LO SCALPELLO (2009) 22:194-199 DOI 10.1007/s11639-009-0012-3
Pharma Report
Tromboprofilassi in chirurgia ortopedica: nuove prospettive È da poco disponibile dabigatran etexilato,il primo inibitore diretto della trombina che,accanto a un’efficacia clinica paragonabile a quella di enoxaparina – la terapia standard di riferimento – presenta un’elevata maneggevolezza grazie alla somministrazione orale in dose fissa,all’assenza di interazioni con altri farmaci,al fatto che non vi sia necessità di monitoraggio dei parametri della coagulazione o della conta piastrinica e alla disponibilità di due dosaggi,di cui uno dedicato alle popolazioni di pazienti a rischio maggiore di sanguinamento.Le caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche e i risultati degli studi clinici multicentrici che hanno portato all’approvazione del farmaco sono stati presentati al simposio New Perspectives in VTE Prophylaxis in Orthopedic Surgery che si è svolto a Bormio (Sondrio) il 4 aprile 2009,nell’ambito del 9th International Winter Meeting on Coagulation - Basic, Laboratory and Clinical Aspects of Venous and Arterial Thromboembolic Diseases (1-4 aprile 2009).Al simposio sono state inoltre discusse le problematiche relative all’anestesia loco-regionale e alla tromboprofilassi e presentati i nuovi orientamenti in chirurgia ortopedica che indirizzano le scelte dei materiali e le tecniche impiegate nelle diverse tipologie di paziente sottoposto ad artroprotesi di anca o di ginocchio.
Testi a cura di: Licia Casaretto
Boehringer Ingelheim Italia SpA Via Lorenzini, 8 20139 Milano Tel. +39 02 53551 Fax +39 02 5355222 Il Gruppo Boehringer Ingelheim, tra le prime 20 aziende farmaceutiche nel mondo, si occupa di ricerca, sviluppo,produzione e commercializzazione di farmaci di prescrizione e ospedalieri, di prodotti di automedicazione e di veterinaria. Il Gruppo Boehringer Ingelheim Italia, con il Centro Chimico di Milano, è orientato al miglioramento dell’efficacia e della tollerabilità di farmaci esistenti e alla sintesi di nuove molecole per la realizzazione di prodotti innovativi ad alto valore terapeutico.
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Il nuovo inibitore diretto della trombina in somministrazione orale: dabigatran etexilato dalle relazioni di Armando D’Angelo (Milano) e Franco Piovella (Pavia) Gli interventi di chirurgia ortopedica maggiore rappresentano uno dei più importanti fattori di rischio per la malattia tromboembolica o tromboembolismo venoso (TEV): nei pazienti sottoposti a chirurgia protesica dell’anca, senza profilassi, l’incidenza di TEV è attorno al 50%, mentre nei pazienti sottoposti a profilassi la percentuale si riduce fino al 15-20% [1]. Il rischio si estende oltre il periodo di ospedalizzazione: le linee guida internazionali raccomandano infatti di proseguire la terapia per un minimo di 10 giorni dopo l’intervento e fino a 4-5 settimane [2]. Gli obiettivi che la ricerca farmaceutica cerca di raggiungere con la messa a punto di nuovi farmaci anticoagulanti riguardano la possibilità di migliorare alcuni aspetti delle terapie attuali che ne riducono l’utilizzo e l’accettabilità da parte di medici e pazienti, tanto è vero che, a fronte di una comprovata efficacia e sicurezza delle opzioni terapeutiche disponibili, l’incidenza della patologia tromboembolica resta elevata, soprattutto nei pazienti sottoposti a chirurgia ortopedi-
ca maggiore. La sfida non è solo identificare il punto più efficace della cascata emocoagulativa su cui intervenire, ma anche aumentare la compliance del paziente. Gli attuali farmaci anticoagulanti presentano uno o più limiti, che includono la necessità di somministrare il trattamento per via iniettiva, un meccanismo d’azione non specifico, la necessità di monitoraggio della conta piastrinica per verificare un potenziale rischio di trombocitopenia indotta da eparina o, nel caso degli antagonisti della vitamina K, il monitoraggio dell’INR, in modo da evitare una coagulazione troppo scarsa o eccessiva, le interazioni con cibi e con altri farmaci. Meccanismo d’azione, farmacocinetica e farmacodinamica
