanizzazione del calcolo, egli indubbiamente precedette il suo tempo anche se le macchine progettate non furono mai costruite.
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Fig.
13.
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Abbiamo gi~ menzionato la sua cura e passione nelrosservare il crescere delle potenze dei numeri interi. Leonardo calcolava ad esempio le potenze di 20 con l'obiettivo di arrivare a calcolare 20 ~. La figura 13 mostra il loro calcolo, pieno di errori! assieme, nella parte alta, c'~ per5 anche lo schizzo di un calcolatore composto da assi ruotanti, dotati di ruote dentate. Poich~ il raggio delle ruote risulta 20 volte di quello degli assi, un giro del primo asse provoca nelrultimo 20 ~ giri, essendo 23 il numero degli assi. I girl compiuti vengono misurati dall'aumento del peso (situato ad un'estremit~) proporzionale al numero di giri dell'ultimo asse e dunque proporzionale a 20 ~. Anche il compasso parabolico o ellittico progettato da Leonardo veramente geniale. L'idea ~ questa: se un'asta del compasso ~ verticale, girando il compasso, r a l t r a asta descrive un cono. Se la lunghezza di quest'ultima asta ~ variabile - - possiamo ad esempio dotarla di una molla (vedi fig. 14) - - in modo telescopico, allora su
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V Fig. 14.
un foglio di carta viene descritta una sezione conica, cio~ un'ellisse o una parabola (oppure un arco di iperbole) a secondo della posizione della carta. L'invenzione del compasso parabolico o ellittico fu poi attribuita a Cardano, che non sapeva nulla di questa idea di Leonardo, il quale sulla base della stessa procedura aveva disegnato anche Io schizzo di un tornio ellittico o parabolico.
LICONARDO DA VINCI B INk MAI~MATIC&
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P e r questioni di spazio vogliamo ora menzionare soltanto un terzo strumento che doveva servire a stabilire il raggio della terra. Da una torre mobile pende un filo con un peso di piombo mentre alia sua estremit~ superiore ~ collegato un asse rotante con un piccolo foro. P e r misurare il raggio della t e r r a si deve girare l'asse Jn modo che dal foro si possa vedere la stella polare. Da questa posizione si stabilisce l'angolo f r a r a s s e e il filo (~ig. 15); ripentendo il procedimento con la torre in altra posizione, dalla differenza degli angoli e dalla distanza f r a le due posizioni, ~ possibile risalire alia misura del raggio terrestre.
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Fig. 15.
CONCLUSIONI.
Dalle righe precedenti si vede che Leonardo da Vinci aveva una grandissima sensibilit~ per la matematica. La sua cultura specifica, soprattutto dopo aver studiato con Luca Pacioli, aveva raggiunto il livello dei matematici dell'epoca. Ma, in pii~, egli t r o v a v a nuovi metodi, teoremi, dimostrazioni. E' chiaro che non si pub non riconoscere come helle sue tesi matematiche manchi un linguaggio sviluppato e del tutto rigoroso: le riflessioni di Leonardo sono fondate su esempi concreti. Egli sempre stato pih interessato al 9 come si fa 9 e al c come sono le cose 9 piuttosto che al 9 p e r c h ~ , mostrando di conseguenza una certa diffidenza per le teorie generali.
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I . s . FENY~
Questo atteggiamento si inquadra bene nella mentalit~ rinascimentale, come reazione alla filosofia medievale e alla scolastica. I~a visione del mondo portava in primo piano l'osservazione della natura, l'indagine sull'ambiente e le sue creature animali. Secondo questa ideologia, il fondamento di tutte le conoscenze ~ l'osservazione e la sperimentazione; t u t t e le speculazioni che non sorgono da un f a t t o sperimentale vengono rifiutate. E' chiaro che una tale mentalit~ non era particolarmente a d a t t a per sviluppare astrazioni e creare delle teorie che generalizzassero dei f a t t i conosciuti. Ovviamente anche Leonardo segue questa ideologia, ma cib non sufficiente per dichiarare che non aveva la mentalit~ di un matematica n~ aveva un talento tipico dei matematici. Abbiamo visto come cercasse e trovasse nuove dimostrazioni per teoremi noti (per esempio: la somma di una progressione aritmetica) e tornasse pifi volte aUo stesso problema cercando altri metodi per la sua soluzione. Non ~ questo caratteristico di un matematico? Possiamo allora considerare Leonardo come matematico soprattutto per la sua mentalit~ e le sue idee n~ possiamo accettare, come motivo per l ' a f f e r m a zione contraria, l'osservazione che nei manoscritti ci sono anche proposizioni non dimostrate (anche perch~ una parte notevole dei manoscritti ~ a n d a t a perduta). Per terminare, citiamo l'opinione dello stesso Leonardo sulla m a t e m a t i c a : r Nessuna certezza ~ dove non si po applicare una deUe scienze matematiche, ovver che non sono unite con esse matematiche 9 (Cod. G. f. 96 v). r Nessuna u m a n a investigazione si pub d i m a n d a r e vera scienza, se essa non passa per le matematiche dimos t r a z i o n i , ([12] w 1). r La Meccanica ~ il paradiso delle scienze matematiche, perch~ in quella si viene al f r u t t o matematico 9 (Cod. E. f. 8 v), e finalmente 9 Non mi legga chi non ~ m a t e m a t i c o , (Quaderni di anatomia IV. f. 14).
SUMMARY. The present analysis of some manuscripts with mathematical content of Lsonardo da Vinci has the aim to motivate, in contradiction of certain authors, the opinion that Leonardo was not only an enthusiast amateur, but had an e x c e l l e n t m a t h e m a t i c a l talent. Also his level of m a t h e m a t i c a l knowledge, aspeeially after his systematic studies with Luca Pacioli, was equal of professional mathematicians of his time and had an unusual originality. ~
LEONARDO DA VINCI E LA MATEMATICA
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