Il processo di formazione di un trombo arterioso può essere schematizzato come una cascata di eventi le cui componenti si sovrappongono e si amplificano vicendevolmente fino a determinare l’occlusione di un vaso. Le piastrine iniziano il processo coagulativo in un sito di lesione vascolare generalmente dovuto a rottura o fissurazione di una placca aterosclerotica, aderendo alla matrice sottoendoteliale attraverso l’interazione di almeno 2 coppie di recettori: la glicoproteina IV con il collagene sub-endoteliale e la glicoproteina Ib con il fattore von Willebrand. L’ultimo step della cascata co-
Efficacia clinica di dabigatran etexilato
Gli studi clinici di fase I e II (BISTRO I e II) [5,6] hanno valutato, in pazienti sottoposti a intervento di artroprotesi di ginocchio e d’anca, l’efficacia anticoagulante di dabigatran etexilato a diversi dosaggi (da 50 mg a 225 mg bid), per identificare la posologia ottimale che offrisse il miglior equilibrio tra effetto terapeutico e rischio di sanguinamento. I risultati hanno dimostrato un’efficacia anticoagulante consistente e dose-di-
pendente e hanno evidenziato che il range di dosaggio ottimale è compreso tra 100 e 300 mg/die. L’efficacia e la tollerabilità di dabigatran etexilato (150 o 220 mg/die) sono state valutate e dimostrate – come non inferiorità vs enoxaparina – in due ampi studi clinici di prevenzione primaria, RE-MODEL [7] e RE-NOVATE [8] (Fig. 2). Un ulteriore studio, RE-MOBILIZE [9], condotto secondo il protocollo americano, ha confrontato l’efficacia antitrombotica e la tollerabilità di dabigatran etexilato vs enoxaparina su un ampio numero di pazienti sottoposti ad artroplastica di ginocchio; vi sono differenze sostanziali rispetto al protocollo europeo adottato negli altri due studi, che riguarda-
no l’inizio della profilassi tromboembolica – effettuata sempre nel post-operatorio – e lo schema posologico di enoxaparina, somministrata al dosaggio più elevato di 30 mg/bid. Come indicato dalle linee guida americane, la somministrazione della prima dose di enoxaparina è stata effettuata 12-25 ore dopo l’intervento, mentre dabigatran etexilato 150 o 220 mg/die è stato somministrato 6-12 ore dopo la fine della procedura chirurgica. I pazienti sono stati trattati per circa 13 giorni. Gli outcome primari di efficacia della terapia (incidenza complessiva di episodi di TEV – inclusa EP, TVP prossimale e distale, sia sintomatica sia asintomatica rilevata con venografia di routine – e mortalità per tutte le cause) sono
50 Peso del trombo (mg)
40 30 20 10 0 Controlli
1
3 5 Dabigatran etexilato per os (mg/kg)
10
20
Fig. 1 - Efficacia di dabigatran etexilato in somministrazione orale (1-20 mg/kg) sull’inibizione della formazione di trombi in confronto al trattamento di controllo
RE-NOVATE (anca) p<0,001 per non-inferiorità
RE-MODEL (ginocchio) p<0,001 per non-inferiorità
40 30 Incidenza (%)
agulativa determina l’attivazione del fattore X e culmina nella generazione di trombina, che da un lato è il più potente attivatore fisiologico delle piastrine e dall’altro, tramite l’azione proteolitica sul fibrinogeno, determina la formazione di fibrina e l’organizzazione del trombo. Dabigatran etexilato è un inibitore diretto selettivo e reversibile della trombina: si lega al sito catalitico e inibisce la trombina libera, quella legata alla fibrina e l’aggregazione piastrinica indotta dalla trombina. È un composto polare e idrofilico che non risente del metabolismo ossidativo e viene escreto prevalentemente per via renale (85%) [3]. Il profarmaco dabigatran etexilato, dopo la somministrazione orale, viene convertito completamente e in modo rapido nella forma plasmatica attiva. La biodisponibilità è attorno al 6,5% e il picco plasmatico viene raggiunto nei volontari sani circa 2 ore dopo la somministrazione, senza essere sostanzialmente modificato dall’assunzione di alimenti (ritardo di circa 2 ore). Nei pazienti sottoposti ad artroprotesi d’anca il picco di concentrazione plasmatica viene raggiunto 6 ore dopo la somministrazione e l’emivita plasmatica è di 12-14 ore. Dabigatran etexilato non è metabolizzato e non interagisce con gli isoenzimi del citocromo P450; ha quindi un basso potenziale di interazione con altri farmaci. Il nuovo inibitore diretto della trombina presenta una farmacocinetica e un profilo farmacodinamico prevedibili, senza necessità di monitoraggio dei parametri della coagulazione [3]. Gli studi di efficacia condotti su modello animale hanno dimostrato un effetto dose-dipendente sulla formazione di trombi con inibizione completa alla dose massima (Fig. 1) [4].
20 10
6,7%
8,6%
6,0%
37,7%
40,5%
36,4%
Enoxaparina (40 mg)
Dabigatran (150 mg)
Dabigatran (220 mg)
Enoxaparina (40 mg)
Dabigatran (150 mg)
Dabigatran (220 mg)
0
Fig. 2 - Dabigatran etexilato per la tromboprofilassi in pazienti sottoposti ad artroprotesi d’anca e di ginocchio: risultati degli studi RE-MODEL e RE-NOVATE
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risultati diversi nei tre gruppi di trattamento: dabigatran etexilato non ha dimostrato l’equivalenza terapeutica alle dosi più elevate di enoxaparina. La componente che ha influenzato di più il risultato è stata la frequenza di trombosi venosa profonda distale asintomatica, mentre l’incidenza degli eventi clinicamente evidenti è risultata simili nei tre gruppi. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, l’incidenza di sanguinamenti maggiori è risultata bassa e sovrapponibile nei tre gruppi [9]. I trial multicentrici, randomizzati, in doppio cieco, RE-MODEL e RE-NOVATE, condotti secondo il protocollo europeo, hanno dimostrato l’equivalenza terapeutica di dabigatran etexilato 150 e 220 mg/die ed enoxaparina 40 mg/die relativamente all’endpoint primario composito di incidenza di eventi tromboembolici e mortalità per tutte le cause. Entrambi gli studi hanno inoltre dimostrato che l’incidenza di eventi emorragici maggiori non era diversa nei 3 gruppi di trattamento (Fig. 3) [7,8]. RE-MODEL e RE-NOVATE sono stati condotti rispettivamente su 2076 pazienti sottoposti ad artroplastica di ginocchio e su 3494 pazienti sottoposti a intervento di sostituzione totale d’anca. Il protocollo di trattamento, come da indicazione delle linee guida europee, prevedeva o la somministrazione della tromboprofilassi con enoxaparina (40 mg) la sera prima dell’intervento, seguita da 40 mg/die dopo la procedura chirurgica, oppure dabi-
gatran etexilato 150 o 220 mg/die 1-4 ore dopo l’intervento. La durata della profilassi in RE-NOVATE è stata estesa a 28-35 giorni, mentre nello studio RE-MODEL è stata di 6-10 giorni, quindi in alcuni casi addirittura inferiore a quanto raccomandato dalle linee guida vigenti al momento della conduzione dello studio (10 giorni di terapia). Attualmente le linee guida suggeriscono di protrarre la tromboprofilassi per 10-14 giorni e di considerare la possibilità di prolungare la terapia per almeno tutto il periodo in cui persiste il rischio tromboembolico, da valutare nel singolo paziente. Infine lo studio che ha valutato i risultati di tutti e tre gli studi clinici, combinati in un’analisi più complessa (pooled analysis) su un totale di circa 8000 pazienti sottoposti ad artroplastica di ginocchio e di anca [10], ha confermato che dabigatran etexilato è efficace quanto enoxaparina nella prevenzione degli eventi tromboembolici e della mortalità totale e che il suo profilo di sicurezza è sovrapponibile a quello di enoxaparina. L’efficacia e la sicurezza di dabigatran etexilato sono in fase di valutazione in una vasta gamma di patologie tromboemboliche. Il programma di sviluppo clinico RE-VOLUTION comprende più di 34.000 pazienti inclusi in 8 studi, tra i quali RE-MODEL, RENOVATE, RE-MOBILIZE di prevenzione primaria, già conclusi, nonché Re-LY di prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale, RE-COVER per la terapia del
RE-NOVATE (anca)
RE-MODEL (ginocchio)
30
Incidenza (%)
20
10 1,6%
1,3%
2,0%
1,3%
1,3%
1,5%
Enoxaparina (40 mg)
Dabigatran (150 mg)
Dabigatran (220 mg)
Enoxaparina (40 mg)
Dabigatran (150 mg)
Dabigatran (220 mg)
0
Fig. 3 - Incidenza di eventi emorragici maggiori negli studi RE-MODEL e RE-NOVATE
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TEV acuto, RE-MEDY e RE-SONATE di prevenzione secondaria del TEV e infine REDEEM nelle sindromi coronariche acute. La disponibilità di dabigatran etexilato in monosomministrazione giornaliera, che presenta un’efficacia anticoagulante equivalente a enoxaparina e che non richiede il monitoraggio dei parametri coagulativi, rappresenta una nuova opportunità per la prevenzione primaria della patologia tromboembolica in chirurgia ortopedica. La posologia e la via di somministrazione facilitano l’aderenza alla terapia, aspetto sempre più importante perché, se da una parte i tempi di ospedalizzazione dei pazienti sottoposti ad artroplastica d’anca o di ginocchio si riducono, dall’altra aumenta il periodo in cui essi proseguono la terapia a domicilio. Anestesia loco-regionale e tromboprofilassi: problemi aperti dalla relazione di Guido Fanelli (Parma) L’anestesia regionale ha vissuto un periodo di enorme sviluppo in questi ultimi decenni, specialmente nell’ambito della chirurgia ortopedica. L’elevato grado di sicurezza e la migliore analgesia offerta da tale tecnica rispetto alla tradizionale anestesia generale ne hanno consolidato il ruolo, tanto che oggi l’analgesia epidurale post-operatoria è considerata il gold standard [11]. Tuttavia, esiste una certa preoccupazione riguardo alla possibilità che, in seguito alla puntura spinale o peridurale, si formino ematomi perimidollari con conseguenze neurologiche permanenti. L’ematoma spinale rappresenta una complicanza rara dell’anestesia neuroassiale (1:100.000 in donne in gravidanza), ma l’incidenza aumenta nell’anziano (1:2600) e nel paziente sottoposto a tromboprofilassi. Nel singolo paziente a rischio rimane quindi il dilemma se attuare o meno un blocco centrale durante la tromboprofilassi farmacologica. In particolare, il posizionamento e la rimozione del catetere rappresentano in questa situazione procedure estremamente delicate, che devono essere effettuate con cautela e quando l’efficacia dell’anticoagulante è al minimo: nel caso di
enoxaparina 12 ore dopo la somministrazione, mentre con i più recenti farmaci anticoagulanti e antiaggreganti la rimozione del catetere deve avvenire dopo un tempo almeno doppio all’emivita plasmatica del farmaco. Si suggerisce inoltre di ritardare di un giorno la somministrazione successiva [12,13]. Un’altra possibilità è quella di non eseguire il blocco centrale, ma optare piuttosto per un blocco periferico. Nell’ambito delle tecniche di anestesia regionale, l’interesse per i blocchi periferici, rispetto ai blocchi centrali, deriva dalla loro capacità di garantire una pari efficacia nel controllo del dolore generato dall’atto chirurgico, con i vantaggi di un’analgesia post-operatoria più specifica e selettiva e, soprattutto, di una minore incidenza di complicanze [14]. Diversi studi clinici sottolineano l’utilità e l’efficacia dei blocchi periferici continui, sia per i loro effetti benefici sul controllo del dolore post-operatorio, sia per il loro impiego nella successiva fase di riabilitazione e recupero funzionale, data la possibilità di prolungare, mediante l’infusione perineurale continua di anestetico locale, l’analgesia post-operatoria. Il gruppo di lavoro PROSPECT (Procedure specific pain management), un team costituito da anestesisti e chirurghi che, sulla base di un ampia review della letteratura e della Evidence-Based Medicine, emana protocolli per la gestione del dolore post-operatorio, raccomanda che tutti i pazienti sottoposti ad artroplastica d’anca e di ginocchio siano trattati con l’associazione di analgesia periferica e analgesia sistemica (grado A); fanno eccezione i pazienti ad alto rischio cardio-polmonare, in cui l’analgesia epidurale, sempre in associazione all’analgesia sistemica, rimane la scelta migliore in quanto di per sé associata a una significativa riduzione del rischio di TEV (Fig. 4). L’impiego di dabigatran etexilato non è raccomandato (per mancanza di esperienza) nei casi di infusione epidurale continua; la sua somministrazione deve iniziare almeno 2 ore dopo la rimozione del catetere in quanto non sono ancora disponibili dati che valutino gli effetti sull’incidenza di ematomi epidurali. Nessun problema si riscontra in-
Blocco periferico continuo post-operatorio (grado A) in combinazione con analgesia sistemica,in funzione dell’intensità del dolore Nell’artroplastica d’anca,analgesia epidurale continua post-operatoria solo in pazienti ad alto rischio cardio-polmonare,e poi analgesia sistemica,in funzione dell’intensità del dolore Fig. 4 - Raccomandazioni del gruppo di lavoro PROSPECT sulla gestione del dolore post-operatorio in pazienti sottoposti ad artroplastica d’anca e di ginocchio
vece nell’impiego di dabigatran etexilato in concomitanza ai blocchi periferici, in quanto l’analgesia loco-regionale periferica non è gravata da alcun rischio di complicanze neurologiche. Artroplastica elettiva dell’anca e del ginocchio: i nuovi orientamenti dalla relazione di Lucio Piovani, Franco Benazzo (Pavia) La chirurgia sostitutiva elettiva dell’anca e del ginocchio rappresenta un intervento invasivo importante che induce un eccellente miglioramento della qualità di vita. Tali procedure sono impiegate in un ampio numero di pazienti che, rispetto a pochi anni fa, costituiscono una popolazione più giovane e attiva, con una maggiore aspettativa di vita e il desiderio di riacquistare la funzionalità motoria in tempi più rapidi. Le nuove esigenze riguardano l’impiego di protesi a maggiore durata, articolazioni con prestazioni migliori e una chirurgia meno invasiva, che rispetti il più possibile l’anatomia dei tessuti molli e duri. In particolare, la chirurgia mininvasiva (MIS, minimally invasive surgery) è una metodica indirizzata al massimo rispetto dei tessuti molli, che risparmia o coinvolge solo in minima parte l’inserzione muscolare. Quando è possibile, l’articolazione viene sostituita solo parzialmente (TSS, tissue-sparing surgery) e si impiegano nuovi materiali che minimizzino i fenomeni allergici. Lo sviluppo della ricerca in ambito di ingegneria biomedicale ha reso disponibili protesi sicure e con un’elevata funzionalità. Il tipo di protesi viene deciso individualmen-
te: nei pazienti in cui la qualità dell’osso non garantisce una stabilità ottimale e negli anziani si impiegano impianti cementati, mentre dove è possibile vengono applicate protesi non cementate che subiscono un processo di osteointegrazione nel tempo. Esistono protesi in titanio con elasticità simile a quella del tessuto osseo e con superfici rugose che facilitano l’osteointegrazione e quindi la fissazione secondaria [15]. Sono inoltre disponibili impianti modulari con elevata adattabilità intra-operatoria che vengono applicati in casi particolari, dove è presente un’anatomia alterata e dove con gli impianti standard sarebbe difficile ricostruire il fulcro della rotazione. Anche per quanto riguarda gli acetaboli ne esistono di diversi modelli e materiali. La tribologia, disciplina che in ambito ortopedico studia attrito e usura delle protesi, ha permesso di caratterizzare i diversi materiali impiegati nelle artroprotesi in base alla risposta successiva a ripetute sollecitazioni di scivolamento e/o rotazione [16]. Risultati che condizionano la scelta della protesi (impianti e acetaboli) da applicare in funzione della sede e della tipologia di paziente: metallo-polietilene nell’anziano; metallo-metallo nel paziente non più giovane ma ancora attivo; ceramica-polietilene in un vasto numero di casi; e ceramica-ceramica nel paziente giovane e attivo in quanto la ceramica permette di ricostruire un’anatomia molto simile a quella naturale, offre un’ottima biocompatibilità, lubrificazione, non rilascia ioni, non induce fenomeni allergici e rispetto agli altri materiali risente meno dell’usura (Fig. 5) [17]. Nelle protesi di metallo-polietilene l’usura della testa del femore è proporzionale al suo diametro, ragione per cui fino a poco tempo fa nell’artroplastica femorale si impiegavano protesi il più possibile piccole, con alto rischio di lussazione. Nelle protesi in ceramica il diametro della testa femorale non modifica né usura né attrito, ma consente invece di migliorare la capacità di movimento, rendendolo più naturale [18]. L’artroprotesi di ginocchio eseguita con procedura mininvasiva può utilizzare diverse vie di accesso: la mini-midvastus consiste nell’artrotomia estesa fino alla base della ro-
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Tasso di usura volumetrica per milione di cicli (mm3)
40
35,866
30 20 10 1,216
0,0241
0,016
Crosslinked
Metallo/metallo
Ceramica/ceramica
0 Polietilene standard
Fig. 5 - Confronto del tasso di usura di protesi di diversi materiali
tula e prosegue con uno split del vaso mediale lungo il decorso delle sue fibre; la mini-subvastus conserva completamente le quattro inserzioni del quadricipite sulla rotula passando prossimalmente e medialmente al di sotto delle fibre del VMO; la quad sparing (QS) è un’artrotomia pararotulea mediale estesa fino alla base della rotula e prevede la resezione della rotula come primo gesto chirurgico [19]. I vantaggi comuni a tutte le vie di accesso MIS sono la
riduzione dell’impatto chirurgico e la preservazione dell’apparato estensore. Rispetto alle tecniche tradizionali si riscontra minor dolore post-operatorio, minori perdite ematiche, un ricovero più breve e una maggiore mobilità a breve e a lungo termine (6 mesi) [20]. La rapida ripresa della funzionalità motoria, oltre al miglioramento della qualità di vita dei pazienti, rappresenta soprattutto una strategia di prevenzione nei confronti della patologia tromboembolica, che
è notoriamente una possibile complicanza della chirurgia ortopedica. Negli ultimi anni si è sviluppata la possibilità per il chirurgo di impiegare come supporto il navigatore, che permette di ottenere un’ottima precisione nell’esecuzione dell’atto chirurgico. I vantaggi di questa strumentazione sono riconducibili alla possibilità di continuo monitoraggio nelle varie fasi della procedura chirurgica per ottenere il corretto posizionamento della protesi d’anca o di ginocchio: i gesti del chirurgo sono infatti guidati da un sensore a infrarossi collegato a un software che elabora le informazioni e proietta le immagini digitalizzate tridimensionali su un apposito monitor [21]. Grazie a queste tecniche chirurgiche innovative, il paziente può essere mobilizzato e dimesso dall’ospedale in tempi più brevi. Non va però dimenticato che persiste il rischio di complicanze, in primo luogo quelle tromboemboliche, cosicché è importante assicurare una corretta profilassi che possa essere somministrata nella maniera più semplice e sicura possibile, sia in ospedale sia a domicilio, dopo la dimissione ospedaliera.
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